Intelligenza Artificiale e Big Data per la disruption della supply chain: EY vuole renderla più autonoma e resiliente

supply chain pixabayC'è un mito da sfatare: per realizzare una supply chain resiliente e integrata non è sempre necessario accorciarla. Non sono le dimensioni a fare la differenza; piuttosto, bisogna puntare sulla capacità di cambiare la configurazione della Supply Chain in tempi strettissimi. Ed è qui il punto: in un sistema che è industrialmente sempre più complesso prima di individuare il partner giusto, e prima di trasmettergli tutte le conoscenze necessarie per dar vita al componente, occorrono mesi. Dunque, cosa possono fare le aziende per accorciare i tempi drasticamente? EY ha studiato una propria soluzione, la Supply Chain Transformation, che unisce metodologie, servizi avanzati e tecnologie. D'altra parte EY non è solo un network mondiale di servizi professionali di consulenza direzionale, revisione contabile, fiscalità, transazioni e formazione; è anche un system integrator che aiuta le aziende nella trasformazione digitale con particolari competenze nell'Ia e nel machine learning. Queste tecnologie sono fondamentali per misurare le performance dei supplier, simulare diversi scenari, valutare il rischio e i costi della fornitura, nonché configurare rapidamente i canali. Alla fine, è l'analisi dei dati che consente di mutare in fretta i fornitori: solo cinque anni fa, tutto ciò era impossibile.

Cloud, condivisione e collaborazione: le tre C di SolidWorks by Dassault Systèmes. Con Gian Paolo Bassi

weart2«Nessuno può fischiettare una sinfonia. Ci vuole un'intera orchestra per riprodurla» – affermava un docente americano di omiletica, Halford E. Luccok. Ci sono cose, cioè, che non si possono fare da soli, perché si riferiscono a contesti complicati, che necessitano competenze diverse. Ecco, la progettazione industriale è sempre più così. Per ottenere il miglior risultato, occorre la collaborazione tra ingegneri, maker, o anche esperti di materie diverse. Lo sa bene la multinazionale francese Dassault Systèmes, che a Nashville (Tennesse), nel corso dell'evento annuale 3DExperience World, che riunisce l'ecosistema che ruota attorno alla software house transalpina, ha fatto un importante annuncio a proposito di SolidWorks. Solidworks è il software industriale di disegno tridimensionale parte del portafoglio 3dExperience Works e cavallo di battaglia di Dassault Systèmes, nonché, con altri brand, parte dell'offerta principale della multinazionale francese, la piattaforma Cloud 3DExperience. Dal primo di luglio dell'anno in corso tutte le nuove licenze includeranno l'accesso a servizi Cloud. Gli utilizzatori potranno esplorare, migliorare, testare le loro attività sulla scorta di servizi legati alla piattaforma. E soprattutto, gli utenti potranno condividere i propri progetti con altri, anche sprovvisti di licenza, e senza installare programmi specifici. Lo ha annunciato lo stesso vice presidente esecutivo di 3DExperience Works Gian Paolo Bassi nel corso della prima sessione generale.

No, il 2023 non sarà l’anno dell’Apocalisse della siderurgia italiana. Parola di Carlo Mapelli

siderurgia pixabayNon è prevista, per il 2023, l'Apocalisse della siderurgia italiana. Sarà un anno complicato, ancora caratterizzato dall'ottovolante di costi e prezzi, ma le aziende che già hanno abbracciato le pratiche dell'Acciaio 4.0 lo supereranno agilmente. Lo pensa Carlo Mapelli, docente al dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano ed esperto di siderurgia. Peraltro, fino a maggio scorso è stato consigliere designato di Acciaierie d'Italia, l'ex-Ilva ora costituita da Am InvestCo Italy e Invitalia. Stiamo parlando di un settore strategico per l'industria e per l'economia italiana: attualmente il Belpaese è il decimo player globale, e il secondo europeo, dopo la Germania. Il comparto fattura 47 miliardi e dà lavoro a 33.400 persone; con una produzione media di 23 milioni di tonnellate negli ultimi 5 anni, conta nomi di spicco e globalizzati come Duferco, Arvedi di Cremona, Danieli di Buttrio, Feralpi di Lonato del Garda, le Acciaierie Venete di Borgo Valsugana, Ori-Martin di Brescia, FinMar (Marcegaglia) di Mantova, e altri.

