Il Passante di Mestre visto con gli occhi delle sue
"vittime": chi non ha ricevuto niente, chi ha avuto la casa
svalutata, chi attende dune e barriere fonoassorbenti, chi non riesce
più a dormire e chi è preoccupato per le polveri sottili.
Promesse mantenute e non. Un modello che si sta replicando, e uno spaccato
su una realtà territoriale in drastico mutamento.
FELTRE - Altanon, i commercianti sul piede di guerra dopo la
decisione del consiglio comunale dell'altro ieri di dare il via al
progetto edilizio che annovera un centro commerciale di 2.050 metri
quadrati, un supermercato di 1.300, un negozio di elettronica di 1.200
e diversi palazzi.
«Abbiamo 60 giorni per inoltrare
all'amministrazione le nostre contro-deduzioni - afferma il presidente
della consulta Ascom Guido Pante - ma se non cambierà nulla
ricorreremo al Tar. Ci muoveremo a 360 gradi perché lo scempio non si
compia».
Secondo Pante ci sono diverse ragioni per opporsi al
progetto. «Come commercianti - continua Pante - sappiamo che in piena
crisi aprire centri commerciali significa pianificare la fine dei
negozi del centro. Come cittadini, ci opponiamo a questa mostruosità,
destinata a danneggiare la città da diversi punti di vista:
paesaggistico, visto che il cemento coprirà lo spettacolo della
Cittadella; turistico, perchè l'intervento rende Feltre meno
appetibile. In Europa si valorizzano le cittadine storiche; noi diamo
vita ad un quartiere anonimo isolato dalla zona vecchia».
La votazione
dell'altro ieri ha riseravato qualche sorpresa: il fronte della
maggioranza non era compatto. Il piano degli interventi sull'area è
stato approvato con 9 "sì", 7 "no" e 4 astenuti, tra cui l'Udc Andrea
Pozzobon ma anche i pidiellini Cristian Tatto, Laura De Bastiani e
Dario Bond.
Una spaccatura nella giunta di centrodestra? «No -
dichiara il sindaco, il senatore del Carroccio Gianvittore Vaccari -;
so di avere dei consiglieri responsabili, con i quali ho un rapporto
sincero». Perchè tanta opposizione al progetto? «Perchè - continua
Vaccari - molti hanno confuso il piano particolareggiato, che è
scaduto, con il Pat, che indica le volumetrie edificabili: e in base a
questo strumento urbanistico, la Pontalpi Srl (l'impresa edile)
esercita i propri diritti». Ma non si deturpa la città? «Mi fido di
quello che ha fatto la passata amministrazione - termina Vaccari -; il
progetto urbanistico è infatti successivo ad un vincolo ambientale».
Secondo Bond, invece, quella dell'altro ieri è solo una battaglia, ma
la partita è lunga e l'esito per niente scontato. «Non c'è un duello
politico con la Lega - afferma Bond -; ieri i consiglieri hanno
votato in piena coscienza e si sono assunti le proprie responsabilità
di fronte alla cittadinanza. Mi divide dalla Lega la "visione" della
città: questo intervento mi fa paura, perchè a Feltre ci sono già 800
appartamenti sfitti, e costruirne di nuovi peggiorerà la situazione».
Tra commercianti e politici spuntano anche i cittadini comuni, riuniti
sotto la bandiera di Facebook "No agli scempi architettonici a
Feltre". «Quel mostro lo chiamano "progresso" - afferma il promotore
Riccardo Sartor - ma è un "pregresso" o un "regresso": un ritorno alla
devastante tipologia edilizia anni '70. Non ne avevamo bisogno. E
anche noi stiamo preparando delle contro-deduzioni».
Una premessa: una proposta di legge stupida non è né di destra né di sinistra. E questa del senatore Franco Orsi (Pdl, la foto nella home lo ritrae) è una delle più grosse bestialità partorite dalla mano di un essere umano dai tempi degli inizi della scrittura. Anche a rovistare nei documenti del passato, bisogna tornare alla strage degli innocenti per trovare un'idea più iniqua e incolta: è perniciosa, sia per gli animali che per gli uomini. In pratica, è una liberatoria totale della caccia, e questo in un paese che vive un difficile rapporto con la natura: in passato, l'equilibrata relazione abitato-natura aveva fatto la gloria dell'Italia, diventata presto la prima meta turistica del mondo. E' grazie a comportamenti come quelli che il senatore Orsi vuole legalizzare che abbiamo perso questa posizione. E con essa un sacco di soldi: la differenza tra la prima posizione (Francia) e la quinta (Italia) significa diversi punti di pil all'anno. La Francia viene premiata perchè non ha distrutto l'ambiente, ha tutelato i centri storici, non ha accettato la politica delle seconde case e non ha coperto il territorio di cemento.
Perchè inserire questo post in una rubrica dedicata alla speculazione edilizia? Perchè alla base di progetti come quelli del senatore Orsi c'è la stessa mentalità predatoria sul territorio, la stessa ansia di distruggere e di accaparrare, la stessa volontà di prendere per sé per non lasciare nulla agli altri che ha caratterizzato leggi, leggine estive e comportamenti pubblici e privati diretti inequivocabilmente al sacco del Belpaese.
Tra le cose più pericolose del disegno di legge la previsione di un foglio rosa che permetta ai sedicenni di imbracciare un fucile. I promotori del disegno di legge, criticati sul punto, si sono difesi sostenendo che «è meglio andare col papà a sparare che andare a drogarsi». Ma il senatore non riesce ad immaginare un'attività formativa più importante che prendere in mano un fucile? Ha mai pensato, per esempio, di prendere in mano un libro? Non fa male, non morde, non ulula e non punge. I ragazzi se ne stiano a casa a studiare, vadano a fare sport o al cinema con la fidanzatina: sono certamente attività più formative che armarsi contro la natura.
A prescindere dall'adesione a questo o a quel partito, invito i lettori a boicottare questo brutto progetto. Avete ampia scelta:
Non aderisco. Sono un nemico del genere umano, non mi lavo le ascelle e darei fuoco a Palazzo Pitti.
E dopo l'appello al pubblico, quello al Senatore Orsi: si prenda una vacanza. E si porti un libro.
Altri argomenti per firmare la petizione: la lista degli orrori.
Sparisce l’interesse della comunità nazionale e internazionale per la tutela della fauna. L’Italia ha un patrimonio indisponibile, che è quello degli animali selvatici, alla cui tutela non è più interessato!
Scompare la definizione di specie superprotette. Animali come il Lupo, l’Orso, le aquile, i fenicotteri, i cigni, le cicogne e tanti altri, in Italia non godranno più delle particolari protezioni previste dalla normativa comunitaria e internazionale.
Si apre la caccia lungo le rotte di migrazione. Un fatto che arrecherà grande disturbo e incentiverà il bracconaggio, in aree molto importanti per il delicatissimo viaggio e la sosta degli uccelli migratori.
Totale liberalizzazione dei richiami vivi! Sapete cosa sono i richiami vivi? Gli uccelli tenuti “prigionieri” in piccolissime gabbie per attirarne altri. Già oggi questa pessima pratica è consentita, seppure con limitazioni. Ma il senatore Orsi vuole liberalizzarla totalmente
Sarà possibile detenerne e utilizzarne un numero illimitato. Spariranno gli anelli di riconoscimento per i richiami vivi. Sarà sufficiente un certificato. Uno per tutti!!! Tutte le specie di uccelli, cacciabili o non cacciabili, potranno essere usate come richiami vivi. Anche le peppole, i fringuelli, i pettirossi…
700 mila imbalsamatori I cacciatori diventeranno automaticamente tassidermisti, senza dover rispettare alcuna procedura. Animali uccisi e imbalsamati senza regole. Quanti bracconieri entreranno in azione per catturare illegalmente animali selvatici e imbalsamarli?
Mortificata la ricerca scientifica L’Autorità scientifica di riferimento per lo Stato (l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, oggi ISPRA) rischia di essere completamente sostituta da istituti regionali. Gli istituti regionali rilasceranno pareri su materie di rilevanza nazionale e comunitaria. Potenziale impossibilità di effettuare studi, ricerche e individuazione di standard uniformi sul territorio nazionale.
