LE
NUOVE REGOLE PER L’UTILIZZO DEL DENARO CONTANTE
A seguito della riduzione del limite per i trasferimenti
di denaro contante non è più possibile
effettuare pagamenti tra soggetti diversi in un’unica
soluzione in contante di importo pari o superiore
a € 5.000 i trasferimenti che eccedono il predetto
limite vanno eseguiti tramite intermediari abilitati
(banche, Poste, ecc.).
La nuova disposizione oltre che essere collegata alla
prevenzione del fenomeno del riciclaggio è
stata introdotta anche con l’intento di contrastare
l’evasione fiscale. Va tenuto presente che le
predette limitazioni riguardano complessivamente il
valore oggetto di trasferimento e trovano applicazione
anche per le c.d. “operazioni frazionate”,
intendendo per tali quei pagamenti inferiori al limite
che appaiono artificiosamente frazionati. Il frazionamento
in più importi inferiori al limite è
comunque ammesso qualora sia previsto dalla prassi
commerciale ovvero in conseguenza di accordi contrattuali.
COMUNICAZIONE
AL MEF DELLE VIOLAZIONI ALL’USO DEL CONTANTE
Si rammenta che l’art. 51, D.Lgs. n. 231/2007
prevede espressamente che i soggetti interessati al
rispetto degli obblighi antiriciclaggio devono comunicare,
entro 30 giorni, al MEF le infrazioni circa l’uso
del contante delle quali gli stessi hanno avuto cognizione.
Nell’ambito della quotidiana attività
di gestione delle contabilità la riduzione
del limite all’uso del contante si ripercuote
sulle seguenti fattispecie:
- pagamenti di fatture;
- finanziamenti soci-società;
- distribuzioni di utili ai soci.
NUOVA
FATTISPECIE DI “SOSPETTO”
L’art. 36, DL n. 78/2010, integrando l’art.
41, D.Lgs. n. 231/2007, dispone che costituisce un
elemento di sospetto, che può far scattare
la segnalazione dell’operazione, “il ricorso
frequente o ingiustificato a operazioni in contante,
anche se non in violazione dei limiti di cui all’articolo
49, e, in particolare, il prelievo o il versamento
in contante con intermediari finanziari di importo
pari o superiore a 15.000 euro”.
Si ritiene che tale previsione non imponga una automatica
segnalazione da parte del soggetto destinatario degli
obblighi antiriciclaggio. Infatti quest’ultimo
dovrà effettuare una valutazione “caso
per caso” in relazione alla condotta del singolo
cliente. Così, ad esempio, il quotidiano versamento
in contante superiore al limite effettuato da un ipermercato
non dovrebbe indurre a qualificare l’operazione
sospetta.
LE
NUOVE REGOLE PER L’UTILIZZO DEGLI ASSEGNI
Le banche e le Poste sono tenute a rilasciare i moduli
di assegni muniti della clausola di non trasferibilità,
la quale va apposta anche su assegni circolari e vaglia
postali o cambiari. I moduli di assegni bancari e
postali ovvero di assegni circolari o vaglia postali
o cambiari in forma libera, ossia senza la clausola
di non trasferibilità, possono essere rilasciati
solo:
- a seguito di presentazione, da parte del soggetto
interessato, di una specifica richiesta scritta alla
banca ovvero alle Poste;
-
pagando € 1,50 a titolo di imposta di bollo,
per ciascun modulo di assegno richiesto in forma libera
ovvero per ciascun assegno circolare, vaglia postale
o cambiario rilasciato in forma libera.
Ora, a seguito dei nuovi limiti detti assegni e vaglia
trasferibili:
- potranno essere utilizzati esclusivamente per importi
inferiori a € 5.000;
- dovranno riportare, per ciascuna girata, il codice
fiscale del girante, a pena di nullità.
Inoltre:
- sugli assegni bancari e postali emessi per importi
pari o superiori a € 5.000 (che non possono mai
essere privi della clausola di non trasferibilità);
- sugli assegni circolari e vaglia postali e cambiari
(indipendentemente dall’importo) è sempre
necessario indicare il nome o la ragione sociale del
beneficiario.
Va evidenziato che il MEF nella citata Circolare n.
281178 ha precisato che il limite va inteso soltanto
per il singolo assegno. Gli assegni utilizzati, anche
per la medesima operazione, non sono cumulabili ai
fini del calcolo dell’importo totale del trasferimento.
