Ma che cosa se ne fanno davvero le aziende italiane di Microsoft Azure?

Leggi tutto...Una piattaforma cloud di software e di servizi per consentire alle aziende di essere più efficaci e di avvalersi di avanzate innovazioni tecnologiche, dall’intelligenza artificiale alla gestione della produzione. Si chiama Azure ed è il prodotto di punta di Microsoft, che da un quarto di secolo è la maggiore software house del mondo (90 miliardi di ricavi, 21 di utile, 500 di capitalizzazione, 114mila dipendenti). Lo scorso luglio, il ceo Satya Nadella ha annunciato che intorno ad Azure ci sarebbe stata una nuova Microsoft, che avrebbe cambiato la sua organizzazione e la sua ragion d’essere per diffondere Azure. Una rivoluzione, con importanti effetti per chi lavora in Microsoft e, soprattutto, per le decine di milioni di imprese clienti, alle quali viene promessa la possibilità di fare cose importanti e complesse con un prodotto modulare (tanti “mattoncini”), più semplice degli altri da usare e a costi relativamente contenuti, anche perché erogato “a consumo” in modalità Cloud. L’annuncio ha portato a una riorganizzazione e un rilancio della maggiore software house del mondo, producendo in tutti i Paesi anche un rimescolamento degli organigrammi. 

FANUC porta nelle fabbriche i robot con l’intelligenza artificiale incorporata

Leggi tutto...Macchine utensili con intelligenza artificiale incorporata. Un salto di qualità, e insieme nuova rotta e nuova strategia industriale per FANUC, colosso nipponico ma globalizzato della robotica, al primo posto nel mondo nel suo campo davanti alla cino-tedesca Kuka e all’italiana Comau. Funzioni nuove consentono, per esempio, il controllo della dilatazione termica di dispositivi meccanici per ridurre i tempi di riscaldamento e assicurare una lavorazione più precisa; o monitorano il carico di lavoro per prevenire rotture, danni e costose inattività. Tutto ciò senza l’intervento di hardware esterni. L’intelligenza artificiale alligna all’interno della macchina, secondo un modello ormai standardizzato. Questo sviluppo è stato favorito dal costante decremento nei costi dei processori e da una visione pratica. Se per AI in generale ci si riferisce agli “agenti intelligenti”, e cioè a dispositivi che percepiscono l’ambiente in cui operano e che pertanto intraprendono azioni per ottimizzare le chance di successo in riferimento a qualche fine, nell’industria l’obbiettivo finale è l’efficienza del sistema produttivo. 

LEF di Pordenone: scuola con vera fabbrica funzionante, dove McKinsey e Microsoft insegnano Lean e Industry 4.0 agli italiani

Leggi tutto...La cosiddetta “crisi economica”, iniziata dieci anni fa e per certi versi mai terminata nello Stivale, ha avuto anche dei meriti. Fuori dalla zona di comfort, le PMI italiane, di fronte alla riduzione dei margini di redditività e alla agguerrita concorrenza globale, sono state costrette a ripensare da capo a piedi il modello produttivo, innestando nel cuore dell’azienda strategie più in linea con il progresso tecnologico e più adeguate alla velocità di risposta che i nostri tempi richiedono. Si trattava, e si tratta, di riguadagnare terreno. Una soluzione a portata di mano si può reperire a San Vito al Tagliamento (Pordenone) dove, il 23 giugno 2011, è stato inaugurato il LEF, acronimo di Lean Experience Factory, scuola di Lean Management nata per supportare le imprese e fortemente voluta dalla territoriale di Confindustria in vista dell’evoluzione del manifatturiero locale (ma anche di altre regioni) verso modelli organizzativi e produttivi snelli. L’idea è quella di ottimizzare l’efficienza produttiva delle imprese e divenire rapidi-istantanei nella trasmissione della strategia aziendale in operatività.