Si apre la caccia nei parchi a specie non cacciabili. Un’incredibile formulazione del Testo Orsi rende possibile la caccia in deroga (cioè la caccia alle specie non cacciabili) addirittura nei Parchi e nelle altre aree protette!
Saranno punite le regioni che proteggono oltre il 30% del territorio regionale! Norma offensiva! Chi protegge "troppa" natura sarà punito. Come se creare parchi dove la gente e gli animali possano vivere e muoversi sereni, fosse un reato!
Licenza di caccia a 16 anni. Invece che educare i ragazzi al rispetto, ecco a voi i fucili!
Liberalizzato lo sterminio di lupi, orsi, cervi, cani e gatti vaganti eccetera! Un articolo incredibile, che dà a i sindaci poteri di autorizzare interventi di abbattimenti e eradicazione degli animali, in barba alle più elementari norme europee. Basterà che un singolo animale “dia fastidio”. Un vero e proprio Far West naturalistico.
Leggi regionali per cacciare specie non cacciabili. Non sono bastate quattro procedure di infrazione dell’Unione europea, non sono bastate due sentenze della Corte Costituzionale. Il senatore Orsi regalerà a Veneto e Lombardia, ovvero agli ultrà della caccia, la possibilità di continuare a cacciare specie non cacciabili, e di farlo con leggi regionali. E le multe europee le pagheremo noi!
Caccia con neve e ghiaccio. Si potrà cacciare anche in presenza di neve e ghiaccio, cioè in momenti di grandi difficoltà per gli animali a reperire cibo, rifugio, calore.
Ritorno all’utilizzo degli uccelli come zimbelli! Puro medioevo! Le civette legate per zampe e ali e utilizzate come esca!
Ridotta la vigilanza venatoria. Le guardie ecologiche e zoofile non potranno più svolgere vigilanza! Nel Paese con il tasso di bracconaggio tra i più alti d’Europa, cosa fa il Senatore Orsi? Riduce la vigilanza!
Cancellato l’Ente Nazionale Protezione Animali dal Comitato tecnico nazionale. Le associazioni ambientaliste presenti nel Comitato sulla 157 saranno ridotte da quattro a tre. L’ENPA, storica associazione animalista italiana, viene del tutto estromessa.
Google Earth mostra la devastazione del territorio
Poco più di un anno fa, nel post La violenza al territorio avevo raccontato di come in prossimità del raccordo tra le autostrade A4 e A26 sono stati distrutti 73 ha di fertile suolo agricolo per fare posto a viali in asfalto e capannoni in cemento.
L'immagine qui sopra documenta come era il territorio agricolo "sottosviluppato" e com'è ora che le meravigliose sorti dello sviluppo sono giunte anche in questo angolo di pianura padana. Le due foto sono state tratte da Google Earth; la prima risale allo scorso anno, la seconda a qualche giorno fa. La prima immagine ritrae la situazione come era più o meno nel 2005, mentre la seconda è aggiornata più o meno all'anno scorso, ora ci sono altri due grandi magazzini uno in basso a sinistra e uno in alto.
Questo ci dice che Google Earth aggiorna, con cadenza almeno annuale, il suo database e fornisce un ottimo strumento per documentare la devastazione territoriale che si sta compiendo in Italia.
Se avete a cuore qualche angolo minacciato del nostro bel paese, cercatelo in Google Earth, e salvatevi l'immagine. Così potrete ricordarlo com'era...
Scherzi a parte, sarebbe importante se usassimo Google Earth per documentare le ferite che si stanno infliggendo alla nostra terra agricola. Queste immagini a volte valgono più di un lungo discorso.
GROSSETO. L’allarme sul consumo indiscriminato di territorio in provincia di Grosseto è stato lanciato da una relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente, l’Aea, nella quale periodicamente si analizzano le conseguenze ambientali della sovracrescita urbana in Europa [post del 9/5/2007 "Sprawl - la Maremma tocca il fondo"]. Il portale-giornale «La Sentinella di Maremma», sempre in prima linea nelle battaglie ambientaliste, ha dedicato al tema un ampio servizio, a firma dell’architetto Patrick Marini [post del 4/2/2008 "Ma che paese è questo? 15 anni dopo" vedi anche qui]. Anche perché la frazione-hinterland di Braccagni, dove nasce la Sentinella, di recente è stata presa a modello (ovviamente negativo) sull’avanzata del cemento.
Costruire meno e meglio. Tra il 1990 e il 2005, secondo l’Istat, l’Italia ha perso 240mila ettari di territorio all’anno per un totale di ben 3 milioni e 600mila ettari, quanto Lazio e Abruzzo messi insieme. Numeri che danno la dimensione drammatica dell’espansione edilizia, che in Italia convive paradossalmente con una cronica emergenza casa. Che significa? Che si costruisce tanto, ma sono abitazioni private, costose, destinate alla speculazione. In cattiva compagnia. La Maremma, in particolare, risulta tra le zone con maggior consumo di territorio in Europa. Stando all’ultimo Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente la provincia di Grosseto risulta in fondo alla classifica assieme, è vero, ad altre zone d’Italia ma sopratutto con le Province più arretrate dell’Est Europa e del Portogallo dove, a fronte di una decrescita demografica, si evidenzia una forte occupazione di suolo. Nell’Europa avanzata (Inghilterra, Francia e Germania) invece lo Sprawl (si chiama così il consumo di territorio per effetto della città diffusa) è già contrastato da leggi specifiche. Guardare a Londra. Marini, nella sua disamina, spiega ciò che qui ancora non si è capito. «A Londra - prosegue Marini - si è registrato negli ultimi 10 anni un incremento di popolazione di un milione di persone senza che venisse toccato un solo metro quadrato di green field, la campagna intorno alla città». Il caso Braccagni. Insomma, mentre i paesi avanzati, in fase di deindustrializzazione, si concentrano sulla qualità della vita dei propri cittadini, sulla preservazione delle aree verdi e sull’ottimizzazione delle risorse dei contribuenti, «a Braccagni - sono ancora parole di Marini - si va in controtendenza. In pochi anni sono raddoppiati gli alloggi senza neppure aver predisposto opportuni standard urbanistici, per non dire dei progetti di poli industriali, logistici, fieristici ancora in essere relativi alla trasformazione di 200 ettari di campagna sempre intorno a Braccagni». Madonnino da ripensare. Marini non le manda a dire. «La zona del Madonnino, in totale 200 ettari strappati alla campagna ed in fase di definitiva trasformazione, è tra l’altro un’area a vincolo idrogeologico e soggetta ad alluvioni, con ulteriore aggravio dei costi per la collettività e pericolo per le zone circostanti. Inoltre, a fronte di queste previsioni di sviluppo, non si è ancora messo in funzione il depuratore di Braccagni né si è provveduto a collegarlo con le aree dove stanno sorgendo i poli industriale, logistico, fieristico, con ormai evidenti conseguenze sul bacino idrografico del fiume Bruna». È questione di denari… Ma come mai i nostri amministratori perseguono queste scelte? La ragione è semplice. L’entrate dei comuni, anche in Maremma, fino a un anno fa derivavano, per una media del sessanta per cento, dall’Ici e dagli oneri che pagano i costruttori; il che significa che per fare cassa gli amministratori trovano conveniente dare concessioni edilizie e sprecare territorio, per poi accorgersi, magari, che il traffico aumenta, le infrastrutture mancano e, nel migliore dei casi, essere costretti a cancellare altri ettari di campagna per rimediare. «È il cane che si morde la coda» - scrive Marini. Si cancella il passato. Braccagni, dicevamo, è l’esempio eclatante di certe scelte. È un paese da sempre privo di una piazza e di un centro di riferimento, ma aveva comunque una sua storia. Dopo 15 anni di trasformazioni urbanistiche, mosse dal pensiero dominante di “Sviluppo, Progresso e Benessere” - ora non ha più forma e logica. Non solo. Marini evidenzia come si è assistito «nell’ultimo periodo allaIl cemento sta mangiando la Maremma.