Leonardo: la crescita della filiera passa dal procurement. La fase 2 del programma Leap con AirSuppl

elicottero leonardoDal 2018 al 2021 il valore della produzione della filiera trainata da Leonardo è cresciuto del 14%, da 21,4 a 24,4 miliardi di euro. Come è stato possibile? Leonardo è una grande azienda della difesa e dell'aerospazio, settore che in Italia vanta altri player di rilievo come Thales Alenia Space, Avio Aereo, Macaer. La società guidata da Alessandro Profumo, la dodicesima per importanza a livello globale nel suo comparto, proprio nel 2018 ha dato vita all'importante programma Leap (Leonardo Empowering Advanced Partnerships) con il duplice scopo di creare un ecosistema digitalmente integrato e di promuovere l'avanzamento in termini di innovazione e di resilienza dei fornitori strategici. Sono stati definiti obiettivi di qualità, di costi, di tempi, di utilizzo di tecnologie. Poi, Leap si è evoluto: sono stati aggiunti target di sostenibilità, con Leap – Partnership for Sustainability. Ma tutto ciò sarebbe stato difficilmente realizzabile senza AirSupply. Ma cos'è AirSupply? È un potente strumento per gli uffici acquisti (fornito da SupplyOn, società con headquarters in Hallbergmoos, vicino a Monaco di Baviera, ma con sedi anche in Cina e negli Stati Uniti). Si tratta di una piattaforma industriale Cloud condivisa che ottimizza non solo il rapporto di lavoro tra il produttore e i fornitori, ma anche la comunicazione con i supplier nella catena di approvvigionamento a valle. Consente ai fornitori non solo di connettersi e ricevere gli ordini di acquisto; ma anche di modificare, entro certi limiti, i tempi e le quantità della consegna. Soprattutto, la platform è caratterizzata dalla grande visibilità: i supplier possono constatare se c'è una diminuzione della domanda da parte dei clienti di Leonardo, e sulla scorta di ciò possono regolare i propri acquisti di materie prime. Se invece la domanda è sostenuta, possono realizzare acquisti a lungo termine, che consentono risparmi economici. Ciò ha incrementato la resilienza della catena di fornitura, e ha permesso a Leonardo di accorciare il lead time.

Additive manufacturing e metallo: il matrimonio che fa decollare l’industria

manifattura additivaCome può un'azienda manifatturiera scegliere la "giusta" tecnologia di additive manufacturing – quella "adatta" a componenti e prodotti metallici che intende realizzare? La domanda non è banale, perché in realtà sotto il cappello del 3D metal additive manufacturing ci sono più tecnologie differenti, e la scelta dell'una e dell'altra ha delle conseguenze in termini di produttività, accuratezza, risoluzione e tanto altro. Ad esempio, la tecnologia a letto di polvere con fascio di elettroni consente di realizzare componenti con una maggiore risoluzione rispetto a quella con fusione laser, che peraltro sconta il problema della difficoltà di utilizzo con materiali riflettenti; in ogni modo, l'una e l'altra vanno bene per l'aerospazio e il biomedicale. Con la Direct Energy Deposition, invece, è adatta alla realizzazione di componenti di grandi dimensioni, e quindi può facilmente trovare applicazione nell'oil & gas. Se invece si punta ai grandi volumi, come nell'automotive, la tecnologia che risponde a questa esigenza è il binder jetting. Se invece si intende produrre piccoli lotti, con produttività limitata, l'estrusione è bastevole. Lo pensa Marco Luigi Grasso, assistant professor al dipartimento di Ingegneria Meccanica del Politecnico di Milano, nonché Responsabile Area Qualità 4.0, Tracciabilità di prodotto e Additive manufacturing di Made – centro di competenze tecniche e manageriali guidato dal Politecnico di Milano che supporta le imprese nel loro percorso di trasformazione digitale verso l'Industria 4.0.