Tutto quello che c’è dietro la visita di Gentiloni al Pirellone e in Brianza

Leggi tutto...In fondo, le due sessioni ( Milano e Monza-Brianza) della visita del premier Paolo Gentiloni (vedi Industria Italiana) fanno parte di un unico racconto. Quello delle aziende resilienti alla crisi. Da un lato quelle della Brianza, per lo più appartenenti a quattro distretti importanti (meccanica, chimica, elettronica e mobile/design) che hanno dato vita a una sorta di fabbrica diffusa, che scambia competenze, forniture, macchinari, collaboratori. Aziende che, seguendo una precisa strategia industriale dilatata sul territorio, non hanno proceduto a delocalizzazioni, se non in minima parte. Dall’altro quelle dell’industria farmaceutica, che presentano risultati simili sia in fatto di conduzione familiare sia in termini di resilienza e che oggi costituiscono, a livello nazionale, uno dei principali motori dell’economia e delle esportazioni italiane. Soffermiamoci sul mondo del pharma. L’Italia è diventata negli anni il secondo Hub produttivo per la farmaceutica del continente, seconda solo alla Germania.

FANUC e il check up continuo dei robot

Leggi tutto...Monitorare i “segni vitali” di una macchina in vista di una manutenzione preventiva e predittiva. E’ un fatto che le aziende manifatturiere dispongono ormai di un vasto patrimonio di dati derivanti da sistemi di sensoristica applicati alle macchine; incrociandoli con altre informazioni utili e individuando parametri appropriati grazie a modelli matematici avanzati, è possibile definire la tempistica più conveniente per la manutenzione e determinare il tempo residuo prima del guasto. L’azienda che produce la macchina offre parallelamente un servizio; acquisisce spazi a monte e a valle della filiera e quindi un rilievo strategico che si traduce in termini di valore. A ciò corrisponde, per le aziende acquirenti, un concreto vantaggio in termini di risparmio. Il fermo delle macchine, infatti, comporta sia un costo operativo legato alla perdita di produzione che un costo di ripristino funzionale. Una multinazionale dei robot come FANUC dispone di tecnologie in grado di valutare i segnali che definiscono lo stato di salute della macchina e di prendere, nel caso in cui ce ne sia bisogno, adeguate contromisure. Si associa una piattaforma aperta, intelligente, orientata all’ edge heavy e studiata per l’apprendimento approfondito ad una funzione capace di eliminare i tempi di inattività non pianificati.

Isagro e le sue innovazioni in agrofarmaci, manifattura chimica, modello di business e….

Leggi tutto...Originator è la parola chiave per comprendere la doppia innovazione (attraverso la ricerca in home e attraverso il business model) di cui Isagro – gruppo guidato da Giorgio Basile e operante nel segmento degli agrofarmaci, in cui investe sia nella invenzione che nello sviluppo di nuove molecole con basso impatto ambientale – si fa portatore, proponendosi al mondo della media impresa italiana come un possibile modello. Il lemma inglese originator comprende due distinte capacità: inventare e saper fare. Ed è quanto mette in pratica dal 1993 la società milanese con i suoi 600 dipendenti di cui ben 100 impegnati nella ricerca. Nella sua “cassetta degli attrezzi”, Isagro conta su uno spirito di avventura plasmato, nel tempo, dal suo amministratore delegato. Basile si spinge ad andare là dove altri non vanno, infrangendo convenzioni e tabù, ma mai le regole del gioco. Ne parleremo più avanti. Intanto, i risultati.

Watson aumenterà l’intelligenza delle piccole imprese, e le farà guadagnare di più. Parola di IBM

