«Il cibo come strumento di liberazione». Don Luigi Ciotti al Festival della Letteratura di Mantova

don ciotti 2MANTOVA – Don Ciotti si presenta a mezzogiorno in Piazza Sordello davanti al Duomo di Mantova. Una folla lo attende al Festival della Letteratura. La Tenda dei libri non riesce a contenere la gente che si accalca, accorsa nonostante la giornata sia nuvolosa e minacci pioggia fin dalle prime luci del mattino. Don Ciotti arriva scortato da tre poliziotti. L'ultimo anatema lanciato dal carcere da Totò Riina è arrivato a bersaglio, ma di sicuro non ha cambiato l'atteggiamento e la determinazione di questo prete coraggioso, la cui voce decisa riempie tutta la piazza. Parla da un pulpito pubblico dal quale la sua voce si irradia veemente, raggiunge le persone davanti alle bancarelle dei libri usati sotto i portici, coloro che passeggiano distrattamente lungo le mura antiche o che sostano ai tavolini dei bar della piazza e sembra rimbombare per tutta Mantova. Una voce che parla non solo ai cattolici, ma alle coscienze civili di tutti.

Giovedì 4 settembre erano in programma due incontri con Don Luigi Ciotti al Festival della Letteratura di Mantova. Alle 12 alla Tenda dei libri l'incontro dal titolo «Libero – le parole del cibo» e nel pomeriggio, alle 16 a Palazzo Ducale: «Nelle periferie di Bergoglio – incontrare la speranza tra i poveri di Buenos Aires», con la giornalista Silvina Premat e padre Carlos "Charly" Olivero, sacerdote nella parrocchia della Virgen de los Milagros de Caacupé della Villa 21 di Buenos Aires.

Al mattino un bagno di folla. Numerose persone stazionavano anche fuori, attorno alla Tenda dei libri, incapace di accogliere tutti gli intervenuti per ascoltare Don Ciotti. Il tema della giornata è un tema caldo: il tema del cibo, che non a caso sarà il filo conduttore di EXPO Milano 2015Nutrire il pianeta, Energia per la vita. Il cibo come strumento di liberazione e di libertà: non solo cibo per il corpo, ma soprattutto per lo spirito. «Abbiamo fame di cultura, lasciatemelo dire qui a Mantova» ha ribadito Don Ciotti «Antonino Caponnetto, a capo del pool antimafia, considerato uno degli eroi simbolo della lotta al crimine organizzato italiano, ricevette qui la cittadinanza onoraria e disse che la mafia deve temere la scuola più della giustizia, l'istruzione toglie l'erba sotto i piedi alla cultura mafiosa». Parole sempre attuali.

Don Ciotti ha puntualmente enumerato i dati riguardanti la penetrazione delle mafie nell'economia reale. Dati impressionanti che ribadiscono come nessun ambito della società possa dirsi del tutto immune da questo morbo. «Le mafie oggi sono tornate forti» ha sottolineato «In un momento di crisi economica hanno tante liquidità. Si sono fatti imprenditori, operano in nuovi settori, stringono alleanze, si inseriscono nelle nuove realtà economiche: la forza della mafia non sta all'interno di essa, ma fuori, nel tessuto sociale, in quanti gli permettono di condurre a termine queste operazioni finanziarie».

Infine ha ripercorso le tappe fondamentali della lotta antimafia: dalla legge Rognoni-La Torre, alla nascita di «Libera», dopo la strage di Capaci, «Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie», nata con l'intento di combattere il crimine mafioso in tutte le sue forme e di coordinare un network di associazioni, scuole, gruppi e realtà di base per promuovere la cultura della legalità e sensibilizzare la società civile. Inserita dall'Eurispes tra le eccellenze italiane, nel 2012 Libera è stata riconosciuta dalla rivista The Global Journal tra le cento migliori Ong del pianeta. Don Ciotti ha quindi ricordato, sempre a proposito di cibo, come attraverso i beni confiscati alla mafia si siano create numerose cooperative agricole, i cui prodotti sono stati degustati al termine dell'incontro. Concreto esempio della liberazione dalle mafie attraverso la produzione di prodotti alimentari.

«La speranza è di tutti o non è speranza». Ha concluso infine il suo discorso Don Ciotti, con voce sempre più dirompente, per ricordare al pubblico di non limitarsi a celebrare le ricorrenze, di non ricordarsi della mafia solo il giorno della strage di Capaci o dell'attentato a Borsellino, ma di sforzarsi di costruire un impegno di memoria giorno per giorno, ognuno secondo le proprie possibilità e competenze. «Per dare una risposta sociale di impegno civile, così che in questo paese non ci si inchini più indegnamente davanti al potere malavitoso».

Matteo Bugliaro Goggia

5 settembre 2014

Credit immagine: Festivaletteratura 2014

 

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