Fino a pochi anni fa la cittadina di Altomonte era uno dei pochi luoghi della Calabria risparmiati dalla feroce speculazione edilizia che ha devastato il Sud annientando per sempre qualsiasi serio progetto di sviluppo turistico. Evidentemente a qualcuno la cosa ha dato parechio fastidio, perchè attualmente Altomonte è nella morsa del club del mattone: geometri di paese e cementificatori di professione. Dopo la funesta aggressione al castello, di cui abbiamo parlato mesi fa, questa volta l'ingrata sorte è toccata a piazza San Francesco. Riportiamo la denuncia di fareverdecalabria.it. D'altra parte si sa: al Sud un appaltino non si rifiuta poi a nessuno.
Con il termine di piazza in urbanistica si intende “...un luogo racchiuso all’interno di un centro abitato più largo delle strade che vi convergono in maniera che si crei uno spazio di incontro”. Nell’antica Grecia la piazza, identificata con il termine di Agorà, identificava il luogo della democrazia per antonomasia, in modo particolare di quella che oggi verrebbe definita la democrazia partecipata.
L’applicazione di quest’ultima rappresenta il dovere politico della partecipazione come fondamentale espressione di libertà in ogni momento che determina un cambiamento o l’evoluzione di una comunità di cittadini. Democrazia partecipata di cui , ahimè oggi, ci si ricorda solo ed esclusivamente in occasione delle campagne elettorali!
E’ prassi consolidata in tante parti d’Italia oltre che in tanti paesi civili dell’Europa, a cui noi apparteniamo, convocare delle conferenze di servizi ogni qualvolta si mettano in atto azioni che mirino al governo del territorio attraverso la realizzazione di opere pubbliche o di insediamenti che in qualche modo possono modificare l’assetto territoriale e gli usi e costumi dei cittadini.
Sulla falsariga della democrazia l’urbanistica partecipata evidenzia nei progetti il ruolo dei cittadini in forma libera o associata. Tale concetto di urbanistica implica per le istituzioni locali un concetto di governo del territorio teso a coinvolgerne la cittadinanza nelle sue varie sfaccettature seguendo un modello di sistema aperto, adattivo e reversibile. Ciò si ottiene attraverso l’istituzione di tavoli formali ed informali di confronto e orientamento con lo scopo di mettere a confronto interessi territoriali in forma diretta, delegando successivamente alla democrazia rappresentativa il compito di recepire o respingere le indicazioni assunte.
Tutto ciò è stato del tutto ignorato dagli Amministratori del Comune di Altomonte! Infatti, in data 4 giugno 2007 con protocollo comunale 5903, la sede provinciale di Cosenza dell’associazione ambientalista Fare Verde chiedeva, con carattere di somma urgenza, di prendere visione della documentazione inerenti i lavori in piazza San Francesco nello specifico “...circa le modalità di esecuzione dei lavori stessi, le modalità di smaltimento dei rifiuti edili, della sistemazione del verde esistente...”. Dalla Casa Comunale, a tutt’oggi, nessuna risposta: SILENZIO ASSORDANTE.
Solo una misera convocazione, a lavori ormai già avviati, per elargire sommarie ed inutili spiegazioni, senza alcuna la possibilità di un contraddittorio per la mancanza di documentazione pubblica, circa i metodi operativi, le scelte dei materiali, ecc.
Il risultato di tale abnorme procedimento è ben visibile nello scempio urbanistico compiuto in piazza San Francesco. Alla tanto propagandata bellezza architettonica e piena fruibilità della piazza, promessa nelle intenzioni degli Amministratori, si contrappone la realtà dell’intervento di riqualificazione reale che mostra un rifacimento e riassetto urbano con rimozione parziale del verde, precedentemente esistente, del monumento ai caduti e messa in posa di pietrisco sovrastante gettata di cemento.
Concepire una riqualificazione di una piazza in tal maniera risulta essere del tutto obsoleto per l’utilizzo di materiale non permeabile, di pietrisco non coerente con i colori della chiesa e con la stessa presenza di diverse tipologie di pietra classica del meridione. La caratteristica destinazione urbanistica di questa piazza pubblica, avrebbe consigliato l’utilizzo di materiali permeabili (come spesso richiesto in alte percentuali nei piazzali d’Italia) per evitare lo scivolamento delle persone in caso di piogge oltre che per evitare il dilavamento eccessivo nopnché l’obbligo della presenza di un adeguato impianto per la raccolta ed il riutilizzo delle acque pluviali.
Dal punto di vista sociale questa piazza è carente di alberatura che possa dare frescura e ristoro nei mesi più caldi ai cittadini, diventando un luogo psicologicamente di scarso interesse per la popolazione che ricerca in genere il benessere psicofisico attraverso la presenza di un luogo visivamente accogliente ed integrato con l’ambiente circostante dotato di comfort ove passare parte della loro giornata. Le poche piante presenti sono collocate apparentemente senza una logica o un obiettivo, in quanto non sono né continue né raggruppate, ma mostrano in parte la precedentemente presenza di un filare di altre piante che sono state tolte senza essere sostituite creando un “buco” nel contesto globale.
Risulta incongrua la presenza di gradini di alzate ridotte che portano alla chiesa di San Francesco e all’adiacente Palazzo Municipale.
Vista la dimensione della piazza era consigliabile l’uso della comune regola del buon costruire realizzando gradini con alzate tra i 16,5 cm ed i 17,5 cm e pedate più ampie al fine di ottimizzare la salita delle persone e non stancarle nel loro passaggio pubblico quotidiano, in quanto è dimostrato che alzate inferiori provocano stanchezza nella persona e pedate molto corte favoriscono le cadute.
Anche l’utilizzo di “colori” quali i grigi del cemento e delle pietre non appare plausibile; in genere è consuetudine usare i colori circostanti come le pietre presenti nella facciata dell’edificio principale (chiesa di San Francesco ed annesso Palazzo Municipale, edifici storici ed antichi) per uniformare e rendere meno d’impatto la presenza della piazza, riqualificando e aggraziando con colori caldi la sua unicità.
Il forte inquinamento luminoso e cromatico dato dalla non omogeneità di fonti luminose (luci a led, luci bianche, luci ai vapori, ecc.) deturpano oscenamente la facciate dei due palazzi storici che vi si affacciano: la Chiesa di San Francesco di Paola e l’annesso Palazzo Municipale rendendole oscure come oscuro è il centro stesso della piazza.
Il disegno in pianta di tale piazza si presenta a quadri, regolato da pietre squadrate e lastre divisorie, con un motivo centrale in cui è inserita in un cerchio l’ammasso delle Pleiadi nella costellazione del Toro. Anche in questo caso gli errori o sarebbe opportuno definirli orrori hanno trovato facile dimora.
Inutile chiedersi motivi e funzioni nella scelta di riprodurre tale ammasso stellare. Si tratterà della voglia di proiettarsi verso il cosmo alla fine dei compiti politici terreni per sentirsi più vicini alle stelle?
Visto l’obiettivo di riqualificare pare inopportuna la decisione di realizzare una piazza così arida e spoglia nelle sue qualità visive pratiche e decorative, quando in genere si tende ad abbellire le piazze con verde e motivi stilistici armonici nei disegni a terra.
Ancora una volta Altomonte viene oltraggiata da colate di cemento, figlie di progetti prive di qualsivoglia armonia ed utilità con le sue tradizioni, la sua storia ed il suo futuro.
Cortina, cemento e piloni in vista
La contessa Donà Delle Rose: «La tangenziale è uno scempio»
BELLUNO - Si riaccende la polemica sulla tangenziale di Cortina d’Ampezzo. Il progetto, approvato dal Cipe nel 2001 e inserito sia nel «Piano pluriennale della viabilità 2003-2012» che nel «Contratto di programma triennale 2003-2005» era finito nel congelatore con il ministro Antonio Di Pietro che l’aveva escluso dall’ambito delle opere strategiche. Ambito nel quale è tornato col nuovo governo Berlusconi, che l’ha incluso in allegato al documento di programmazione economica e finanziaria.