Leggi tutto...Il momento è adesso. Perché le aziende capaci di cogliere l’attimo conseguiranno un vantaggio competitivo in breve tempo, ma con effetti a lungo termine. In gioco, successo e sopravvivenza sul mercato. E poi, perché è l’ora cruciale per la manifattura italiana. «Ci siamo dentro: si tratta di mettere insieme la leva digitale, e quindi l’immenso capitale rappresentato dall’Iot, con il Made in Italy, che conta per il 16% del Pil ma che ha ampie prospettive di crescita. Inoltre, ci sono strumenti di natura fiscale e finanziaria per rilanciare la propria impresa». Questo è il pensiero di Stefano Rebattoni, Global Technology Services e Responsabile della Strategia Industria 4.0 per IBM Italia. Affermazioni rese nel contesto di IBM Watson Summit Italia 2017, che si è svolto a fine maggio all’Arco della Pace di Milano. Si parte da un principio: «La digitalizzazione è la colonna portante, la spina dorsale di tutte le operazioni di trasformazioni dell’azienda e del sistema». E si considera l’obiettivo all’orizzonte: «Perché non osare, puntando dritti alla quinta rivoluzione industriale, all’Industry 5.0? Con l’unione delle capacità cognitive all’Iot, le dimensioni dell’operation technology e dell’information technology saranno una cosa sola. Dobbiamo immaginare un’azienda fluida, interamente virtuale, dove non esiste più distinzione tra ciò che è fisico e ciò che è digitale».

Scoprire a Piacenza….. I segreti del software industriale tedesco!

Leggi tutto...Una “Community tecnologica” per valorizzare il know how delle aziende operanti nel manifatturiero. È l’obiettivo di Siemens Italia, che ha dato vita al Centro Tecnologico Applicativo di Piacenza (TAC) per mettere a disposizione di costruttori di macchine, ma anche di scuole, università e partner, servizi e competenze. Si intende promuovere le professionalità in modo trasversale e intersettoriale. L’innovazione è un tema strategico; la formazione è uno strumento necessario. Soprattutto se si pensa che «un’azienda oggi deve valutare il proprio ruolo all’interno della filiera di appartenenza. Si avvicina, di conseguenza, il momento in cui i clienti stessi ti chiederanno come sei inserito nel contesto» afferma Giuliano Busetto, Country Division Lead Digital Factory e Process Industries and Drives di Siemens Italia, e Presidente Anie (Federazione nazionale imprese elettrotecniche e elettroniche di Confindustria). Non si cresce più da soli; ci si sviluppa nella filiera, con i progressi che questa è in grado di realizzare.

Family business del nordest fra manifattura e innovazione

Leggi tutto...Non solo lo sviluppo, ma anche l’esistenza stessa del manifatturiero del Belpaese dipendono, in buona sostanza, da due fattori. Il primo è la capacità di stare al passo coi tempi, imboccando con fiducia la strada della digitalizzazione; il secondo è gestire con oculatezza il passaggio generazionale, che è una delle principali cause di estinzione delle aziende. Perché il tessuto industriale italiano è costellato di padri fondatori e vecchi leader, e di famiglie i cui destini sono intrecciati a quello delle imprese che hanno portato avanti. Nel momento cruciale, quello del trasferimento di strutture materiali, competenze di gestione e know how da una generazione all’altra, l’assenza di piani di successione (in un contesto in cui l’azienda si identifica con il nome del fondatore) comporta immediati problemi di governance, che si traducono rapidamente nel rallentamento dell’attività e che possono mettere a repentaglio la vita stessa dell’azienda. Occorre definire con largo anticipo gli obiettivi di proprietà, di governo e di gestione della famiglia controllante. E rafforzare la convergenza tra gli obiettivi della proprietà e quelli del management, pur segnando una profonda linea di demarcazione tra le funzioni di chi possiede e quelle di chi governa. 

ProM Facility : Rovereto corre più veloce

Leggi tutto...Non è solo una questione di stare al passo con i tempi. È che il mercato è cambiato; è che le regole sono altre rispetto a quelle che vigevano poco tempo fa. L’azienda manifatturiera deve realizzare prodotti migliori, più innovativi ed efficienti e pronti per il mercato in tempi più rapidi. Si assiste, per esempio, ad una riduzione continua del time-to-market. «L’emergere di articoli nuovi e sempre più perfezionati, l’estensione e l’espansione delle linee, le continue revisioni e i costanti miglioramenti, creano ulteriori pressioni sulle aziende per mantenere un flusso costante di nuovi prodotti sul mercato. È assodato che qualsiasi ritardo di questo flusso determina perdite di profitto sempre più consistenti» – si legge in un saggio (Nosa. F. O. Evbuomwan, “Design for time to market”). La velocità è un fattore che influenza largamente le performance di una azienda manifatturiera. Si avverte la necessità di disegnare prodotti che possano essere liberati sul mercato in anticipo rispetto alla concorrenza; e che presentino contenuti tecnologici sempre più ricchi, sempre più intelligenti, per fare la differenza. Si innesca qui tutto il tema dell’Industry 4.0, osservato dal punto di vista della meccanica: additive manufacturing, cloud, big data, sensori, sicurezza e altro. Quelli che il mercato sta disegnando e sui quali l’azienda deve confrontarsi sono percorsi complessi. Ed è per questo che è nato il Polo Meccatronica di Rovereto