Anatomia dello stabilimento di Robbiano di Mediglia, e della strategia di Mapei

medigliaC'è un tema di grande interesse per l'industria generale: quello di trovare l'equilibrio, la risultante, tra due forze apparentemente di verso contrario. Da una parte la specializzazione, e cioè la focalizzazione dell'attività su una gamma di prodotti, per ottenere la massima qualità, e quindi la leadership nei comparti di destinazione; dall'altra la diversificazione, e quindi la continua estensione dell'attività a nuove aree. Ecco: cosa rende possibile una composizione di successo tra questi due movimenti? La ricerca e lo sviluppo. L'esempio è quello della Mapei, uno dei maggiori produttori mondiali di prodotti chimici per l'edilizia. L'azienda, fondata nel 1937 a Milano da Rodolfo Squinzi e guidata nella sua espansione internazionale prima da Giorgio Squinzi, e ora dai figli di questo Veronica e Marco, 3,3 miliardi di euro di fatturato per 11mila dipendenti, ha un portafoglio di 6mila prodotti, e ogni anno sviluppa 6mila nuove formulazioni grazie a 32 centri di ricerca in 20 Paesi. L'epicentro del Gruppo è lo stabilimento di Robbiano di Mediglia, che Industria Italiana ha visitato per capire come funzionano veramente questo mondo e questa strategia. Lo stabilimento è il principale del Gruppo Mapei. Costruito nel 1975, ha una superficie totale di circa 158mila metri quadrati. In termini di volumi produttivi, nel 2021 ha realizzato un'importante ripresa, nonostante il periodo pandemico, raggiungendo le 433mila tonnellate di materiale prodotto, con un incremento del 16% rispetto all'anno precedente. Sempre nel 2021, l'impianto ha impiegato 659 dipendenti.

Watchman: l’hub lombardo per l’applicazione dell’Ia nella machine vision del manifatturiero

visione artificialedi Marco de' Francesco ♦︎ Progetto co-finanziato da Regione Lombardia: investimento complessivo oltre 6,6 milioni di euro. Obiettivo: diffondere l'intelligenza artificiale nella Machine Vision per la manifattura. Afil come facilitatore e la realizzazione dell'Hub di competenze. Con: Consorzio Intellimech (coordinatore), Brembo, Università di Bergamo, Vision, Sorint.tek, Fincons, Smart Robots, S.A.L.F. Laboratorio Farmacologico. Uno degli obiettivi più importanti per la manifattura è l'identificazione automatica dei difetti. Significa destinare risorse ad attività di maggiore valore, risparmiare tempo e mezzi e al contempo ridurre drasticamente gli scarti. Per far ciò, occorre mobilitare al contempo tecnologie come l'intelligenza artificiale, la robotica e la machine vision. Di qui "Watchman" (Workload Reduction mAchine vision based TeChnology Hub for MANufacturing), progetto che pone le basi per una maggiore diffusione dell'AI nella Machine Vision per le aziende manifatturiere lombarde. L'iniziativa, co-finanziata da Regione Lombardia nell'ambito della call "Hub Ricerca e Innovazione", ha previsto un investimento complessivo di oltre 6,6 milioni di euro, con un contributo da parte di Regione Lombardia di quasi 3 milioni.