In merito agli assegni emessi all’ordine del
traente (c.d. “m. m.” o “a me medesimo”)
il MEF ha ribadito che gli stessi “non possono
circolare, qualunque sia l’importo: l’unico
utilizzo possibile è la girata per l’incasso
allo stesso nome del traente/beneficiario”.
LE
NUOVE REGOLE PER L’UTILIZZO DEI LIBRETTI DI
DEPOSITO AL PORTATORE
I libretti di deposito bancari o postali al portatore
devono essere utilizzati con le seguenti modalità:
- il saldo non può essere pari o superiore
a € 5.000. Per i libretti di deposito esistenti
al 31.5.2010 con un saldo pari o superiore a €
5.000, il portatore dovrà provvedere, entro
il 30.6.2011:
- ad estinguere il libretto;
ovvero
- a ridurre il relativo saldo ad un somma inferiore
al predetto limite.
In caso di trasferimento, il cedente è tenuto
a comunicare i dati identificativi del beneficiario,
nonché la data del trasferimento alla banca
o alle Poste entro 30 giorni.
IL
NUOVO ACCERTAMENTO SINTETICO E DA REDDITOMETRO
Con la c.d. “Manovra correttiva” sono
stati introdotti nuovi criteri per l’applicazione
dell’accertamento sintetico ed in particolare
del c.d. “redditometro”. Con effetto per
gli accertamenti relativi ai redditi del 2009 l’Ufficio
potrà determinare sinteticamente il reddito
complessivo del contribuente “sulla base delle
spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del
periodo d’imposta”. A decorrere dallo
stesso periodo d’imposta l’accertamento
da “redditometro” sarà fondato
su specifici elementi indicativi di capacità
contributiva, individuati dall’Agenzia delle
Entrate con un apposito Provvedimento, tenendo conto
del nucleo familiare e del contesto territoriale.
In ogni caso al contribuente è ammessa la “prova
contraria” e all’Ufficio è imposto
l’obbligo di attivare il contraddittorio con
l’interessato e di utilizzare l’istituto
dell’accertamento con adesione.
L’ACCERTAMENTO
SINTETICO
In base al nuovo dettato normativo l’Ufficio
può determinare sinteticamente il reddito complessivo
del contribuente (persona fisica) sulla base di spese:
1. di qualsiasi genere;
2. considerate come sostenute nel corso dello stesso
periodo d’imposta accertato.
In merito alla possibilità da parte dell’Ufficio
di applicare l’accertamento sintetico va evidenziato
che è stato eliminato il precedente riferimento
/ presupposto alla non congruità per “due
o più periodi di imposta”. Va altresì
evidenziato che il dettato normativo in commento fa
ora riferimento al “reddito complessivo del
contribuente” e non più al “reddito
complessivo netto del contribuente”.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito, nei primi
giorni di agosto, alcune esemplificazioni di applicazione
del “nuovo” strumento accertativo di seguito
riportate.
ESEMPIO
1
CONTRIBUENTE RESIDENTE IN PROVINCIA DI BERGAMO REDDITO
COMPLESSIVO DICHIARATO € 15.800
Spese
puntuali da informazioni in possesso dell’Anagrafe
tributaria:
- Acquisto autovettura € 50.000
- Assicurazione auto € 1.350
- Canone di locazione € 16.000
- Utenze elettriche € 1.200
- Utenze gas € 2.300
- Assicurazione vita premio pagato € 6.600
- Iscrizione circolo privato € 5.400
- Centro benessere € 6.500
- Movimenti di capitale € 30.000
REDDITO SINTETICAMENTE ACCERTABILE € 119.350
ESEMPIO
2
CONTRIBUENTE RESIDENTE A RIMINI REDDITO COMPLESSIVO
DICHIARATO € 14.300
Spese
puntuali da informazioni in possesso dell’Anagrafe
tributaria
(flussi strutturati) e da campagna di raccolta dati
sul territorio:
- Leasing natante € 28.000
- Assicurazione € 2.800
- Mutuo rata annuale € 18.000
- Utenze elettriche € 750
- Utenze gas € 1.100
- Contributi previdenziali volontari € 8.000
- Acquisto mini car € 7.500
- Acquisto opera d’arte € 38.000
REDDITO SINTETICAMENTE ACCERTABILE € 104.150
L’ACCERTAMENTO
DA “REDDITOMETRO”
L’Ufficio può determinare sinteticamente
il reddito complessivo del contribuente (persona fisica)
facendo riferimento altresì a specifici “elementi
indicativi di capacità contributiva”,
c.d. “redditometro”, che saranno individuati
dal MEF con un apposito Decreto che terrà conto
“anche” dei seguenti 2 parametri di riferimento:
- il nucleo familiare;
- l’area territoriale.
