Scudo fiscale, in Veneto rientrerà poco più del 3% dei 60 o 90
miliardi di euro "rimpatriati" e regolarizzati su scala nazionale. Una
cifra che oscilla dunque tra gli 1,8 e i 2,7 miliardi, equivalenti ad
un gettito che, considerata l'aliquota complessiva del 5%, sarà
compreso tra i 90 e i 135 milioni. Ma, secondo gli analisti, le somme
scudate in Veneto non corrisponderanno esattamente ai capitali"veneti" che rientreranno in Italia.
«Il cliente che intende riportare
i capitali in Italia - afferma Luigi Mennini, responsabile financial
planning di Banca Finnat - riflette sulle proprie esigenze passate e
prospettiche. "Offshore" ha trovato delle risposte ad esigenze non
solo fiscali, ma anche familiari, successorie, di assetto e
diversificazione del patrimonio. Bisogni che continuano a sussistere
anche quando i capitali sono stati rimpatriati. Sono premiati, dunque,
quegli istituti che propongono soluzioni "fiduciarie" (trust, polizze
unit linked, ristrutturazioni del debito) e che attribuiscono assoluta
importanza alla riservatezza. In realtà la quota compessiva del Venetoè più vicina al 5% che al 3%, ma una certa parte del capitale si ferma
a Milano».
La percentuale del 3%, dunque, non è "veritiera". «Certo,
le proporzioni a livello territoriale saranno simili a quelle dei due
scudi fiscali del passato (nel 2001 e nel 2003 rispettivamente 3% e
3,2%) - continua Mennini - ma anche chi, come noi, non ha filiali in
Veneto ma a Milano, si aspetta di scudare e intercettare parte dei
capitali degli imprenditori del Nordest».
Ne è convinto anche Luca
Caramaschi, responsabile del private wealth management di Deutsche
Bank in Italia. «In realtà - afferma Caramaschi - penso che i capitali
veneti siano circa l'8 o il 9% di quelli italiani, e che a questo dato
vada applicato un moltiplicatore, perchè moltre imprese di questa
regione operano all'estero. La quota delle ricchezze venete da scudare
potrebbe oscillare tra il 10 e il 15% di quelle nazionali. E' che,
come in passato, molte operazioni saranno effettuate in Lombardia,
dalle fiduciarie. E la privacy c'entra, eccome. Si tratta di capitali
che non sempre gli imprenditori hanno interesse di portare alla
conoscenza delle stesse banche che si occupano delle vicende
dell'azienda. Certo, si tratta di aprire un conto corrente scudato (i
dati non vengono comunicati all'autorità finanziaria), ma il cliente
cerca il massimo livello di riservatezza. Peraltro, non sempre lo
scudo copre la totalità del capitale esportato».
Un po' diversa è la
posizione di Alessandro Dragonetti, partner e fiscalista dello Studio
Bernoni professionisti associati. «Anche sulla scorta delle precedenti
esperienze del 2001 e del 2003 - dichiara Dragonetti - abbiamo
ipotizzato, per il Veneto, un 3,1% delle somme scudate sul totale
nazionale; percentuale indipendente dall'entità complessiva dello
scudo, che nell'ipotesi prudenziale si attesterà attorno ai 60
miliardi, mentre in quella più ottimistica dovrebbe raggiungere i 90.
Il gettito dovrebbe oscillare dai 93 ai 139 milioni di euro. E'
probabile che questa percentuale sia sottostimata, nel senso che si
riferisce soltanto ai capitali che tornano in Veneto per restarci; ci
saranno anche imprenditori veneti che effettueranno le operazioni di
rientro tramite le fiduciarie milanesi. Ma è impossibile sapere quanti
soldi o quale percentuale dei capitali veneti scudati siano destinati
a transitare o a rimanere in Lombardia. Va anche sottolineato, però,
che in Veneto esiste un rapporto molto forte tra le banche e le
imprese; e quindi il fenomeno dello scudo lombardo per i capitali
veneti non va neppure sopravvalutato».