«Scaricare le idee a terra». Un’espressione diretta, quella di Stefano Venturi – AD di Hewlett Packard Enterprise Italia e membro del consiglio di presidenza di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, con delega “all’agenda digitale e start up” – e anche un modo per “contestualizzare” il verbo di Henry Chesbrough, il primo a parlare di Open Innovation, sia in vista dell’attualità del nostro tessuto industriale che delle carenze e delle previsioni “ambientali”. Perché molto è cambiato negli ultimi anni, e l’impressione è che il nostro Paese sia rimasto, per certi versi, un pò “al palo”. ome tutti sanno, per anni la Ricerca & Sviluppo è stata concepita come una funzione interna all’azienda. Chi investiva nell’innovazione dell’attività (non tutti) lo faceva per ottenere un vantaggio concorrenziale, in una prospettiva a medio o lungo termine. Di qui la necessità di innalzare poderose barriere tra l’impresa e il resto del mondo: il processo era governato in termini proprietari. Di mezzo, però, in questi ultimi anni, la globalizzazione, l’accorciamento della vita media dei prodotti, e il sostanziale incremento della mobilità dei dati e delle persone: tutti fattori che hanno complicato la vita a chi intendeva trattenere per sé conoscenze e talenti. Di fatto, il modello andava aggiornato. Di qui il nuovo paradigma: le imprese, per creare valore, non si basano solo sul lavoro dei centri di ricerca interni, ma ricorrono anche a competenze e idee che provengono dall’esterno.
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4 aprile 2017
credits immagine: Hewlett Packerd Enterprise Italia
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