Quando un’azienda manifatturiera deve investire in manifattura additiva? Trend e settori industriali

manifattura additivadi Marco de' Francesco ♦︎ L'additive manufacturing è la tecnologia migliore per realizzare pezzi e componenti di complessità geometrica non convenzionale: riduce tempi, costi e la necessità di adattare lo shopfloor. I comparti maggiormente interessati? Aerospace (alleggerire ed evitare processi di giunzione), automotive (prototipazione e segmento premium per personalizzazione), racing, biomedicale, gioielleria. Linea produttiva Cim4.0: le aziende sperimentano le loro applicazioni sull'AM. Prima Additive, Roboze, Sisma, 3NTR, BeamIT, Abb, Tenova, Streparava, Camozzi, AdditiveItalia, Eos, GeAvio, Marposs, Omera, Renishaw: sono tanti i player in Italia. Ne parliamo con Luca Iuliano, Presidente CIM4.0. Quando un'azienda manifatturiera deve investire in manifattura additiva? "Complexity for free" è la formula che spiega il successo dell'AM a livello globale – che infatti cresce a doppia cifra e ha raggiunto l'anno scorso quota 15 bilioni di dollari di fatturato. Ci sono settori industriali che realizzano pezzi e componenti di complessità geometrica non convenzionale: ecco, è qui che l'AM interviene validamente, per far sì che i tempi e i costi di produzione siano svincolati da questa problematicità, e riducendo al contempo la necessità di adattamento dello shopfloor. L'AM, cioè, è un grande semplificatore, ma va integrato correttamente nei processi senza pensare che possa sostituire del tutto la produzione convenzionale, che risponde invece ad esigenze quantitative che poco hanno a che fare con l'AM.

 

Con Sanmarco Informatica la softwarizzazione della manifattura è… rock!

softwaredi Marco de' Francesco ♦︎La società di sviluppo software e consulenza realizza soluzioni digitali integrate per la riorganizzazione dei processi aziendali: IoT, Erp, Mes, e-commerce, Crm, instant intelligence, supply chain collaboration. Investe un quinto del fatturato - 42,6 milioni - in attività di R&D. Cpq Quotes: configuratore commerciale. Jmes: monitoraggio risorse produttive e controllo avanzamento ordini. Aps: pianificazione e schedulazione produzione. Scc: ottimizzazione catena dei fornitori. Ne abbiamo parlato con Giuliano PogliaghiCom'è noto, uno dei trend che stanno attraversando la manifattura è la "continuità digitale": occorre dar vita a flussi di dati disponibili a tutte le funzioni dell'azienda, superando l'isolamento delle informazioni che è tipico dei silos dipartimentali. I vantaggi della digital continuity sono considerevoli, come ad esempio il controllo effettivo della produzione, delle spese, del magazzino, della documentazione o come la sincronizzazione del lavoro o la riduzione del time-to-market.

 

Alberto Clò: la crisi energetica? È frutto dell’ambientalismo fanatizzante della Commissione Europea! L’industria si ridimensionerà

crisi energetica pixabayNon cambierà stagione: il lungo inverno della crisi energetica è destinato a durare da un lustro ad un decennio. In questo periodo, il patrimonio industriale italiano sarà ridimensionato, perché perderemo per strada tutte quelle aziende i cui costi di produzione (sospinti da quelli energetici) le renderanno non competitive nel contesto globale. Quanto alle soluzioni, come gli acquisti di gas da Paesi come l'Algeria o l'Azerbaijan, o come l'incremento della quota green, non sono destinati a coprire la perdita del metano russo. Servirà il razionamento, che toccherà i consumi domestici, dal momento che le aziende stanno già pagando per questa situazione: il governo si presenti in Tv e dica agli italiani che il momento è cupo, e che sono chiamati a fare la propria parte. Tutto questo lo pensa Alberto Clò, economista, accademico, e già ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ai tempi del governo tecnico di Lamberto Dini (1995-96). Negli Anni Ottanta è stato membro del Cda di società quotate come Eni, Finmeccanica, Snam e Italcementi, e ha diretto la rivista Energia, fondata insieme a Romano Prodi.

