Come potrebbe avvenire, nella pratica, la trasformazione digitale, soprattutto in termini di prodotto, nel comparto meccano-tessile? Ce lo chiediamo perché questo settore, storico e significativo per la manifattura del Belpaese (genera comunque volumi superiori a 2,5 miliardi), è rimasto un po' indietro in termini di digitalizzazione, che si è diffusa a macchia di leopardo. Una delle ragioni è che il comparto, nato attorno a distretti lanieri e della seta per rifornirli di macchine da lavoro, ha gradualmente puntato sulle esportazioni (ora a quota 80% dei ricavi) verso Paesi – come Cina, Turchia, India, Pakistan e Vietnam – che nella maggior parte dei casi l'innovazione non l'hanno mai chiesta. Ora però è cambiato tutto. Il cerchio si stringe, con la recente e pesante flessione della domanda dovuta al rallentamento della locomotiva cinese, ai guai della moneta turca e ad altri fattori internazionali. Nasce l'esigenza, per gli importatori, di selezionare gli esportatori. Di qui la corsa al digitale, che sarà più evidente nel corso delle prossime fiere internazionali. E quindi, come devono fare le aziende di settore per attrezzarsi al meglio? Bisogna partire, consigliano le multinazionali dell'automazione come Mitsubishi Electric e Festo – che a loro volta riforniscono di tecnologie i costruttori di macchine per il tessile – da una visione complessiva, senza interventi spot, implementando soluzioni integrate comprendenti controller, Plc, driver, attuatori, pannelli operatori e sistemi di motion. Solo così si ottiene – sostengono – il massimo ritorno dall'investimento.
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15 febbraio 2019
immagine di Marco de' Francesco