Il piano prevede un tracciato di 11,3 km, di cui 9,3 interrati in quattro gallerie, oltre che quattro svincoli e un viadotto a sei campate. Comporterà scavi per 1,6 milioni di metri cubi. Il costo è stimato in 441 milioni di euro, circa 40 al km, un valore doppio rispetto al passante di Mestre.
E la Regina della Dolomiti si divide, mentre prende vigore il comitato del no. «Sono favorevole al 100% al progetto - afferma Maurizio Paniz, deputato bellunese del Pdl - e mi spiace che qualcuno cerchi di affossarlo. In alta stagione ci vuole un’ora e mezza per attraversare Cortina, con alti tassi di inquinamento: è chiaro che così non poteva continuare. Inoltre qualche variazione al piano è sempre possibile, e anche il viadotto può essere ridisegnato per un minore impatto ambientale». Impatto che Paniz considera di per sé poco rilevante. «Agli amici del partito del no – conclude – dico: avete già fallito altre volte, continuate pure su questa strada».
Meno disposta all’ironia la contessa Rosanna Donà delle Rose, a capo dell’agguerrita associazione «Per il futuro di Cortina». E non fa sconti a nessuno. «E’ uno scempio – dichiara -. Cortina è un posto unico al mondo immerso in una valle incantevole. Se il progetto sarà realizzato, tutti perderemo qualcosa di irripetibile. In particolare, l’impatto del viadotto è devastante. Un vero sfregio. Bisogna anche pensare che tutte le valli che sono state attraversate da ecomostri di questo tipo hanno perso, insieme al fascino, anche il turismo». Per la contessa l’opera è inutile. «Come se l’Italia non avesse altri problemi – sbotta – che costruire pilastri di cemento in mezzo al verde». Infine, se la prende con il governatore della Regione. «Galan – termina – si è recentemente lamentato perché il paesaggio veneto è stato devastato. Ma lui dov’era? Dove viveva, in Basilicata? Di quale Regione è governatore? Io spero che alla fine prevalga il buonsenso, e che di questa opera non si parli più».
Rincara la dose Sergio Maioni, rappresentante per Cortina d’Ampezzo della stessa associazione. «Non è solo uno scempio – afferma Maioni – ma è anche un progetto rischiosissimo. A Cortina ci sono circa 325 siti franosi, per lo più fermi. Ma non mi sembra il caso di stimolarne il degrado».
Più sfumata la posizione di Enrico Valle, presidente del comitato promotore di «Cortina 2013 Per Coppa del Mondo». «Non sono contrario tout court al progetto – afferma -. E’ che non voglio vedere il viadotto coi piloni di cemento armato. Qui certe cose non si possono fare, perché la cittadina si regge sul turismo e non può essere devastata». Il progetto, dunque, per Valle può andare avanti solo con modifiche sostanziali. «Una tangenziale è necessaria – continua – perché è vero che qui in alta stagione il traffico diventa una cosa seria. Ma l’opera deve essere tutta interrata, da una parte all’altra della cittadina, senza viadotti e altri mostri. E’ una cosa che si può fare, perché oggi ci sono le conoscenze adeguate. Insomma, basta un progetto con la testa».
PADOVA—Lunghi capelli grigi che incorniciano un
volto sottile, un americano dall’inglese molto british.
Sembra un baronetto Mario Renato Capecchi, il genetista
italiano premio Nobel per la Medicina 2007, già
professore ad Harvard e poi a Salt Lake City. E a Padova
c’è venuto a prendersi la cittadinanza onoraria. E
a parlare con i ragazzi dei licei. «Vi do un consiglio - ha
affermato in una affollatissima lezione al San Gaetano-
Cercate di capire ciò che vi piace e lavorate sodo. Il
talento non basta nella vita. Siate coraggiosi, generosi
e curate il rapporto con la famiglia e gli amici. Non
temete i fallimenti: il carattere si misura nella gestione
dei momenti difficili. E siate cittadini interessati e
impegnati».
Ma il messaggio forte di Capecchi ai ragazzi suona
così: «Siate i capitani di un mondo pulito». Per lo scienziato
infatti, il mondo è in pericolo, minacciato dal
riscaldamento globale. «Dobbiamo fermare questa follia
- ha dichiarato - Ogni giorno riversiamo nell’atmosfera
70 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Il pianeta ha la febbre, e la temperatura continua a
salire. Se continua così il disastro è imminente». Per
un attimo lo scienziato sembra accalorarsi. «La calotta
polare Nord - spiega - è destinata a sciogliersi d’estate.
Questo strato di ghiaccio riflette il 90% della luce e del
calore incidente, che così finirà per riscaldare ulteriormante
gli oceani, fondendo i ghiacci della Groenlandia.
Il livello dei mari salirà di 16 metri, e 450
milioni di persone dovranno scappare dalle proprie
terre. E poi il permafrost: racchiude una quantità di
anidride carbonica pari a quella dell’atmosfera; se si
scioglie è finita».
Ma non è troppo tardi. «Serve - afferma - il coraggio
morale di agire. Si può invertire la tendenza, e solo la
vostra generazione può risolvere il problema. Non c’è
da deprimersi, ma da lanciare una sfida importante».
E Capecchi di sfide se ne intende. Orfano di padre, la
madre deportata a Dachau perchè avversa alle leggirazziali, si unisce a cinque anni ad una banda di
ragazzini di strada che sopravvivono rubacchiando.
Ma a otto anni il destino gioca una carta a suo favore.
All'età di 8 anni Mario Capecchi si trasferisce negli
Stati Uniti insieme alla madre sopravvissuta al campo
di concentramento nazista, grazie al fratello della
donna, Henry, che insegnava Fisica a Princeton. «Ho
vissuto - ha ricordato - un contrasto incredibile tra
l’Italia distrutta dalla guerra e gli Usa, dove sono
cresciuto in una comunità di quaccheri della Pennsylvania.
Ho terminato una vita e ne ho incominciato
un’altra, piena di opportunità».
Mentre la madre comincia a lavorare come interprete
negli ospedali del New Jersey e di New York, lui
studia proprio in questa città, prima di trasferirsi
nell'Ohio, dove frequenta l'università presso il piccolo
Antioch College e consegue la laurea in chimica e
fisica. Viene poi ammesso all'Università di Harvard,
dove consegue il PhD in Biofisica nel 1967, ma soprattutto
dove incontra uno degli scopritori della
struttura del Dna, James Watson, che aveva vinto nel
1962 il Premio Nobel per la medicina e che gli fece da
supervisore per la tesi.
E non ci si deve mai fare condizionare dal giudizio
degli altri. «Al liceo - racconta - i professori avevano
detto ai miei parenti che sarebbe stato meglio, per me,
non andare al College. Non ero adatto, dicevano. Non
ce la potevo fare, assicuravano. Invece ho preso tre
lauree». Ai ragazzi ha spiegato in cosa consiste la sua
attività. «Di fronte al Dna - ha affermato - siamo come
dinanzi ad un testo immenso. Col mio metodo siamo
in grado di modificare le pagine del testo, per vedere
quali siano le conseguenze e capire quale sia il significato
dei tre miliardi di lettere che lo compongono».
I pazienti del Nobel sono i topi. «E’ - ha chiarito - un
mammifero molto simile a noi: ha il 99% dei geni in
comune con l’essere umano, e ci somiglia per fisiologia e sistema nervoso centrale». La tecnica è questa:
«Inserendo nella cellula una certa sequenza di geni - ha
spiegato - il pezzo di Dna va a cercare la sequenza
identita per scambiare le informazioni. In questo modo
modifichiamo il genoma, lavorando su cellule embrionali.
Queste sono unità non differenziate, che possono
sviluppare qualsiasi tessuto del corpo. Reintroducendo
le cellule nell’embrione lo si modifica e si dà vita ad
un embrione modificato».