Easy Life, innovazione nell’health e social care

Leggi tutto...È in corso, da qualche tempo, un processo di allineamento dell’innovazione alle aspettative della società. L’idea è che il progresso tecnologico possa produrre un investimento nello sviluppo dei servizi in grado di determinare vantaggi concreti alle famiglie, migliorando la vita di tutti i giorni. In questo contesto, pratiche e procedure consolidate dall’uso quotidiano possono essere rielaborate a fini sociali, integrando così il concetto stesso di innovazione. E possono diventare l’oggetto dell’attività di nuove aziende, farsi business a tutti gli effetti. Così, esigenze sociali, nuove idee e nuovi servizi possono trovarsi sullo stesso piano, nel contesto di progetti che riescano a produrre utilità sotto diversi profili. Un esempio è famil.care, piattaforma lanciata da Easy Life per consentire ad una parte della società attiva, la cosiddetta “sandwich generation”, di monitorare e prendersi cura dei propri cari a distanza. In pratica, una sola app per proteggere nonni e figli. Easy Life Ltd è una società con sede a Londra. È stata fondata da Luca Concone, ora AD e Chief Designer, e da Luca La Ferla, ora CTO (Chief Technology Officer).

Kpmg e Microsoft: oggi è con la gestione dei dati che si crea valore economico. Ecco perché il ruolo del Cio è cruciale

Leggi tutto...Forse il nuovo CIO (chief information officer), quello emergente dalla trasformazione in corso, sarà come lo immagina Gaetano Correnti, che è appunto partner KPMG head of Cio Advisory. Un mediatore, tra l’IT interno e l’ecosistema esterno. E ciò perché «sta cambiando il mondo del lavoro, ed occorre un nuovo equilibrio tra la velocità esterna e quella interna dell’IT». Per capire, però, bisogna fare un passo indietro nel ragionamento di Correnti, che prende spunto dalla ricerca “Harvey Nash/KPMG CIO Survey 2017”, vasto sondaggio in materia giunto alla 19esima edizione: sono stati sentiti 4.500 CIO e technology executives di 86 paesi. Una analisi che è stata condivisa nel corso del CIO Executive Meeting “Il nuovo ecosistema della digital company”, che si è tenuto nella sede del Gruppo 24 Ore. L’approfondimento con la discussione è centrato sul ruolo di leadership del direttore informatico. Siamo, secondo Correnti, a un punto di svolta. «Il 64% degli intervistati riconosce che il contesto politico, economico e di business sta diventando sempre più imprevedibile. Per esempio, il 52% sostiene che occorre creare piattaforma tecnologiche più flessibili e agili; il 49% ammette di lavorare con budget ridotti rispetto al passato; il 45% sta investendo in cyber-security e il 34% in automazione; e così via». È un quadro in movimento. Anche perché la trasformazione digitale ha poco a che vedere con precedenti rivoluzioni industriali.

