Le nuove strategie di Schneider Electric

schneider electrics foto mdfNel percorso di trasformazione digitale, un'azienda può avere interesse ad agire non solo sul fronte dell' automazione o su quello dell'interconnessione, ma anche su quello, ad esempio, del consumo energetico del building, o su quello di soluzioni di edge control. Una piattaforma interoperabile e aperta, come EcoStruxure™, consente di affrontare la sfida di Industria 4.0 sotto diversi profili. Mettendo insieme soluzioni strutturate a tre livelli: IoT e prodotti connessi, controllo locale e analytics. Declinazioni della piattaforma sono state illustrate a Sps Parma, la fiera dell'automazione, da Schneider Electric, multinazionale francese (guidata da Jean-Pascal Tricoire e quotata su Euronext) che sviluppa soluzioni e tecnologie connesse per gestire energia e processi. Per esempio, EcoStruxure™ Machine Advisor, sistema che consente ai produttori di apparecchiature originali di tracciare, monitorare ed eseguire da remoto diagnostica evoluta sulle strumentazioni. È stata anche presentata una "fabbrica a cielo aperto", composta da soluzioni per lo smart manufacturing interconnesse, software, e analytics. Ne abbiamo parlato con Massimo Merli, Vice President Industry Italy della multinazionale, e con Antonio Marra, Marketing Manager Edge Control della stessa azienda.


Mitsubishi: dati e robot su misura

mitsubishi copia digitale standDati, sì. Lo si sente ripetere dappertutto: sono il nuovo petrolio, il nuovo oro, la nuova moneta. Ma in concreto, una piccola azienda manifatturiera ha veramente interesse ad elaborare milioni di informazioni provenienti dalle macchine interconnesse? Non rischia l'overshooting e la possibilità di spendere migliaia di euro a vuoto, per funzioni che non saranno mai applicate in una Pmi, anche a seguito della carenza di competenze? Meglio selezionare i dati alla fonte, dice Mitsubishi Electric. Meglio definire e concordare quelli giusti, quelli che servono, e inviarli a sistemi di gestione locali o sul Cloud e, soprattutto, farlo nel modo più efficiente e sicuro, come permesso dal modulo MES IT di Mitsubishi Electric. Secondo la filosofia del colosso giapponese, bisogna guardare a ciò che serve al fine di fare efficienza, e questo discorso vale anche per i robot. Ora non si parla d'altro che di robot collaborativi. Ma servono veramente, in contesti dove la produttività è essenziale? Meglio selezionare il tipo in base alle specifiche applicazioni, magari ricorrendo anche a modelli industriali, che possano assumere funzioni collaborative con semplici modifiche, come il robot Melfa SafePlus Airskin. Stessa visione per quanto concerne iQ Monozukuri, librerie che consentono di operare direttamente sul firmware di una Cpu motion al fine di poter semplicemente parametrizzare cinematiche diverse. Ne abbiamo parlato ad SPS IPC Drives Italia (la fiera dell'automazione di Parma), con Gianmichele Piciocco, Marketing Manager South EMEA di Mitsubishi Electric Div. Factory Automation.

I segreti di Mindsphere, il mondo dell’industria fatto funzionare da Siemens

iot pixabay«L'Internet delle cose – ha affermato tempo fa Edewede Oriwoh, dell'università di Bedfordshire – non è un concetto; è una rete, la vera rete abilitata dalla tecnologia di tutte le reti». È proprio questo il punto. E ciò, in un certo senso, è ancora più "vero" quando, come Siemens, sei il primo automation provider del mondo, con oltre trenta milioni di sistemi installati, che vanno collegati per carpire dati preziosi per il business; così apprezzati da costituire una nuova moneta di scambio sul web, una valuta silenziosa che sta soppiantando dollaro ed euro. Ma come realizzare tutto questo? Con MindSphere, un sistema operativo in cloud per IoT del tipo platform as a service: in pratica, da una parte serve a connettere le macchine presenti in azienda; dall'altra consente a partners di sviluppare app a disposizione di tutti i player protagonisti dell'ecosistema Siemens. Quanto ai servizi offerti dalla piattaforma, sono tra i più diversi: dagli indicatori di performance al monitoraggio da remoto, fino alla manutenzione predittiva. Peraltro, è nata in Germania MindSphere World, associazione che ha lo scopo di promuovere l'utilizzo e il posizionamento a livello mondiale di MindSphere. Già, perché Mindsphere è lo strumento grazie al quale Siemens ispira gli standard, i metodi di lavoro, le strategie di una parte importante delle aziende manifatturiere di tutto il mondo. 


