IL VOLONTARIO

SCAMPATO AL VAJONT, RIMETTO L'ELMETTO

 

 

Pronto a sporcarmi le mani di fango. Come sempre, come in Vajont, come in Abruzzo. Perché ancora una volta ho rivisto la sofferenza, la miseria di chi si trova da un giorno all’altro senza niente, senza casa, senza macchina. Una vita, la mia, segnata dall’emergenza. E dal desiderio di riscattare chi si è trovato, come me, nel posto giusto al momento sbagliato.

Sì, perché il caso ha giocato una parte di rilievo nella mia vita, e in quella della mia famiglia. Mi chiamo Giancarlo Nicoli, classe ’49, sposato, un figlio. Vivo a Longarone (Belluno). Sono originario di Guarda Veneta (Rovigo); nel 1951, avevo due anni, sono scampato all’alluvione del Polesine; la mia famiglia si è trasferita a Roggia di Longarone, perché da quelle parti mio padre aveva trovato lavoro.

La sera del 9 ottobre del ’63, mio cugino, anche lui quattordicenne, mi accompagnò in bicicletta fino alla stradina della stazione, quella che portava a casa mia; lui tornò alla frazione di Rivalta, dove abitava con i suoi. Non l’ho più visto. Una gigantesca ondata di fango e detriti l’aveva travolto. La spianata di terra e sassi che aveva sepolto Longarone è un «film» che ogni tanto mi rivedo, una ferita che ricompare di tanto in tanto, ma che non si rimargina.

Nel ’76 sono entrato come volontario nel corpo dei vigili del fuoco. Di cose ne ho viste: ho avuto altre brutte sensazioni, altre immagini che mi sono rimaste appiccicate. Penso all’Abruzzo. L’anno scorso ero a Pizzoli (L’Aquila). Ricordo i paesini abbandonati, e la gente in macchina, perché nessuno si fidava a tornare a casa. Un freddo boia. A un certo punto ho visto un signore che andava in giro in auto; si allontanava da Pizzoli e poi tornava. Più volte. Una bambina in braccio e l’altra sul sedile posteriore. Poi ho capito: faceva così perché la macchina non gelasse, e perché le figlie non si raffreddassero. Ma quei volti - le persone spaesate, che non sapevano cosa fare e dove andare - erano gli stessi del Vajont.

Ora è toccato al Veneto. Hanno chiamato i volontari di Vicenza e Padova. Sono rimasto a casa, incollato alla televisione. Ma sono qui, pronto, con elmetto e divisa.

 

 

Giancarlo Nicoli

lettera al Corriere del Veneto 6 novembre 2010