Aveva destato un certo scalpore, qualche tempo fa, la ricerca “The Digital Advantage: How digital leaders outperform their peers in every industry”. Per l’autorevolezza degli autori, che erano Capgemini Consulting e soprattutto il MIT Center for Digital Business global research, legato alla business school dell’ateneo americano che quest’anno ha superato Stanford, Harvard e Cambridge. E soprattutto per i risultati: emergeva con forza che i “Digirati” – e cioè quelle aziende che combinano intensità digitale e innovazione manageriale, intesa come la capacità di definire il futuro e l’impegno a procedere lungo il nuovo corso – superano le concorrenti del 9% quanto a revenue, del 26% quanto a redditività e del 12% quanto a valutazioni di mercato. Lo studio, che ha preso in considerazione un campione di oltre 400 aziende di tutto il mondo e di settori diversi, ha messo all’indice espressioni come «nella mia industria posso attendere e vedere come evolvono le cose». La digitalizzazione è necessaria in ogni settore. E nessuna azienda, si legge, è immune da questo genere di trasformazione, «visto che in ogni comparto sono presenti competitor Digirati». Chi non si aggancia al futuro è fuori dal giro. Punto. Emerge peraltro che i digital leader hanno un comune Dna, e che la maturità digitale può essere raggiunta solo grazie a una visione innovativa sostenuta da scelte manageriali coerenti, engagement e risorse.
CONTINUA SU INDUSTRIA ITALIANA
17 marzo 2017
credits immagine: Stevanato Group
Netiquette: Post non accettati:
- «volgari» e/o «offensivi» e/o
- «razzisti» e/o «sessisti»
- «pornografici»
- «incomprensibili» (scritti cioè in italiano gravemente scorretto, senza punteggiatura, senza separazione delle parole...)
- «urlati» (ovvero scritti tutti in maiuscolo, che serve per mettere in evidenza una parola come se la si stesse dicendo ad alta voce)
- «spamming» (=messaggi pubblicitari)