La road map di IMA verso la produzione 4.0

Leggi tutto...Il 4.0 declinato in tre interventi strategici per il Gruppo IMA, (Industria Macchine Automatiche) un leader mondiale nella progettazione e produzione di macchine automatiche per il processo e il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè e caffè. Il contesto è quello di una importante realtà manifatturiera; le aree di intervento riguardano l’IoT, la digitalizzazione della supply chain e quella dei processi interni. Si tratta di sviluppare il dialogo digitale tra l’azienda, le macchine e le cose; ma anche tra l’impresa e i fornitori e, nel medio periodo, i clienti e gli stessi dipendenti. Un salto nel mondo della quarta rivoluzione industriale che il gruppo di Ozzano dell’Emilia (Bologna) sta realizzando partendo da IMA Digital, una struttura appositamente creata per presidiare le tecnologie più avanzate e per applicare le logiche informatiche a rapporti già in corso. L’azienda ha compreso che solo così si avanza nei mercati e si conquista spazio nella filiera. Il Gruppo IMA, 1,3 miliardi di fatturato, 5.100 dipendenti, 38 siti produttivi (Italia, Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, India, Malesia, Cina, Argentina) e 80 Paesi coperti dalla rete di vendita, è ampiamente internazionalizzato, con una quota export pari all’86%. 

Una via italiana all’industry 4.0? Difficile, forse impossibile disegnarla. Ma ci sono utili appunti

Leggi tutto...«L’industry 4.0 è un concetto che è stato codificato nel 2011 in Germania nell’ambito della High Tech Strategy, una strategia di politica industriale formulata a un tavolo cui siedevano il governo federale, i lander, le aziende e le università. In realtà non si dovrebbe nemmeno parlare di Industry 4.0 ma di ”Industrie Vier Punkt Null„. Filippo Astone, direttore di Industria Italiana ritiene doverosa la puntualizzazione, nella sua veste di moderatore del dibattito conclusivo della edizione 2017 della Biennale Innovazione di Venezia, dedicata agli impatti strategici dell’Industry 4.0 sui modelli di business delle imprese italiane. «Industry 4.0 – ha detto Astone – è un concetto molto tedesco, pensato per la realtà tedesca fatta di grandi aziende, con una leadership mondiale nel settore dell’ automotive, grandi investimenti in ricerca e sviluppo, grande propensione alla collaborazione e al fare sistema. Dopo la codificazione in Germania, questo concetto è stato cavalcato oltreoceano negli Stati Uniti (che già avevano codificato il concetto di Iot). Gli americani sono i proprietari delle principali tecnologie di ICT che sono necessarie a questa trasformazione. L’Italia vanta una leadership nella manifattura, essendo il secondo paese manifatturiero in Europa dopo la Germania e il settimo al mondo, ma ha caratteristiche che sono estremamente diverse da quelle del concetto tedesco dove è nata l’Industry 4.0 come idea».


Digitalizzazione e manufatturiero: chi è già avanti accelera

Leggi tutto...Aziende sulla breccia, internazionalizzate e automatizzate, che puntano sul digitale per avanzare a passo serrato nel mercato globale e tenersi sulla scia di forti correnti evolutive. Aziende agganciate, nella filiera, a grandi player che chiedono efficienza e trasferiscono conoscenze. Aziende che si guardano attorno, e capiscono che il mondo è cambiato e che qualcosa bisogna inventarsi. Aziende, infine, ferme in tutto: attendono di capire cosa fare, e al contempo realizzano di essere rimaste indietro. Danno di sé un giudizio negativo, ma non promettono di rimboccarsi le maniche. È uno spaccato in chiaro-scuro, quello emergente dalla ricerca “Survey Digital Manufacturing” commissionata da SAP (colosso dei gestionali da 22 miliardi di euro di fatturato) e SDA Bocconi (School of Management, al primo posto in Italia e al vertice delle principali classifiche internazionali). Un faro acceso sul mondo delle PMI, poste di fronte alla prospettiva della digitalizzazione e del digital manufacturing. 

Previnet: così cambiamo la vita di banche, assicurazioni, healthcare e..