Cisco e la nuova strategia Webex

cloud pixabayLa parola è "WebEx". Che si declina in WebEx Meetings, soluzione che permette di fare riunioni con partecipanti remoti; WebEx Teams, evoluzione di Cisco Spark, uno spazio collaborativo per lavorare anche in modo asincrono; e infine WebEx Calling, che nasce da Spark Calling ma che sta integrando le funzioni di Broadsoft, azienda acquisita di recente. Le finalità della mossa di Cisco, appena annunciata, sembrano chiare: più integrazione, più servizi, più semplicità di utilizzo da parte dell''utente. Intanto, uno studio di Gartner's rivela che la multinazionale, nel settore, è prima in classifica; sia in generale che negli scenari di dettaglio. Peraltro, sarà possibile, con WebEx Share, fare di una vecchia tv uno strumento di collaboration; e intanto l'intelligenza artificiale avanza al passo serrato, con soluzioni che eliminano i rumori di fondo. Ne abbiamo parlato con Michele Dalmazzoni, collaboration and industry digitization leader di Cisco Italia; Enrico Miolo, Cisco collaboration specialist e Enrico Mercadante, responsabile di Cisco per l'innovazione, le architetture e la digital transformation per l'Italia.

Industria: ma cos’è questa crisi?

industriaDue le emergenze in tema di crisi aziendali. Anzitutto, la riforma delle discipline del fallimento e dell'insolvenza. I naufragi delle imprese vanno "anticipati" risolvendo i problemi prima del peggioramento della situazione. Un Ddl, indirizzato a tal fine, era stato approvato dal Senato nell'ottobre del 2017, e delegava il governo a mettere mano in materia; ma ora l'esecutivo Gentiloni non è più in carica. Poi, un fondo contro le delocalizzazioni, con il ritorno del ruolo centrale dello Stato nello sviluppo dell'industria. Finalità: creare aziende più grandi, in grado di competere nel mercato globale. Anche qui, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda aveva annunciato iniziative in questa direzione, prima della caduta del governo. E' un dato di fatto che sono ben 162 i tavoli di crisi aziendale aperti al Mise; attualmente, c'è in gioco il lavoro che dà da vivere a 180 mila persone. Un panorama che non è destinato a cambiare in tempi brevi. Certo, è finita la crisi massiva, epidemica, ma resta quella selettiva ed endemica, che alligna nel vasto bacino di aziende stremate da un decennio di congiuntura sfavorevole. Quindi non solo Alitalia, Almaviva, Alcoa, Ilva: la crisi pesca nel 60% delle imprese, quelle "galleggianti", e nel 20%, quelle "spiaggiate". Ne abbiamo parlato, per una prima analisi sull'argomento, con il docente di economia dell'industria di processo alla Sapienza Riccardo Gallo e con l'ex senior executive vice-president del settore componenti a livello mondo di Electrolux nonché ex direttore scientifico del Master della Business school Cuoa Maurizio Castro.

Var Group: risposte chiavi in mano alle sfide di Industry 4.0

industria.4.0La trasformazione digitale non riguarda solo una o più funzioni dell'azienda. È un movimento pervasivo che concerne l'organizzazione nella sua interezza, nonché l'ecosistema che sta attorno all'impresa. Uno schema grafico, presentato alla "Convention Var Group Made in Italy 4.0" di Riccione dà conto della complessità del fenomeno, e assieme delinea gli obiettivi di Var Group, un system integrator che offre soluzioni end-to-end a una platea di imprese che in Italia si calcola in oltre seimila fra clienti e partner. Per rispondere ad una sfida così articolata, l'azienda di Empoli (Firenze, circa 300 milioni di fatturato, vedi Industria Italiana qui ) punta a proporre un'offerta sempre più ampia di soluzioni innovative. Ma non basta. Le imprese devono procedere alla riqualificazione di chi già lavora, dotando il personale di nuove competenze digitali. Anche perché in Italia si assiste allo skill-mismatch e cioè alla non corrispondenza fra formazione e posto di lavoro, come ha ricordato il direttore di Industria Italiana Filippo Astone. La strada giusta, secondo il gruppo Var, è quella intrapresa da Bonfiglioli, grossa realtà manifatturiera di Calderara di Reno che è stata in grado di integrare education e nuove tecnologie. E poi, il riferimento di Var è costituito dalle medie aziende; e non solo da quelle rientranti nel cosiddetto Quarto Capitalismo (familiari, ma in grado di combinare flessibilità, innovazione e proiezione globale), ma anche – come ha spiegato l'ad di Var Group Francesca Moriani – «quelle che hanno bisogno di un sostegno più forte».


Macchine e sistemi per l’assemblaggio: foto di gruppo a sfondo Industry 4.0

sistemi assemblaggioSotto la spinta di clienti più robusti, spesso colossi dell'automotive, le aziende del comparto dei costruttori di macchine e sistemi per l'assemblaggio hanno adottato tecnologie meccatroniche e digitali. Anche prima del Piano Calenda; ma più in funzione del prodotto che del processo, appunto per rispondere alle esigenze della committenza. Ma, nelle aziende di settore, resta il problema delle formazione: le imprese denunciano l'assenza completa di competenze di analytics, che andrebbero invece accoppiate a quelle in campo meccanico. E poi, per aziende piccole e medie, resta aperta la questione dei tempi di implementazione delle tecnologie 4.0. Troppo lunghi, lamentano. Così, chi ha investito, anche in nuovi impianti, non sempre è del tutto ritornato nella spesa, e questo incide sulla redditività. Lo si legge nella ricerca "Analisi dei fabbisogni tecnologici del comparto macchine di assemblaggio. Automazione. Digitale. Fluid Power", realizzata dal Politecnico di Milano in collaborazione con Sps Ipc Drives Italia, fiera dell'automazione e del digitale (legata al gigante tedesco Messe Frankfurt) e con le associazioni di categoria Aidam, Anie Automazione e Assofluid. Sono stati analizzati i bilanci (del decennio 2007 e 2016) di 34 aziende, di cui 6 classificabili come Media Impresa e 28 come Piccola Impresa. 