Auto elettrica? Un fallimento! In Italia immatricolazioni 2022 -26,5%. E intanto i cinesi…

auto elettricaBrusca frenata per l'auto elettrica: nel 2022 in Italia se ne sono vendute il 26,5% in meno, con una quota di mercato totale del 4,3%. Soprattutto perché le auto elettriche costano carissime (per i modelli medio-bassi il prezzo è praticamente doppio). Ma anche perché mancano le colonnine di ricarica, condannando l'incauto acquirente alla continua paura di restare a piedi. E perché l'energia è sempre più cara, come è ben noto. Insomma, la decisione dell'Unione Europea (su spinta tedesca) di imporre dall'alto un brusco cambio di paradigma (tra l'altro senza sensibili effetti ambientali, anzi c'è chi dice che nel loro complesso questi motori inquinano ben di più dei pulitissimi diesel euro 6) si sta manifestando sempre di più per quello che è: un suicidio industriale. Una brutta botta per il principale settore industriale europeo, che dà da vivere a milioni di persone. E un assist per la nascente industria automobilistica cinese, che sta sbarcando in massa in Europa con nomi che oggi conoscono in pochi: Great Wall Motors, Ayways, Mg (già britannica), Saic Maxus, e altri. È una lotta impari, e lo era fin dall'inizio. Da parte loro, i Cinesi hanno: tecnologie più avanzate, macchine dotate di più autonomia, materie prime, componentistica specializzata e proprietà intellettuale. Non stupisce che saranno in grado di portare sul mercato auto green al costo di 15mila euro, mentre le Case europee con difficoltà riusciranno a scendere sotto i 30mila euro.

Realizzare prototipi, componenti e prodotti finiti senza le macchine? Yes we can! Con Xometry

manifatturadi Marco de' Francesco ♦︎ Diversi i tipi di tecnologie costruttive: additive manufacturing, lavorazione Cnc, della lamiera, stampa ad iniezione, pressofusione. Tra i clienti: Bmw, Dell, Bosch, General Electric, Sono Motors, Neocean, Axtra3D e la Nasa. Il ruolo del machine learning nella tariffazione rapida. E in futuro... Ne abbiamo parlato con Davide Spinello e Ruggiero Cornetta. Come può un'azienda manifatturiera realizzare prototipi, componenti e anche prodotti finiti senza possedere le macchine per costruirli? Non tutti sanno che può farlo: un nuovo paradigma si sta diffondendo a livello globale, e promette di avere un effetto dirompente. Si chiama "manufacturing on demand" e garantisce ulteriori vantaggi: ad esempio, quello di consentire di fabbricare beni solo quando è necessario e nelle quantità richieste, limando i costi di magazzino e della logistica, e concentrando le risorse nell'ideazione e nella progettazione. Sì, ma come è possibile tutto ciò? Per capirlo, si può prendere in considerazione l'attività di Xometry, la società americana (quotata al Nasdaq) guidata dal Ceo Randy Altschuler; fondata nel 2013 e con sede a Daerwood, nel Maryland, ha realizzato un fatturato di 218 milioni di dollari (2021) con mille dipendenti, ora anche in Europa. È una delle aziende pioniere della manifattura su richiesta, peraltro combinata con quella additiva.

Mirafiori: la fabbrica del futuro con un ruolo centrale nella strategia di Stellantis

mirafioriÈ Mirafiori lo "stabilimento bandiera" della transizione all'elettrico dell'industria automobilistica italiana, nonché dei nuovi paradigmi dell'automazione che pervade la manifattura. Lo storico impianto ex-Fiat ora Stellantis, già culla di modelli iconici come la Uno o la Punto, diviene – anche sulla spinta del piano di razionalizzazione organizzativa voluta dal Ceo globale Carlos Tavares – il caposaldo della produzione "green" nel Belpaese, la dove viene realizzata la Nuova 500 (primo veicolo completamente elettrico prodotto in Italia) e vari modelli Maserati. Nel 2024 arriveranno le produzioni full elettriche anche a Melfi, ma per ora tutti i riflettori sono puntati sullo storico stabilimento di corso Giovanni Agnelli, che fa parte di un complesso industriale di circa tre milioni di mq, uno dei più antichi a livello europeo, essendo entrato in funzione nel 1939 perché il vecchio Lingotto non era più sufficiente. L'investimento complessivo su Mirafiori è pari a circa due miliardi di euro, considerando anche le infrastrutture sulle smart grid/batterie. 

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