Great Wall Motor sbarca in Italia! Grazie a elettrificazione, technology for money e…

the-next-ora-catÈ tutto pronto per lo sbarco di Great Wall Motor (Gwm) in Italia: avverrà nel primo semestre del 2023. Lo conferma Vittorio D'Arienzo, direttore della pianificazione del prodotto in Europa del carmaker cinese per entrambi i brand coinvolti, "Ora" e "Wey". Infatti, dopo la discesa in campo nel più importante mercato europeo, quello tedesco, la casa automobilistica di Boading (140 chilometri a Sud di Shanghai) – public company quotata ad Hong Kong, 29 miliardi di dollari di fatturato, nonché il più importante costruttore di Suv in Cina, presenza in 60 Paesi (molti dei quali "in via di sviluppo"), 11 milioni di veicoli venduti dall'anno di fondazione (1984) – ha come target gli altri quattro Paesi dei Big Five del Vecchio Continente: Regno Unito, Francia, Italia e Spagna. Nel complesso, "l'invasione europea" è un'operazione al passo serrato, ma ponderata e definita negli scorsi tre anni. Quanto alla strategia, si fonda su due pillar – tenendo presente che il campo di battaglia è quello dei segmenti lifestyle e premium.

Un tema di enorme rilevanza industriale: dubbi scientifici sulla responsabilità umana (Co2) per il riscaldamento globale

bugie pixabaydi Marco De' Francesco ♦︎ Intervista a Uberto Crescenti, geologo, tra i promotori della petizione "Non c'è emergenza climatica", firmata da numerosi studiosi (tra cui Franco Prodi). I cambiamenti climatici (già verificatisi molte volte nella storia) sarebbero provocati solo da fattori solari e geologici. Le azioni di contenimento della Co2 intraprese a livello Ue: un effetto pressoché nullo, pur con costi economici e sociali (fra cui il recente aumento dell'energia) enormi. I grandi interessi della speculazione finanziaria. E se i cambiamenti climatici non avessero niente (o molto poco) a che vedere con le emissioni industriali e con l'impatto antropico? E se il clima in passato – al tempo dei Romani, o nel Medioevo – fosse stato più caldo di quello attuale, senza però il verificarsi della fase catastrofica irreversibile associata da taluni al riscaldamento globale? E se l'immane sforzo economico (uno sforzo pieno di rischi per l'economia, l'occupazione e financo per la sostenibilità sociale) per la decarbonizzazione e per la trasformazione green dell'industria, del building, dei trasporti non fosse pienamente giustificato? Se non avesse un solido fondamento scientifico? Rimanendo nel dibattito italiano, non sarà facile rispondere a queste domande: il gruppo di scienziati aderenti ai report dell'Ipcc (panel intergovernativo sul clima che fa dell'impatto antropico un dogma) non ha accettato la sfida di altri studiosi che non la pensano come loro.

Supply chain integrata per l’industria manifatturiera? Sì, con patti di Filiera e autonomazione. Con Ey

supply chain pixabaydi Marco de' Francesco ♦︎ Le mutevoli condizioni di contesto richiedono una catena del valore capace di adeguarsi autonomamente. Tramite due pillar. Patti di Filiera: integrale e reciproca visibilità, per tutti gli attori, dei dati sullo stato del magazzino e di quelli sulle previsioni di vendita. Autonomazione: sistema integralmente softwarizzato. Il problema delle competenze e il ruolo di EY nel Cluster Fabbrica Intelligente. Uno dei grandi obiettivi dell'industria manifatturiera, soprattutto a seguito delle "disruption" in tempi di epidemia, è la realizzazione di supply chain integrate, competitive e resilienti. Filiere capaci di adeguarsi autonomamente alle mutevoli condizioni di contesto, determinate, ad esempio, dalle violente oscillazioni della domanda e dei costi delle materie prime. Come raggiungere, in Italia, questo importante obiettivo? Occorre perseguire una strategia di filiera che contempli due pillar fondamentali.

La transizione green? Un suicidio industriale! Che fare?

transizione green pixabaydi Marco de' Francesco ♦︎ L'Europa non può sostenere questa trasformazione perché mancano capitali e materie prime. Di cui abbonda la Cina, che venderà i suoi beni finiti a prezzi inferiori. Le soluzioni? Re-manufacturing e de-manufacturing, investimenti in r&s e mappatura delle risorse. Ma la Commissione deve aspettare che il progresso tecnologico sia reale, o si rischia la morte di intere filiere. Ne parliamo con Flavio Tonelli. Sulla Transizione Green occorre un bagno di realismo. Di per sé la decarbonizzazione, l'energia pulita, l'auto elettrica – sono tutti fenomeni potenzialmente positivi, che non possono che migliorare il mondo in cui viviamo. Potenzialmente, però: è la modalità, la strada imboccata dalla Commissione Europea a renderla deleteria, ai limiti del suicidio industriale. Travolto da una visione messianica e salvifica, l'ente guidato da Ursula Von Der Leyen ha trascurato di accertarsi che esistessero le basi, i fondamentali per una simile transizione: le materie prime – ad esempio i metalli per le batterie green ma anche le terre rare per i dispositivi high-tech – e i capitali. Per poi scoprire che delle prime (soprattutto le terre rare) non c'è traccia nel Vecchio Continente, e che quanto ai secondi nessun Paese europeo ne dispone abbastanza – visto che solo per l'Italia si parla di trilioni di euro.