L’Agenzia delle Entrate ha anticipato l’intenzione
di mettere a disposizione, non solo degli Uffici,
uno specifico software che dopo aver inserito i dati
significativi determina, in maniera attendibile, il
reddito complessivo stimato del contribuente.
LA
RIDUZIONE DAL 25% AL 20% DEL PARAMETRO DELLO SCOSTAMENTO
L’Ufficio, quindi, potrà utilizzare l’accertamento
sintetico e da “redditometro”, a partire
dai redditi 2009, qualora il reddito accertato ecceda
di almeno il 20% il reddito dichiarato dal contribuente.
L’OBBLIGO
DEL CONTRADDITTORIO
L’Ufficio, che procede alla determinazione sintetica
del reddito complessivo, è obbligato ad instaurare
con il contribuente un contraddittorio.
In particolare l’Ufficio ha l’obbligo
di:
- invitare il contribuente a comparire al fine di
acquisire dati / notizie rilevanti ai fini dell’accertamento;
- successivamente, proporre l’accertamento con
adesione.
Va altresì evidenziato che a seguito delle
nuove disposizioni finalizzate all’intervento
dei Comuni nell’attività di accertamento
è previsto, in particolare, che l’Ufficio
prima di emanare l’atto di accertamento al contribuente
deve inviare una comunicazione al Comune di residenza
il quale deve rispondere entro 60 giorni segnalando
ogni elemento utile alla determinazione sintetica
del reddito del contribuente “sotto controllo”.
I
COMPENSI DEGLI AMMINISTRATORI SONO INDEDUCIBILI (?)
IL RECENTE ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Con l’ordinanza 13.8.2010, n. 18702, la Corte
di Cassazione è intervenuta in merito alla
questione della deducibilità dei compensi spettanti
agli amministratori delle società di capitali.
In tale pronuncia, emanata sulla base delle disposizioni
in vigore antecedentemente alla Riforma fiscale del
2004, i Giudici, dovendo esprimersi in merito all’individuazione
dell’anno di deducibilità delle predette
somme, si sono spinti oltre tale questione sostenendo
che:
“… i compensi degli amministratori di
società di capitali … non sono affatto
deducibili”.
considerato che:
“l’art. 62 del T.U.I.R. … non consente
di dedurre dall’imponibile il compenso per il
lavoro prestato e l’opera svolta dall’amministratore
di società di capitali: la posizione di quest’ultimo
è infatti equiparabile, sotto il profilo giuridico,
a quella dell’imprenditore, non essendo individuabile,
in relazione alla sua attività gestoria, la
formazione di una volontà imprenditoriale distinta
da quella della società, e non ricorrendo quindi
l’assoggettamento all’altrui potere direttivo,
di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito
tipico della subordinazione”.
Di fatto, poiché l’attività degli
amministratori delle società di capitali non
è equiparabile a quella svolta dai lavoratori
subordinati (il cui costo è deducibile) ma
è invece assimilabile a quella dell’imprenditore,
il relativo compenso non è deducibile dal reddito
della società.
Tale orientamento riprende quanto già affermato
dalla Corte di Cassazione nella sentenza 13.11.2006,
n. 24188 in merito al compenso corrisposto all’amministratore
unico di una società di capitali nella quale
i Giudici, dopo aver sostenuto:
• l’incompatibilità della qualifica
di amministratore unico con la condizione di lavoratore
subordinato, considerato che in relazione alla stessa
“non è individuabile la formazione di
una volontà imprenditoriale distinta, tale
da determinare la soggezione dipendente dell'amministratore
unico”;
• l’assimilazione dell’opera svolta
dall’amministratore unico con quella dell’imprenditore;
hanno sancito l’indeducibilità ex art.
62, TUIR (ante Riforma) dei compensi spettanti all’amministratore
unico di una società di capitali.
Come affermato nell’Ordinanza in esame “appare
irrilevante la circostanza che, nella sentenza citata
[13.11.2006, n. 24188], si trattasse del compenso
all’amministratore unico e non (come nella specie)
ai componenti del consiglio di amministrazione, identica
essendo nei due casi la problematica di fondo”.
CONSIDERAZIONI
La recente pronuncia della Corte di Cassazione risulta
alquanto discutibile e, sulla base di un percorso
logico-sistematico, si potrebbe ritenere che la stessa
sia il frutto di una svista. Innanzitutto l’ordinanza
in esame non appare supportata dalle norme del TUIR
né nella versione antecedente alla Riforma
fiscale, né in quella attualmente in vigore.