Leggi tutto...Tecnologie abilitanti dell’industria 4.0 prendono sempre più piede anche nel mondo dei servizi. D’altra parte, anche in settori apparentemente lontani dal contesto tipico della Quarta Rivoluzione Industriale – come, ad esempio, quelli assicurativo, previdenziale e finanziario – è presente la necessità di una connessione non mediata da persone, così come quella anche di raccogliere e analizzare una mole di dati sempre più ingente. La convergenza di dati generati automaticamente, di quelli relativi a dispositivi IoT, e di altri originati da utenti, determina l’esigenza di progettare macchine sempre più complicate ai fini dell’estrazione di valore per l’ azienda-cliente. Questa, senza investimenti diretti in hardware-software, può esternalizzare servizi di alto profilo tecnologico, dedicandosi così, con maggiore concentrazione, sulle attività “core”, e potendo rimanere, indirettamente, all’avanguardia sui terreni “non core”. Diversamente, l’azienda-cliente può lasciarsi guidare dall’azienda-architect nell’ambito dell’Information Technology, innovando in realtà sia la tecnologia che i processi di business, ottenendo una riduzione dei costi. Di qui la nostra analisi su Previnet, del gruppo RBHold.


McDermott (SAP): ecco chi saranno vincitori e perdenti nel mondo dell’Industry 4.0

Leggi tutto...Industria, manifattura e digital transformation. Un processo che non coinvolge solo mezzi di produzione e le infrastrutture aziendali, ma che anzi implica cambiamenti organizzativi, manageriali e culturali. Occorre peraltro declinare l’intero ecosistema dell’impresa, riallineando il modello di business: dal momento che persone, cose e industria sono interconnesse, cambia il modo in cui un’azienda crea valore e interagisce con i clienti e i partner commerciali. Ma quando scatta l’ora di innovare i sistemi gestionali, operazione che senz’altro rappresenta una tappa fondamentale lungo il percorso? La decisione è senz’altro soggettiva, purché si tenga presente che la trasformazione digitale sta accadendo ovunque, e che solo un’adeguata infrastruttura può aiutare l’impresa a sostenerla. E come si definisce la digital road map? Si può fare da soli o rivolgersi ad esperti del settore; ma anche i grandi gruppi che producono gestionale possono accompagnare le aziende nell’operazione.

Dove vuole arrivare SAP in italia, tra manifattura e intelligenza artificiale

Leggi tutto...Nel 1972, a Walldorf, nasceva SAP per opera di cinque ingegneri tedeschi (Hasso Plattner, Dietmar Hopp, Klaus Tschira, Hans-Werner Hector e Claus Wellenreuther) dipendenti dell’ IBM, che inventarono, codificarono e diffusero a livello mondiale il concetto di gestionale totalmente integrato o Erp, ovvero Enterprise resource planning. Un gestionale impegnativo da installare e far funzionare ma che ha in serbo una promessa ambiziosissima: rendere perfettamente efficace ed efficiente l’azienda che lo fa girare. Tutta l’azienda. Nel giro di vent’anni SAP – nome dell’azienda e anche del suo prodotto – è diventata il leader assoluto di settore. Oggi, con 22 miliardi di euro di fatturato, è la quarta software house mondiale dopo tre americane (IBM, Microsoft ed Oracle) e la prima europea. Anzi, l’unica software house europea multinazionale e davvero importante. Non ce ne sono altre. Parliamo di 84mila dipendenti in più di 130 paesi, 345mila clienti in 180 paesi e più di 15mila società partner in tutto il globo. Sap domina il mercato: l’87% delle aziende più potenti del mondo (quelle, per intenderci, presenti nel ranking “Forbes Global 2000”) è cliente della multinazionale tedesca.