La partita di Lutech per la continuità digitale della manifattura

lampadinaUno dei passaggi cruciali per le aziende manifatturiere è la "continuità digitale". La semplice convergenza tra IT e OT, tra apparati informatici e le operation, non basta più: occorre dar vita ad un flusso di dati disponibile a tutte le funzioni dell'impresa, superando l'isolamento delle informazioni tipicamente storicizzato nei silos dipartimentali. Questo flusso è utile di per sé per la singola attività: ad esempio, grazie alla continuità digitale gli ingegneri hanno accesso alle stesse versioni di progettazione su più domini, e questo consente loro di dar vita ad un lavoro sincronizzato, circostanza che permette peraltro una riduzione del time-to-market. Ma informazioni di natura ingegneristica, così come quelle attinenti al ciclo vita del prodotto, possono trovare utilità in fase di ingaggio del cliente, o per assumere decisioni strategiche. Ovviamente, ciò non si realizza con un solo prodotto, ma con "soluzioni" che mettono insieme più tecnologie. È questo il nuovo lavoro dei system integrator; ed è per questo motivo che Lutech, tra i leader dell'IT in Italia, che dal 2021 fa parte del portafoglio di Apax – tra i più rilevanti fondi al monto nell'ambito dell'Hi-Tech – e che agisce su scala globale con 3mila professionisti, 466 milioni di fatturato e più di 100 partner tecnologici, è impegnato in questa partita.

L’universo complicato delle sanzioni internazionali: come districarsi? La testimonianza Thales

sanzionidi Marco de' Francesco ♦︎ L'azienda che stringe rapporti commerciali con Paesi oggetto di misure da parte di Ue o Usa deve attenersi alla compliance: tramite il risk assessment identifica il livello di rischio atteso. E su questa base stila la due diligence, che ha funzione pre-contrattuale. La "sanction clause"e il dual use. Quando il rapporto è in essere, ma le sanzioni non ne consentono lo svolgimento: la forza maggiore. Ne abbiamo parlato con Flavio Petrilli (Thales Italia) nel corso dell'evento "Contratti internazionali di fornitura di impianti – L'industria italiana alla prova delle nuove sfide" organizzato da RP Legal & Tax. Un tema di grande rilievo e attualità è quello delle aziende manifatturiere italiane – per lo più impiantisti e componentisti – che intendono intraprendere rapporti commerciali (o che hanno già contratti in essere) con imprese di Paesi oggetto di sanzioni internazionali e altre "misure" da parte dell'UE, degli Usa, del Regno Unito e di altri Stati. Sono molti i Paesi che sono nella "lista nera" delle democrazie. Si pongono due problemi distinti.

Oltre la prototipazione: la strada di Arduino verso la produzione in serie

adriano chinello-2Alla manifattura servono microcontrollori industriali centralizzati, sensorizzati, dotati di sistemi di visione, oltre che di intelligenza artificiale e di machine learning per la manutenzione predittiva delle macchine? Ci pensa Arduino Pro. Sì, proprio l'azienda di Torino, quella con un nome celebre in tutto il mondo, per via delle schede open source e a basso costo per la prototipazione veloce che sono utilizzate da milioni di Maker a livello globale. Grazie ad esse, gli artigiani digitali, riuniti in community, sviluppano soluzioni ingegneristiche condividendo avanzamenti e risorse via web. Ma ora l'azienda guidata dal ceo Fabio Violante sta sperimentando una profonda metamorfosi. È in crescita da tre anni, avendo raggiunto, con 150 collaboratori e altre due sedi (a Lugano e Malmö), 30 milioni di fatturato. E guarda direttamente al mondo della manifattura. I Maker non saranno abbandonati; ma la strategia di crescita è quella di consentire alle aziende di utilizzare i prodotti Arduino per fare non solo la prototipazione, ma anche la produzione di serie. Pertanto è stata creata la divisione Pro, per la fornitura di versioni professionali delle schede, da associare a software e a servizi. È prevista, per questi casi, la possibilità di un cambiamento di business model di Arduino: in certi casi l'open source si arresterà alla prototipazione: per il resto, occorrerà la licenza d'uso. Tra le partnership tecnologiche di Arduino, quelle con Bosch, Google, Intel, Thales.Peraltro, l'azienda due mesi fa ha chiuso un round da 32 milioni di dollari guidato da Robert Bosch Venture Capital e con Renesas Electronics Corporation, Arm e la società di investimento Anzu Partners. Di tutto questo abbiamo parlato con il responsabile della divisione Pro di Arduino Adriano Chinello, che abbiamo intervistato.

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