Smart City/1: l ‘Italia é vergognosamente indietro, ma ora, forse….

digitalizzazione pixabayNon c'era dubbio che Tokyo e Singapore intraprendessero la strada che porta alla smart city, ecosistema urbano dove soluzioni digitali consentono l'ottimizzazione dei servizi pubblici. Era ed è, in un certo senso, nel Dna di megalopoli innovative. Ma grazie a una ricerca di Roland Berger ("Smart city, smart strategy", condotta a livello globale su 87 città) si scopre che in realtà anche centri europei di medie dimensioni come Malaga e Santander sono sulla strada giusta – un percorso che significa investimenti, ricerca e posti di lavoro. E in Italia? Si avanza a macchia di leopardo. Due le ragioni, alla base del ritardo accumulato dal Belpaese. Anzitutto, la smart city richiede un impegno a medio e lungo termine, e la classe dirigente italica fatica a promuovere avanzamenti i cui frutti (politici) potrebbero essere riscossi, dopo un po' di anni, da qualcun altro. E poi c'è il problema del ritorno degli investimenti privati. Ovviamente questi agiscono se c'è un tornaconto; e attualmente, è difficile reperirne uno. Per Fabio Florio, Business development manager in Cisco Italia, il gruppo guidato dall' ad Agostino Santoni, un'idea sarebbe quella di mettere a disposizione dei privati i dati raccolti dalle Pubbliche Amministrazioni grazie alle nuove tecnologie. Le informazioni, si sa, sono la moneta dei tempi nostri. La ricerca, peraltro, individua i principali fattori di successo per dar vita ad una smart city: per esempio, cittadini e imprese sono stati coinvolti proattivamente e consultati regolarmente; e sono state istituite unità di pianificazione e di coordinamento delle iniziative.

Ma che senso ha parlare oggi di 4.0? E a che cosa servono le associazioni di categoria?

industria.4.0La necessità di arricchire i prodotti con tecnologie non ancora implementate da singole aziende ma sviluppate da altre imprese di comparto, impone il ripensamento delle filiere e del ruolo delle associazioni industriali di riferimento. Le competenze proprie di un certo settore vanno codificate e certificate: in questo senso, il Know-how assume una dimensione di sistema. Queste attività di definizione, regolamentazione e garanzia costituiscono dunque il nuovo compito delle associazioni che, come Aidam, Anie Automazione e Assofluid, hanno partecipato ieri all'evento di presentazione dati "Analisi del fabbisogno tecnologico del comparto macchine per assemblaggio", organizzato a Bergamo da Sps Ipc Drives Italia, la rassegna dedicata all'automazione e al digitale (legata al gigante tedesco Messe Frankfurt) che si terrà a Parma dal 22 al 24 maggio. È emerso, peraltro che occorre più coesione tra le componenti delle filiere, perché c'è di mezzo una competizione sempre più serrata tra territori. Il know-how non è solo il valore più importante dell'azienda: deve assumere una dimensione di sistema Questo significa che le competenze proprie di un certo settore vanno codificate e certificate. Questo è il nuovo compito delle associazioni industriali di categoria. Anzitutto, Domenico Di Monte, di Assofluid, ha fatto il quadro dell'associazione che presiede. 

Smart City/2: le strategie di Cisco per aggredire le città italiane

digitalizzazione pixabayDopo il Friuli -Venezia Giulia, Palermo, Perugia e Milano, altri due enti territoriali hanno deciso di farsi smart, e di porre l'innovazione al centro dei loro sistemi. Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, il sindaco di Genova Marco Bucci e l'ad di Cisco Italia Agostino Santoni hanno siglato due protocolli di intesa espressione di Digitaliani, il programma di investimenti che gigante globalizzato del networking e dell'IT ha lanciato in Italia per accelerare la digitalizzazione nel nostro Paese. Uno riguarda il consolidamento dei data center della pubblica amministrazione a livello regionale, con soluzioni di disaster-recovery; l'altro un'infrastruttura per offrire connettività di rete wi-fi in un Museo e nel parco circostante. In realtà, tutti gli accordi ripetono elementi strategici comuni che discendono da Digitaliani: education, innovazione e sperimentazione. In generale, un limite attuale alla proliferazione delle smart city è invece nella carenza di finanziamenti: le pubbliche amministrazioni sono a corto di budget, mentre i privati sono disposti ad aprire il portafoglio in vista di un tornaconto. C'è chi pensa che per stimolare l'investimento dei privati, occorre che i dati vengano messi a disposizioni dei questi. Ne abbiamo parlato con il Business development manager in Cisco Italia Fabio Florio.

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