Open Innovation: come allevare idee nella città delle start up, Milano

Leggi tutto...«Scaricare le idee a terra». Un’espressione diretta, quella di Stefano Venturi – AD di Hewlett Packard Enterprise Italia e membro del consiglio di presidenza di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, con delega “all’agenda digitale e start up” – e anche un modo per “contestualizzare” il verbo di Henry Chesbrough, il primo a parlare di Open Innovation, sia in vista dell’attualità del nostro tessuto industriale che delle carenze e delle previsioni “ambientali”. Perché molto è cambiato negli ultimi anni, e l’impressione è che il nostro Paese sia rimasto, per certi versi, un pò “al palo”. ome tutti sanno, per anni la Ricerca & Sviluppo è stata concepita come una funzione interna all’azienda. Chi investiva nell’innovazione dell’attività (non tutti) lo faceva per ottenere un vantaggio concorrenziale, in una prospettiva a medio o lungo termine. Di qui la necessità di innalzare poderose barriere tra l’impresa e il resto del mondo: il processo era governato in termini proprietari. Di mezzo, però, in questi ultimi anni, la globalizzazione, l’accorciamento della vita media dei prodotti, e il sostanziale incremento della mobilità dei dati e delle persone: tutti fattori che hanno complicato la vita a chi intendeva trattenere per sé conoscenze e talenti. Di fatto, il modello andava aggiornato. Di qui il nuovo paradigma: le imprese, per creare valore, non si basano solo sul lavoro dei centri di ricerca interni, ma ricorrono anche a competenze e idee che provengono dall’esterno.

Lo sapevate che i flussi di energia funzionano come i flussi di dati? Parola di ABB, che nel settore ha progetti ambiziosi. E la manifattura...

Leggi tutto...Produzione persa, impianti e manodopera inattiva, prodotti difettosi, danni, attrezzature danneggiate sono fra gli effetti delle interruzioni di potenza nell’industria manifatturiera. In generale, secondo il sondaggio “Allianz Risk Barometer 2017” (condotto su 1.237 esperti di rischio di 55 paesi) il rischio più sentito dalle aziende a livello globale è il blocco delle attività. Che può essere causato anche da un black-out. Nel 2006, infatti, il Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab), legato al dipartimento dell’energia dell’Università della California, ha stimato il costo annuo delle interruzioni di potenza per gli Usa: 79 miliardi di dollari, di cui 20,4 (26%) nel settore industriale, 56,8 (72%) nel commerciale e 1,5 (2%) nel residenziale. Il laboratorio (si legge in “The National cost of power interruptions to electricity costumers – A early peek at LBNL’s 2016 update estimate”, Joseph H. Eto) sta aggiustando il tiro. I calcoli non sono ancora definitivi, ma in via preliminare si stimano costi, sempre per gli Usa, pari a 110 miliardi di dollari annui, di cui almeno 30 riguardano l’industria. È evidente che le perdite possono rappresentare un serio problema per la singola azienda, e ciò a prescindere dalle sue dimensioni. Ma oggi esistono delle soluzioni in grado non solo di affievolire, ma anche annullare il rischio. Derivano dalle applicazioni del digitale nel contesto degli apparati dell’elettrificazione.

ABB Frosinone: robotica collaborativa, piu’ prodotti, più lavoro

Leggi tutto...A ben vedere, i vantaggi dell’automazione dei processi sono noti da almeno una decina d’anni. Basta consultare la letteratura in materia per farsene un’idea: le parole chiave, per ogni ricerca, sono il risparmio dei costi, l’alta efficienza, la competitività, la produttività e una più agevole gestione dei difetti. C’è chi si è spinto ad indicare, tra i pro, anche il miglioramento dell’ambiente di lavoro – grazie alla sostanziale eliminazione del lavoro seriale, monotono e comportante sforzi fisici, a favore di attività che coinvolgono il monitoraggio e il miglioramento dei processi. E, singolarmente, nella maggior parte delle indagini “sul campo”, la possibilità di ridurre il personale al minimo non è quasi mai tra le prime aspettative delle industrie avanzate: piuttosto, servono competenze aggiornate ai tempi. D’altra parte, con l’avvento dell’Industria 4.0 si aprono nuovi scenari. Per esempio, la robotica collaborativa, e cioè la possibilità di realizzare una forte e concreta interazione di lavoro tra il robot e l’operatore umano, sfruttando le moderne tecnologie elettroniche ed informatiche per garantire la massima sicurezza anche in assenza di barriere fisiche. Da più parti si ritiene che il supporto fornito da tali robot possa peraltro essere utilizzato per rafforzare l’autonomia operativa delle celle di produzione, con un incremento della velocità di attraversamento e della qualità del prodotto, nonché con una semplificazione dei controlli.

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