Infatti, come accennato:
– fino al 2003 la deducibilità dei compensi
spettanti agli amministratori delle società
di capitali era disciplinata indirettamente e si evinceva
dal rinvio all’art. 62, applicabile alle società
di persone, operato dall’art. 95. Peraltro quest’ultimo
prevedeva che “la disposizione del comma 3 dell’articolo
62 vale anche per le partecipazioni agli utili spettanti
ai promotori e ai soci fondatori”, presupponendo
l’integrale applicazione dell’art. 62
anche alle società di capitali;
– dal 2004 la deducibilità dei compensi
spettanti agli amministratori delle società
di capitali è esplicitamente sancita dall’art.
95. Per le società di persone opera ora, per
effetto di quanto disposto dall’art. 56, il
rinvio a quanto previsto per le società di
capitali.
Dal citato impianto normativo si può evincere
peraltro che la conclusione cui sono pervenuti i Giudici
sulla base della normativa in vigore fino al 2004
produrrebbe un effetto alquanto “bizzarro”
a seguito delle modifiche apportate dalla Riforma
fiscale, portando al riconoscimento della deducibilità
dei compensi degli amministratori di società
di capitali soltanto dal 2004 (in quanto espressamente
previsto dalla norma) e, specularmente, alla negazione
da tale data della deducibilità dei compensi
degli amministratori di società di persone
(in quanto non esplicitamente disciplinata). Ciò
non risulta plausibile considerato che con la Riforma
fiscale è stata modificata soltanto la collocazione
nel TUIR della norma principale e di quella di rinvio.
La discutibilità della pronuncia è rilevabile
anche da ulteriori considerazioni. Infatti:
- dall’indeducibilità per la società
di capitali del compenso spettante all’amministratore
dovrebbe discendere la non tassazione dello stesso
in capo al percettore mentre, al contrario, il TUIR
prevede l’imponibilità ex art. 50, TUIR
(art. 47 nella versione ante Riforma) dei compensi
percepiti “in relazione agli uffici di amministratore
… di società …”, senza alcuna
specificazione in merito alla natura giuridica di
quest’ultima, e pertanto a prescindere dal fatto
che l’incarico sia svolto in una società
di persone o di capitali;
- l’equiparazione all’attività
dell’imprenditore individuale risulta più
accentuata per gli amministratori delle società
di persone rispetto a quelli delle società
di capitali e pertanto non si comprende il motivo
per cui, secondo i Giudici, i compensi dei secondi
risultino indeducibili, stante la deducibilità
dei compensi degli amministratori delle sas, snc;
- il richiamo alla citata sentenza n. 24188 contenuto
nella recente ordinanza non risulta appropriato. Infatti,
la precedente pronuncia non ha sancito una regola
generale di indeducibilità considerato che
si riferiva alla diversa fattispecie dell’amministratore
unico, per il quale è stata affermata l’incompatibilità
con la posizione di lavoratore dipendente della medesima
società con conseguente indeducibilità
del compenso spettante per l’attività
gestoria.
Inoltre, va rilevato che l’Amministrazione finanziaria
non ha mai messo in discussione il principio di deducibilità,
nel periodo d’imposta di pagamento (principio
di cassa), dei compensi spettanti agli amministratori
di società di capitali, come si evince anche
dalle istruzioni al mod. UNICO SC.
Infatti, a commento del rigo RF15 del mod. UNICO 2010
SC l’Agenzia delle Entrate specifica che: “detti
compensi, ai sensi dell’art. 95, comma 5, del
TUIR, si renderanno deducibili nel periodo d’imposta
di effettivo pagamento”.
Analoga indicazione (ancorché il riferimento
normativo sia al previgente art. 62, comma 3, TUIR)
è presente nelle istruzioni alle dichiarazioni
dei redditi delle annualità antecedenti alla
Riforma fiscale.
Va infine evidenziato che ancorché gli Uffici
volessero conformarsi alla nuova interpretazione giurisprudenziale
ciò non dovrebbe avere, in linea generale,
alcuna ripercussione considerato che:
• per i periodi d’imposta fino al 2003
i termini per l’accertamento risultano già
scaduti;
• dal 2004 la normativa fiscale contenuta nell’art.
95, TUIR risulta chiara in quanto sancisce esplicitamente
la deducibilità dei compensi in esame.