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IL CASO

Stato di salute

della Sanità italiana

 

In occasione di Exposanità 2010, il Cergas dell’Università Bocconi ha presentato i risultati dell’ultimo rapporto Oasi (Osservatorio sulla funzionalità delle Aziende Sanitarie Italiane) sullo stato di salute della sanità del nostro Paese. 

Ed è un’Italia che, a conti fatti, gode di discreta salute quella che emerge dallo studio del Cergas, soprattutto se confrontato con la situazione internazionale: l’Italia ha una speranza di vita alla nascita tra le più elevate al mondo (81,2 anni nel 2006). Parte dei sostanziali progressi registrati negli ultimi anni circa lo stato di salute degli italiani è legata alle migliorate condizioni economiche e socio-culturali; ma un ruolo sempre più importante l’ha svolto, da questo punto di vista, il nostro Servizio Sanitario Nazionale, al quale si deve dare atto del costante impegno su fronti strategici quali, ad esempio, le campagne di vaccinazione contro le malattie infettive, lo sviluppo dell’offerta di servizi di emergenza e urgenza, l’attività di prevenzione per ridurre l’incidenza dei tumori. 

Il buon livello di salute trova almeno parziale riscontro nel grado di soddisfazione dei cittadini, metà dei quali (51%) promuove infatti il Servizio Sanitario Nazionale (Sondaggio Swg per Anaao, 2009). Non mancano, tuttavia, differenze significative tra le diverse aree del Paese: le regioni del Nord fanno registrare una percentuale di soddisfatti del 74%, mentre nelle regioni del Sud la grande maggioranza dei cittadini (78%) si dichiara, al contrario, insoddisfatta. 

Dal punto di vista economico, la spesa sanitaria italiana risulta del 14% circa inferiore al dato complessivo dell’Unione Europea, come risultato di un tasso di crescita medio, tra il 1990 e il 2007, di 1,2 punti percentuali minore rispetto alla media dei quindici paesi.

Considerando il periodo 2001 - 2008, il disavanzo complessivo cumulato ammontava a 32,2 miliardi di euro e la quota ancora a carico delle Regioni era pari a 22,6 miliardi. 

Ciò nonostante, il dato che più balza all’attenzione degli addetti ai lavori è che oltre il 68% dell’intero debito sanitario nazionale del 2008 è costituito dal disavanzo accumulato da sole due regioni: Lazio e Campania.

Il debito sanitario laziale 2001-2008 ha infatti raggiunto la cifra-record di 11 miliardi di euro, mentre quello campano si è attestato a quota 7 miliardi di euro. 
A seguire, altre Regioni poco “virtuose”, come Puglia, Abruzzo, Calabria, Sicilia, Sardegna e Liguria. 

A fare da contraltare a questi dati vanno fortunatamente registrate situazioni di pareggio di bilancio (o addirittura di avanzo) in altre Regioni. Nel 2008 le Regioni risultate più “brave” a gestire la spesa sanitaria sono state diverse: Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Province Autonome di Trento e Bolzano, Umbria, Marche, Piemonte, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia.

 
Come possono essere spiegati questi dati, così eterogenei e contrastanti? Va detto che gran parte della spesa sanitaria delle regioni “in rosso” è costituita da “Costi per prestazioni affidate all’esterno”, vale a dire spesa per la “Farmaceutica convenzionata”, per l’ “Ospedaliera e la specialistica accreditate”, per la “Medicina di base” e per forme di assistenza integrativa, riabilitativa, protesica. Nel bilancio della Regione Lazio del 2007, ad esempio, queste voci costituivano quasi il 50% dei Costi della Produzione complessivi. Il Lazio, con 5 milioni abitanti, nel 2007 ha speso in farmaci oltre un miliardo e trecento milioni di euro, soltanto il 20% in meno della Lombardia (1 miliardo e seicento milioni), che però conta ben 9 milioni di abitanti. Dividendo il totale della spesa farmaceutica per il numero di abitanti delle due Regioni risulta che, per ogni cittadino lombardo, la spesa è stata di 182,2 euro, mentre per ogni laziale è stata di 260 euro.

 
Al di là di tutto, e in attesa che si arrivi a confrontare le aziende sanitarie sulla base degli auspicabili “costi standard”, possiamo comunque dire che il Servizio Sanitario pubblico, appare ancora complessivamente in grado di svolgere la propria funzione, coniugando la missione con sufficiente capacità di controllo della spesa, che varia però ancora troppo sensibilmente da regione a regione. Da qui il diverso grado di soddisfazione dei cittadini, pronti a premiare o bocciare la sanità offerta nel loro territorio: più contenti lombardi,  toscani, veneti ed emiliani, molto meno laziali e campani. E’ un dato di fatto incontestabile, infatti, che i sistemi sanitari regionali efficienti dal punto di vista economico sono anche quelli nei quali è più elevata la qualità dei servizi resi all’utenza. 

 

Michela Barbiero