La lezione di Capecchi è quella di uno che ce l’ha
fatta; ma che non ha perso, col successo, il tratto umano.«Sono ancora enormi - ha affermato - le disuguaglianze
e le ingiustizie di questo mondo, che anzi si
approfondiscono. L’11 settembre ha dimostrato che la
sicurezza è un problema enorme; ma io credo che che
non possa essere risolto senza affrontare quello delle
disuguaglianze. E’ un problema complesso, ma la complessità è propria della nostra epoca».
Ma quali sono i limiti dell’attività di un genetista?«Il problema dell’utilizzo di cellule staminali - ha spiegato
- è sentito anche negli Stati Uniti, dove non si può
più far ricerca su queste unità con fondi pubblici. E’
vero che oggi si ottengono anche da fonti diverse dall’embrione,
ma questo solo grazie allo studio sulle embrionali.
In tutti i casi, non si tratta di un problema di
conoscenza, ma di scelte. Anche secondo me ci sono
attività che dovrebbero essere proibite, e le questioni
etiche le sento anche quando lavoro sui topi, ma è
chiaro che si tratta di problemi che non devono essere
trattati da piccole commissioni, ma dai grandi organismi
internazionali».
E che dire della questione della fuga di cervelli dall’Italia?«Ci sono - ha chiarito - alcuni paesi molto
importanti per l’investimento scientifico; tra questi, il
Regno Unito e la Germania. L’apporto degli Stati Uniti
è calato nel tempo, mentre cresce prodigiosamente
quello della Cina. In Italia i talenti non mancano, ma se
non ci sono quei fondi che creano le opportunità per i
giovani, chi è bravo è costretto ad abbandonare il paese,
per necessità. Bisogna creare anche qui in Italia un
ambiente favorevole alla ricerca».
(L'inkre@dibile di maggio)
GALAXY E L'AEROPORTO DI SIENA SPA
L'incredibile storia della privatizzazione del nostro piccolo aeroporto (pubblico).
IL 15 marzo p.v., termine per la sottoscrizione dell’aumento di capitale deliberato dal Consiglio di Amministrazione “Aeroporto di Siena S.p.A.”, si avvicina a grandi passi: sarà sufficiente che le quote dei soci pubblici (*) scendano di pochi punti percentuali perché l’aeroporto di Siena sia privatizzato. La maggioranza del capitale, e quindi il controllo della società, passerà nelle mani di privati.
UNA OPERAZIONE DELICATA
Un privato che prenda il controllo di una società aeroportuale è mosso da un solo scopo: il profitto. Per realizzarlo, recuperando investimenti e interessi, la società aeroportuale privatizzata non ha che una strada: espansione e potenziamento dell’aeroporto, step by step. Le vicende degli aeroporti piccoli e medio-piccoli italiani lo testimoniano: tutti hanno perdite milionarie ogni anno; tutti inseguono un impossibile pareggio di bilancio allungando piste ed incrementando voli e passeggeri.
Ecco perché bisogna fare estrema attenzione: far gestire a privati su concessione ministeriale una infrastruttura aeroportuale, che ovviamente riveste un interesse pubblico, è questione delicata.
Per questo la legge è ben chiara, e il Decreto Ministeriale 521/97 disciplina la procedura di privatizzazione di una società che gestisce un aeroporto:
la scelta del nuovo socio privato deve avvenire mediante una gara ad evidenza pubblica il cui fine è quello di rendere quanto più trasparente possibile la selezione del nuovo socio privato; di favorire la diffusione dell’azionariato e di tutelare l’interesse pubblico preminente.
la gara ad evidenza pubblica inizia con la redazione di uno schema di “invito a manifestare interesse” da inviare al Ministero dei Trasporti per l’appro-vazione. L’ invito deve contenere: gli elementi indispensabili affinché eventuali partners privati possano capire l’oggetto e le modalità della privatizzazione; come viene richiesto lo sviluppo e la gestione dell’ infrastruttura; la qualità e la quantità dell’impegno economico-finanziario richiesto al nuovo socio (indicando ad esempio in che percentuale e con che modalità il nuovo socio entrerà nella com¬pagine sociale; i tempi di permanenza nella società, etc…);
dopo l’approvazione ministeriale, l’invito deve essere pubblicato su quotidiani nazionali e sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea, in modo da garantirne una adeguata e necessaria diffusione.
QUALE, INVECE, IL COMPORTAMENTO DELLA SOCIETÀ AEROPORTUALE SENESE?
In barba alla trasparenza ed al rispetto della legge, ecco come ha operato la società:
ai primi del marzo ’07 il fondo di investimenti Galaxy, che gestisce pubblico denaro affidatogli dalle Casse dei Depositi e Prestiti italiana, francese e tedesca, ha siglato un patto in via esclusiva con la banca MPS e Aeroporto di Siena SpA;
solo quattro mesi dopo, il 28 giugno, la società ha deliberato nell'assemblea straordinaria un aumento del capitale sociale a 80 milioni di euro (astenuto il socio Aeroporto di Firenze). Un aumento di capitale che, se sottoscritto, moltiplicherebbe di 27 volte il capitale sociale, da 3 MILIONI e 375.000 euro a 83 MILIONI e 375.000 euro. Perché una tale enorme ricapitalizzazione? Quali progetti di sviluppo aeroportuale sottintendeva la società, con i cittadini di Sovicille e di Siena tenuti totalmente all’oscuro dell’operazione?
la società ha approvato nella stessa assemblea un “invito a manifestare interesse” di cinque righe, che non contiene alcun riferimento all'aumento di capitale, all’intenzione di privatizzare la società, all'impegno economico richiesto al nuovo socio, al tipo di sviluppo previsto, etc…
la società non ha mai inviato al Ministero detto invito per la necessaria approvazione prevista dalla legge, con la conseguenza che nessuna procedura di privatizzazione della società aeroportuale senese è attualmente pendente presso il Ministero dei Trasporti!
Senza avere la necessaria autorizzazione ministeriale, l’invito è stato comunque pubblicato su alcuni quotidiani nazionali, ma non sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea!
PERCHÉ È NECESSARIA L’AUTORIZZAZIONE MINISTERIALE?
Perché è un controllo volto a garantire che la procedura di selezione del nuovo socio privato avvenga, qualora l’operazione di privatizzazione sia considerata legittima, con trasparenza e correttezza formale e sostanziale, nell’interesse pubblico. E’ una garanzia volta ad evitare, a titolo di esempio, che nella privatizzazione si creino le condizioni di privilegio immotivato verso una particolare società privata, magari già in segreto accordo con gli amministratori pubblici e gli azionisti, privati e pubblici!
Detta autorizzazione doveva essere ottenuta prima della pubblicazione dell’invito a manifestare interesse, al fine di consentire il necessario controllo preventivo da parte del Ministero sui criteri di selezione del nuovo partner privato di maggioranza predisposti dalla Società; da tale controllo preventivo, in caso di esito positivo, sarebbe discesa l’autorizzazione ministeriale ad avviare la procedura di privatizzazione, autorizzazione ad oggi inesistente.
PERCHÉ QUESTA MANCANZA DI TRASPARENZA? …E PERCHÉ TANTA FRETTA?
L’omesso invio al Ministero dello schema di selezione, l’omessa pubblicazione dell’invito a manifestare interesse sulla Gazzetta Ufficiale europea, l’omessa indicazione nell’invito dell’intenzione di privatizzare e di ogni altro particolare finanziario dell’operazione, possono trovare una ragione nell’accordo preesistente tra Banca Monte dei Paschi di Siena, Aeroporto di Siena S.p.A. ed il Fondo Galaxy, risultato alla fine vincitore della selezione organizzata.
Sembra che la Società aeroportuale abbia messo in piedi “un simulacro di gara ad evidenza pubblica”, per nascondere l’intenzione di non favorire in alcun modo (come invece sarebbe richiesto dalla legge) la partecipazione di altri soggetti diversi dal Fondo Galaxy: quest’ultimo in realtà già da tempo “selezionato”.
QUALI CONSEGUENZE?
