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Le radiografie endorali sono un indicatore affidabile

 

Osteoporosi,

prima diagnosi dal dentista

 

L’osteoporosi è uno dei principali problemi sanitari che la società moderna deve affrontare oggigiorno: questa alterazione degenerativa, caratterizzata da diminuzione quantitativa del tessuto osseo e dovuta a insufficiente elaborazione della matrice proteica delle ossa colpite per diminuita attività osteoblastica, per disturbi del ricambio proteico e/o deficiente assorbimento del calcio, può essere associata a diverse malattie, disturbi ormonali, carenze alimentari, forme ereditarie, all'assunzione cronica di alcuni farmaci e ha, a tuttoggi, un importante impatto sociale, sia in termini socio-economici che demografici.

I costi dei farmaci attualmente disponibili ed i costi per il trattamento delle fratture patologiche, spesso con postumi invalidanti, sono tali che ogni governo vorrebbe avere a disposizione un test rapido ed economico per individuare le persone a rischio.

Un tale sistema non esiste ancora, ma la ricerca in tale direzione prosegue e l’odontoiatra potrebbe, un domani, svolgere un ruolo di primo piano nella prevenzione di questa importante patologia.

Le radiografie endorali,  presidio diagnostico abituale nello studio dentistico, potrebbero essere un indicatore affidabile di rischio per l’osteoporosi. La ricerca ha infatti evidenziato da tempo come anche a livello mascellare si assista ad una perdita di massa minerale correlabile all’età e come la densità minerale ossea mascellare sia simile a quella delle ossa di arti e colonna vertebrale.

L’alterazione delle trabecole ossee potrebbe pertanto essere analizzata attraverso l’osservazione della rete trabecolare dell’osso mascellare nella radiografia endorale  odontoiatrica e l’evidenziazione di una riduzione della trabecolatura è importante visto che l’architettura del tessuto influisce sulle proprietà meccaniche dell’osso stesso.

Un metodo quindi semplice ed economico (si pensi ai costi economici e biologici per l’esecuzione di esami TC) che potrebbe essere un valido strumento per misurare il rischio di diminuita densità ossea e, magari, in un futuro prossimo, assumere anche valore diagnostico riducendo i tempi e l’impiego di risorse per lo screening di massa di una patologia di così forte impatto.

 

Silvia Sambin