Se la privatizzazione della Società Aeroportuale Senese andrà avanti, il Ministero dei Trasporti si troverà di fronte un accordo definitivo (come si legge a pag. 41 del piano Galaxy) a seguito del quale la maggioranza del capitale sociale sarà stata privatizzata, senza che nessuna procedura di privatizzazione sia mai stata formalmente attivata e autorizzata dallo stesso Ministero!
UNA PRIVATIZZAZIONE IRREGOLARE E FRETTOLOSA È PERICOLOSA PER L’INTERESSE PUBBLICO ED I CITTADINI
La decisione di avviare uno scalo commerciale a Siena, privatizzando “Aeroporto di Siena SpA”, società che gestisce il piccolo aeroporto senese, non è stata né ponderata né partecipata dai cittadini e dalle forze sociali, mentre avrebbe dovuto essere discussa nella chiarezza, nella trasparenza e nel rispetto della legge. Al contrario, è emerso chiaramente che tutta questa operazione è stata avvolta dalla segretezza e dalle omissioni: è inaccettabile che siano state prese in questo modo decisioni che incideranno sulla nostra vita, sul nostro territorio e sulle generazioni future.
QUALI GARANZIE PUÒ OFFRIRE IL FONDO GALAXY?
Nessuna garanzia credibile: chi ha proposto un piano di 500mila passeggeri l’anno, omettendo la presentazione di un piano credibile di valutazione finanziaria, ignorando le indicazioni del Piano di Indirizzo Territoriale Regionale, trascurando le gravi problematiche ambientali relative all’acquifero del Luco, alle riserve naturali ed ai SIC immediatamente limitrofi, ha già ampiamente rivelato tutta la sua grave superficialità ed incompetenza.
Inoltre osserviamo questo: perché sentiamo parlare ancora del Fondo Galaxy quando i nostri Amministratori ci assicurano che il suo progetto (“Piano e proposta di sviluppo”) è stato affossato? Per quale motivo Galaxy resta “partner privato” anche se i criteri in base ai quali fu scelto e che hanno determinato l’esito di una gara (non autorizzata) sono completamente cambiati? Vogliamo decidere noi gli obiettivi e le strategie di gestione del nostro territorio, o dobbiamo farceli proporre da un fondo di investimenti?
QUALE FIDUCIA NEL FONDO GALAXY, NEL CDA DELLA SOCIETÀ, NELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI?
Stiamo per lasciar gestire una attività delicatissima ed un grosso pezzo del nostro territorio (invidiato nel mondo) ad un fondo di investimenti scelto senza trasparenza, senza una strategia e in base ad accordi ignoti; selezionato con una procedura irregolare sulla base di un progetto che non sta assolutamente in piedi e non dice tutta la verità. Il tutto procedendo senza consultazione, in grande ed incomprensibile fretta e sotto l’assurdo ricatto, nemmeno troppo velato, a cui siamo sottoposti in modo tracotante e falsamente allarmistico: o prendiamo Galaxy o per l’economia senese sarà recessione!
QUALE RECESSIONE? SECONDO QUALI STUDI?
Un progetto oscuro nei suoi dati economici, contraddittorio, frettoloso, oltre che estremamente pericoloso per la nostra realtà e la nostra terra.
Non possiamo avere fiducia in una operazione che è nata sotto i peggiori auspici: l’unica via è che le amministrazioni locali e la società aeroportuale RIPARTANO DA ZERO, RIAPRANO IL DIALOGO E IL CONFRONTO CON LA POPOLAZIONE.
Questo è l’unico modo che i nostri amministratori hanno per recuperare la fiducia dei cittadini, fiducia che hanno minato nel profondo con le loro stesse mani.
NOTE
(*) “Aeroporto di Siena SpA” è una società per azioni a capitale misto: i soci pubblici (Comune di Sovicille, Comune di Siena, Provincia di Siena e Camera di Commercio di Siena, Aeroporto di Firenze) detengono la maggioranza delle azioni, circa il 57%. Il socio privato, banca MPS, possiede le quote restanti.
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Villaggio Coppola: il paese abusivo
L'insediamento nasce nei primi anni '60, realizzato dalla Società immobiliare Fontana Blu di proprietà dei Fratelli Coppola. Una vera e propria città abusiva costruita su spiaggia e pineta demaniale. Per un valore di circa 100 miliardi
Un milione e mezzo di metri cubi realizzati, tre milioni di metri cubi di aree demaniali abusivamente occupate, il Villaggio Coppola è senza dubbio il più pesante e devastante intervento edilizio lungo quel mostruoso unicum urbanistico che è la costa domitiana-flegrea.
L'insediamento nasce nei primi anni '60, realizzato dalla Società immobiliare Fontana Blu di proprietà dei Fratelli Coppola. Alberghi di lusso, appartamenti, centro congressi, il silos parcheggi, otto torri di 12 piani, 15.000 abitanti previsti, 165 procedimenti penali in corso. Il tutto per un valore di circa 100 miliardi, una vera e propria città abusiva costruita su spiaggia e pineta demaniale.
Il 90% delle case, si calcola, è stato costruito abusivamente ed il 60% di queste su terreni demaniali. Nel 1995 scattano i sequestri disposti dal sostituto procuratore Donato Ceglie, inizio di una lunga vicenda giudiziaria che non ha ancora visto la parola fine.
Nel frattempo le ruspe (pagate da chi aveva costruito abusivamente) hanno terminato d’abbattere la sopraelevata del Parco Saraceno, 800 metri di asfalto abusivo che collegavano la darsena con le strade principali, mentre nel maggio del 2001 va giù la prima torre.
«Ma il progetto di recupero del Villaggio Coppola non si deve fermare - denuncia Legambiente- occorre demolire le altre sette torri abusive e dare corso al progetto di riqualificazione dell’intera area. Gli interventi per il ripristino della legalità in una zona già tanto danneggiata, passa necessariamente attraverso il rigoroso rispetto della legge sull’abusivismo e il divieto assoluto di nuove concessioni».
Fonte: La Nuova Ecologia
A tutti gli amici che mi seguono da qualche mese a questa parte ribadisco il mio impegno ad istituire il Monster Award, il premio alla peggior e più distruttiva costruzione, allo scempio più grave al paesaggio e alla cultura. Servono adesioni. Ci siete?
«Non sono i terremoti a devastare l'ambiente - ha affermato anni fa Sgarbi - è la ricostruzione». Osservando la sorte dell'antico borgo di Bella (PZ) non si può che dargli ragione.
Un castello ricostruito in stile kitch, un po' ministero, un po' carcere militare texano. Credo di non aver mai visto nulla di più raccapricciante in termini di conservazione dei beni culturali.
Ma che gli ha preso all'architetto? Chi è il genio? Chi ha potuto tanto? Era meglio lasciare le macerie, le mura sbrecciate. Quelle cose hanno un senso. Una ricostruzione del genere, invece, umilia la Storia e paralizza qualsiasi sensazione tranne il disgusto.
Io dico: si tratta del peggior restauro di tutti i tempi. Ma perché non mandare un bel tapiro all'autore? Propongo di istituire un premio: il Monster Award, dedicato a chi maggiormente devasta il paesaggio. Che ne dite?
BORDIGHERA - Incendi dolosi - a volte pure
intelligenti -, proiettili dentro buste anonime,
colpi di pistola esplosi in piena notte contro
attività commerciali, prestanome, legami
affaristici assai più forti dei vincoli
dell´ideologia. Benvenuti del ponente ligure.
Anzi, benvenuti nel selvaggio west, perché questo è ormai diventato l´estremo ponente della
provincia di Imperia.
E al centro di tutto, come
i pozzi di petrolio nel far west, c´è il cemento.
Mentre il mondo si interroga e si preoccupa
sull´innalzamento del livello degli oceani, qui,
a due metri dal mare ci si costruiscono palazzine
per vip. A levante di Bordighera c´è una baia
bellissima detta di Bagnabraghe. Sulla scogliera
quasi bianca sorgevano i resti di un ex macello,
punto di raccolta, durante la guerra, delle
famiglie ebree in fuga. Proprio per questa
ragione il luogo, grazie ad un co - finanziamento
della Ue è stato inserito in un progetto
culturale chiamato "La memoria delle Alpi". Dalla
diaspora alla colata, il passo è stato breve. La
società Lagest, con amministratore un anziano
giornalista prestanome per amicizia - come ha
dichiarato al pm Antonella Politi della procura
di Sanremo che ha in corso un´indagine per
presunti abusi edilizi - e titolari di quote
Bernardo Devia e Giuseppe Bianchi, ha iniziato i
lavori per la realizzazione di una palazzina per
dodici esclusivi alloggi, prezzo 10-12mila euro
al metro quadro. Quasi tutti sono già stati
venduti, ancora libero l´attico. Devia è un
immobiliarista con partecipazioni in 30 società.
Nel 2004 qualcuno sparò contro la saracinesca
della sua agenzia, la Domus. La stessa che fu
vittima di un insolito furto di documenti, nelle
ore successive al clamoroso arresto dell´allora
sindaco Flavio Parrini (il 25 gennaio la sentenza
del processo che lo vede accusato assieme ad
altri imputati). Due valigie di carte, rubate da
ladri che poi le abbandonarono in un cassonetto
dei rifiuti. Socio di Devia nella Lagest, è
Giuseppe Bianchi ex presidente della Camera di
commercio, potentissimo costruttore di Taggia
finito in carcere con politici e professionisti
nel corso di un´inchiesta per corruzione. Il caso
Bagnabraghe («la procedura è regolare, se hanno
commesso abusi sarà la magistratura a dirlo»
spiega il sindaco Giovanni Bosio) non sarebbe
forse mai esistito, se non fosse stato per le
segnalazioni del blog su internet della Cgil di
Imperia. E nonostante poco lontano, nel residence
Grand Hotel, abbia casa un paladino dell´ambiente come Adriano Celentano.
Il fatto è che, nel west di casa nostra, la
sinistra non è che sia molto selvaggia. La
questione morale è senz´altro servita ai tempi
delle inchieste che spodestarono, a Sanremo, la
giunta di Giovenale Bottini (prosciolto in sede
di udienza preliminare), poi è passata di moda. E
fino ad oggi, si è sentita poco anche
Legambiente, altrove bellicosa e qui cooptata nel
progetto di recupero delle aree ferroviarie della
società Area 24, di cui è diventato consigliere
Claudio Vaniglia, esponente dell´associazione.
Eppure, le suggestioni non mancherebbero. Ad
esempio, l´abbattimento dello storico ex teatro
Zeni di Bordighera. Acquistato da una società di
Piergiorgio Parodi - imprenditore che con la
figlia Beatrice è a capo di un impero con il
vento in poppa grazie alla realizzazione in serie
di mega porti turistici - era soggetto a vincoli
di Soprintendenza, che bloccavano un progetto per
appartamenti e due sale cinematografiche. Un
incendio dalle cause mai chiarite devastò il poco
che era rimasto, semplificando la pratica
edilizia. Oggi lo Zeni non esiste più, resteranno
solo alcuni fregi che la Soprintendenza ha
chiesto ai costruttori di rimontare all´interno della struttura.
Un altro incendio (altrettanto misterioso e forse"intelligente" come lo definì Oscar Marchisio,
intellettuale e candidato sconfitto, lo scorso
anno, alle primarie per le provinciali), questo
autunno ha semidistrutto Villa Sultana a
Ospedaletti, una palazzina che ospitò il primo
casinò italiano ed è anch´essa vincolata dalla
Soprintendenza. La proprietà è di una società di
Parodi, la Sapeco, in cui è amministratore anche
Fausto Moreno, consulente del Casinò. Il
consiglio comunale dell´epoca Parrini decise che
doveva trasformarsi in struttura turistica ma il
Prusst del ponente approvato dalla Regione, ha
benevolmente concesso l´utilizzo a fini
residenziali. La nuova amministrazione guidata da
Eraldo Crespi, sta cercando di forzare la
proprietà a scegliere la soluzione alberghiera,
ma il parere regionale rema contro. E poi ci sono
quei 10mila metri cubi aggiuntivi, oro colato per
il Comune, «perché serviranno ai costruttori a
pagare la sistemazione di un movimento franoso in
quella zona che per le nostre casse è troppo
oneroso». Sembra un contrappasso che queste
colline ipercostruite, per essere difese abbiano bisogno di altro cemento.
Ma il partito del mattone tende continui agguati
alla giunta Crespi. Il sindaco ha denunciato alla
magistratura i presunti tentativi di trasformare
in appartamenti le strutture turistiche che
dovranno sorgere assieme al nuovo porto di Baia
Verde, mentre i ricorsi di un comitato di
cittadini hanno bloccato al Tar un altro
ambizioso progetto, i "Pieds dans l´eau", una
palazzina appiccicata alla spiaggia pubblica. Il
progettista era quell´architetto Sergio Maiga che
ha firmato anche Bagnabraghe. Il professionista,
tra i migliori della zona ha ottime entrature a
destra come a sinistra nel sanremese, e lo stesso
dicasi per i Parodi padre e figlia. Nessuno,
infatti, ha mai speculato, politicamente, sul
fatto che Parodi sia tra gli imputati (tentato
favoreggiamento) del processo contro Flavio
Parrini. D´altronde, nel west imperiese, chi non
ha qualche vertenza da definire con la giustizia?
Carlo Ghilardi, il re delle discariche, è
indagato per usura nell´inchiesta su politica e
mattoni del pm Marco Zocco. E tanto per
confermare gli usi e costumi di queste
latitudini, nei giorni scorsi il figlio Massimo,
ha ricevuto un inquietante messaggio: otto
pallottole. Se poi si condisce il tutto con altre
inchieste in corso su varie pubbliche
amministrazioni, con un delicato filone
d´indagine dei finanzieri di Sanremo sui rapporti
tra Nordiconad e imprenditori locali che fu alla
base della nascita del centro commerciale
Shopville di Taggia, con la mezza dozzina di
roghi dolosi che hanno distrutto bagni marini e
bar, ecco che sembrano scritte ieri, e non due
anni fa, le parole di Anna Canepa, già pm
dell´antimafia: «Le vicende in cui sono coinvolti
gli amministratori di quest´area sono
preoccupanti; stanno evidenziando il sopravanzare
di gruppi imprenditoriali-politico-affaristici
inclini ad abusare del potere pubblico per conseguire profitti illeciti».
Marco Preve
(La Repubblica, 16 gennaio 2007)
Campanili a Pietrasanta
Riceviamo la segnalazione di questo nuovo video su Pietrasanta e pubblichiamo
La questione di Punta Palascia
Un progetto controverso. Un piano della Marina Militare che potrebbe devastare, per sempre, una delle coste più belle d'Italia. Una torre alta 11 metri e diversi altri edifici. Un mix di insensibilità e superbia che sembra fatto a posta per scatenare l'ira degli ambientalisti e della cittadinanza.
Nasce così il Comitato «Giù le mani da punta Palascia», che, con un appello e una imponente raccolta di firme mira ad evitare che lo scempio si compia.
Appello per Punta Palascia
Apprendiamo con grande preoccupazione l’intenzione della Marina Militare di
edificare ampliamenti della base militare di Otranto a ridosso del faro di Punta
Palascìa, in uno dei luoghi più belli e intatti della costa salentina e dell’intera costa
italiana, parte integrante ed estremamente importante del parco naturale regionale
Otranto – Santa Maria di Leuca.
Siamo convinti che questa operazione sia il frutto di una valutazione superficiale
del patrimonio ambientale locale, che costituisce una ricchezza irrinunciabile sia per la propria importanza intrinseca, sia per il valore che ha nei processi di sviluppo turistico del Salento.
Poiché ci pare assolutamente ingiustificabile una così grave offesa al patrimonio
costiero della provincia di Lecce, siamo certi che tutte le amministrazioni
direttamente o indirettamente interessate, sia civili che militari, sapranno e
vorranno evitare il gravissimo scempio preannunciato, nell’interesse della
popolazione salentina, dell’intera popolazione italiana e di tutti coloro che sanno e
vogliono continuare ad apprezzare l’assoluta bellezza del patrimonio ambientale e paesaggistico della nostra regione.
In quest’ottica, chiediamo che sia immediatamente revocato ogni intento
edificatorio nell’area di Punta Palascìa, e che si mantenga alto, nel Salento, il
livello di tutela di un patrimonio ambientale e paesaggistico che trova pochi termini di paragone e che costituisce il cardine di un importante e innovativo modello di sviluppo economico e sociale.
Fino ad ora sono state raccolte 1.500 firme
Hanno sottoscritto, fra gli altri:
Carlo ed Ennio Capasa (stilisti), Stefania Rocca (attrice), Serena Dandini
(presentatrice), Citto Maselli (regista),Vladimir Luxuria, padre Alex Zanotelli
(missionario), Roberto Cotroneo (scrittore), Domenico Starnone (scrittore), Livio
Romano (scrittore), Mario De Siati (scrittore), Dino Abbrescia (attore), Emilio
Solfrizzi (attore), Caparezza (musicista), Peppe Servillo (musicista),Giovanni
Albanese (regista), Alessandro Piva (regista), Rocco Papaleo (attore), Pippo
Mezzapesa (regista), Dario Vergassola (comico), Francesco Amato (regista),
Heidrun Schleef (sceneggiatrice), Marco Piccioni (produttore), Nico Cirasola
(regista), La Crus (musicisti), Davide Barletti (regista - Fluid Video Crew),
Folkabbestia (musicisti), Carlo Michele Schirinzi (regista), Leonardo Angelini
(location manager), Daniele Travisi (location manager), Proforma, Luigi Del Prete
(regista), Radiodervish (musicisti), Officina Zoè (musicisti),Dario Muci
(musicista), Salento Orkestra (musicisti), Corrado Punzi (regista ),Gianni De Blasi
(regista), Marzia Quartini (attrice), Federico Mello (scrittore), Biagino Bleve
(operatore culturale), Daniele Cini (regista), Raffaele Vasquez (musicista),
Marianne Cotton (attrice), Manuel Saccu (musicista), Psycosun
(musicisti),Francesco Cerasi (musicista), Fabrizio Brigante (scenografo), Marta
Marrone (scenografa),Coolclub, Vito Palmieri ( regista ), Michele D’Attanasio
(direttore della fotografia), Alberto Masala (poeta) Ippolito Chiarello (attore –
Nasca Teatri), Gabriele Benedetti (attore), Piero Rapanà (attore), Fondo Verri,
Valentina Sansò (grafica e operatrice culturale), Francesca Sansò (creativa); Cesare
dell’Anna (musicista), 11-8 Records (casa discografica indipendente), Opa Cupa
(musicisti), I venerdì 17 (musicisti), Les Troubleamours (musicisti), Punto Est
Ensamble (musicisti) Giuseppe di Gennaro & band ( Musicisti), P40 (musicista),
Dino Longo (fotografo), Claudio Longo (fotografo), Maurizio Buttazzo (fotografo),
Carlo Bevilaqua (fotografo), Fernando Bevilacqua (fotografo), Luigi Marsella (poeta).
Il cemento si è mangiato 12 milioni di ettari di verde
“È uno dei paradossi italiani: una frenetica attività edilizia, con conseguente erosione di suolo libero a fronte della cronica emergenza abitativa. I numeri sono quelli dell’Istat e sono stati rielaborati dal Comitato per
la Bellezza presieduto da Vittorio Emiliani. Dieci anni di attività e studio per denunciare la cementificazione che viaggia al ritmo di oltre 244mila ettari l’anno. «Su una cartina tratta dall’annuario dell’Istat - riporta Emiliani - il colore marrone indica le zone più edificate, il verde quelle libere dal cemento. Ebbene fra Venezia e Milano il verde è sparito, domina il marrone».
In quindici anni sono stati così erosi 3milioni e 663mila ettari, cioè una regione più estesa del Lazio e dell’Abruzzo assieme. Se si va ancora indietro nel tempo, nell’ultimo sessantennio, l’Italia si è fatta «mangiare » 12 milioni di ettari, pari a un terzo del suo territorio. Ma con un particolare: l’edilizia che si è andata espandendo nelle regioni, riguarda costruzioni destinate unicamente al mercato, dimenticando così l’emergenza abitativa nella quale versano i ceti medio-bassi. «Si tratta di speculazione - è scritto nel Rapporto del Comitato per la Bellezza - sovente nelle zone turistiche costiere e montane, di grande pregio e bellezza come le valli toscane, marchigiane e umbre. Il Paese spaesato (così il Comitato chiama l’Italia, ndr), assiste alla cementificazione scoprendo che sei milioni di abitazioni esistenti su circa 28, sono seconde e terze case, per un volume di investimenti che dal 1999 al 2005 è passato da 58 a 71miliardi di euro».
La speciale classifica delle devastazioni ambientali, stilata dal Comitato, posiziona la Liguria al primo posto. Dal 1990 al 2005 la regione è riuscita nell’impresa di edificare la metà del territorio ancora libero. Segue la Calabria e poi la Campania dove si sono perduti 140mila ettari, ma con un avvertimento: al Sud è difficile, dati gli alti picchi di abusivismo, fare stime attendibili. In Veneto per ora, si salvano i colli Euganei, protetti dal parco regionale, in Sardegna la giunta Soru cerca di correre ai ripari, nel Lazio l’Agro Romano rimane sotto assedio. Insomma l’edilizia residenziale è volano per l’economia, incoraggiata dai Comuni che così fanno cassa, anche se domanda e offerta di case non si incontrano.
Gli undici milioni di italiani che vivono in affitto, sembrano ignorati dalla politica che da anni ha deciso di non investire nell’edilizia economica o convenzionata. In Europa, nella classifica per disponibilità di alloggi, l’Italia è fanalino di coda con 19 appartamenti in affitto su 100. Solo Spagna e Irlanda fanno peggio nelle politiche abitative. In Inghilterra il31%delle case è in locazione, in Francia il 38%, in Olanda siamo al45%per arrivare ai picchi della Germania dove il 55% degli inquilini paga l’affitto. Il governo Prodi ha varato è vero un piano casa da 550 milioni di euro,ma il rischio, avverte il Rapporto è di trovarsi di fronte «al solito acquisto di alloggi nuovi già costruiti da destinare alle migliaia di famiglie sfrattate», cioè inseguire una situazione piuttosto che programmare degli interventi. In questo contesto, speculazioni e crack finanziari a parte, l’indebitamento bancario per comprare casa si è gonfiato dai 41 miliardi di euro del 1997, agli 80 del 2000 per arrivare ai 160 miliardi di euro nel 2004. Di fronte a questa contraddizione che colpisce contestualmente il paesaggio naturale, agrario, storico e le classi meno abbienti, il Rapporto avanza alcune proposte per fronteggiare emergenza abitativa e ambientale: «Occorre agevolare massicciamente - si legge - il restauro e il recupero dell’edilizia già esistente, togliendo ai Comuni la delega alla tutela del paesaggio accordata loro da alcune regioni». Il rischio altrimenti, è di azzerare anche l’industria turistica della quale si tenta il rilancio e che dà occupazione a milioni di persone. Un affare che non conviene a nessuno, dunque, tranne alla speculazione immobiliare”.
In Italia, anche a seguito di sciagurate leggi sull'ambiente, il paesaggio e i monumenti sono sempre più a rischio.
L'Italia possiede un patrimonio culturale talmente imponente che, se non fosse sommerso dal cemento, potrebbe richiamare milioni di visitatori in più in località che sono scomparse dalla cartina geografica del turismo internazionale.
L'interesse pubblico all'ambiente, alla cultura, all'integrità del paesaggio soccombe, in questo paese, dinanzi a quello privato di palazzinari e speculatori. E' arrivato il momento di reagire.
Il castello di Altomonte è il simbolo di una lotta che pochi coraggiosi hanno intrapreso contro poteri forti.
Firma anche tu la petizione perchè lo scempio non si realizzi, e perchè la cultura prevalga sull'interesse privato.