Lutto nel mondo della letteratura. E’ scomparso a 66 anni l’autore della più celebre «distopia» romanzesca

ku klux klanRichmond - Stanno scomparendo uno ad uno. Terminano la loro esistenza terrena per entrare nella «Storia della Letteratura». Sono i mitici autori immortalati da Roberto Bolaño in La letteratura nazista in America edito in Italia da Adelphi nel 2013, dopo una prima edizione per i tipi di Sellerio del '98. Ma Bolaño curò questa antologia più di vent'anni fa, nel 1993 e da allora ne sono scomparsi parecchi di questi autori votati a narrazioni romanzesche e a una saggistica filosofica colloccabili nell'ambito di una visione generale politicamente schierata a «destra». Grandi o piccoli epigoni di Nietzsche, Heidegger, Spengler e Evola; adepti di Drieu La Rochelle, Jünger, Ezra Pound e Céline. Recentemente è suonata la campana per Harry Sibelius, nato a Richmond nel 1948 e morto qualche giorno fa nella stessa cittadina della Virginia, celebre per aver dato i natali a Edgar Allan Poe. Sibelius è conosciuto per un solo grande romanzo che lo ha reso immortale, Il vero figlio di Giobbe, New York, 1996, pag. 1333, ancora inedito in Italia (sebbene ampi stralci siano apparsi in varie riviste e quotidiani italiani).

Harry Sibelius si è avvicinato alla letteratura in tarda età. Ha pubblicato infatti il suo unico romanzo all'età di 48 anni. Bolaño inserendolo nella sua celebre antologia sottolinea le muse ispiratrici dell'opera di Sibelius: «La lettura di Norman Spinrad e di Philip K. Dick e forse la successiva riflessione su un racconto di Borges condussero Harry Sibelius a scrivere una delle opere più complicate, impenetrabili e probabilmente inutili del suo tempo». Non una chiosa eccezionalmente lusinghiera, ma il tempo ha poi reso giustizia a Sibelius.

Lo stesso Bolaño sottolinea criticamente come Il vero figlio di Giobbe sia lo specchio nero dell'Europa di Hitler di Arnold J. Toynbee; il libro di Sibelius è infatti strutturato prendendo a modello l'opera dello storico inglese. Eppure un altro precursore è forse il modello più affine a Sibelius. Probabilmente è La svastica sul sole del già citato Philip K. Dick, il più fedele antecedente letterario dell'opera sibeliusiana. Per usare un paragone, o forse è meglio dire un sillogismo, caro a Max Aub, autore di Delitti esemplari (da cui Vila-Matas ricaverà il suo Suicidi Esemplari), così come Jusep Torres Campalans, precursore del cubismo, sta a Braque, Picasso e Léger, così Sibelius sta a Spinrad, Philip K. Dick e Toynbee.

Resta un mistero editoriale il fatto che in Italia ancora nessuno abbia pubblicato l'opera di Sibelius. Lo stesso autore in una recente intervista accennava a questa anomalia editoriale e sottolineava come forse l'Italia non fosse ancora politicamente pronta ad affrontare certi argomenti e come ancora non avesse fatto del tutto i conti con il suo passato. A questo proposito indicava anche i farseschi funerali di Erich Priebke, il gerarca nazista responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine di cui quest'anno si celebra il 70esimo anniversario e la sua successiva rocambolesca sepoltura, nella più completa segretezza, nel cimitero di un carcere italiano.

Ma di cosa parla Il vero figlio di Giobbe, e perchè fa così paura?

Nell'introduzione del romanzo, a Volo d'uccello, Sibelius descrive la situzione della politica mondiale a seguito della vittoria delle forze dell'Asse (Germania, Italia e Giappone) contro gli Alleati (Stati Uniti e Inghilterra) e l'Unione Sovietica che capitola nel 1944, tranne che per alcune sacche di resistenza siberiane. La prima parte del romanzo s'intitola La struttura politica dell'america di Hitler e vi viene descritta nei minimi particolari burocratici e amministrativi la vita nel nuovo impero nazista. Nella seconda parte del libro si susseguono invece le storie e le vicende di innumerevoli personaggi, in un dedalo inestricabile di destini che un critico del New York Times ha paragonato alla complessità dell'intreccio di Guerra e Pace.

Cos'è l'antologia di Roberto Bolaño?

Lui stesso la definiva così: « Un'antologia vagamente enciclopedica della letteratura filonazista prodotta in America dal 1930 al 2010, un contesto culturale che, a differenza dell'Europa, non ha coscienza di cosa significhi cadere nell'eccesso ». E ancora in una lettera a Waldo Rojas, del settembre 1993: «A volte mi tenta un'idea da megaloname, l'idea di un dizionario completo che contenga tutti gli scrittori nazisti dell'America, dal 1962 in poi: opere, tendenze, influenze europee, regionalismi, drammaturgie e manifesti, riviste marginali, riviste effimere, editori, pubblicazioni e seminari, conferenze... Un dizionario che sia un romanzo che sia un dizionario tale e quale. Forse lo scrivo. Magari lo scrivo». E alla fine l'ha scritto. E l'importanza che ha questa antologia per la cultura di destra è paragonabile solo, nella storia della letteratura, all'antologia curata da Paul Verlaine nel 1884, dal titolo Les poètes maudits che comprendeva opere di Tristan Corbière, Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, Marceline Desbordes-Valmore, Villiers de l'Isle-Adam e dell'ormai poco conosciuto Pauvre Lelian.

Ma quali autori rimanono ancora in vita tra quelli selezionati da Bolaño?

Dopo la recente dipartita di Sibelius rimangono cinque autori ancora in vita. Willy Schürholz, nato in Cile nel 1956, poeta avanguardista e visionario, che riprende, estremizzandole, alcune geometrie tipografiche dei Calligrammi di Apollinaire. Zach Sodenstern, nato a Los Angeles nel 1962, autore di una tetralogia romanzesca conosciuta come la Saga di Günther O'Connell alla quale segue Il controllo delle mappe, primo romanzo della Saga del Quarto Reich, da cui è stata tratta anche una serie televisiva di enorme successo.

Tra gli altri autori ancora in vita, c'è il poeta Rory Long, nato a Pittsburgh nel 1952, più noto come predicatore della Chiesa dei Veri Martiri d'America che come autore de L'Arca di Noè, raccolta di racconti brevi, poesie e «pensieri» che stanno a metà strada tra quelli di Pascal e gli anatemi di Cioran. Gustavo Borda, nato a Città del Guatemala nel 1954 è recensito invece da Bolaño come «il più grande e il più sfortunato degli autori di fantascienza guatemaltechi», celebre per come nei suoi Diari, denominati le Bagatelle per un massacro sudamericane, incolpi di ogni cosa gli ebrei e gli usurai (che spesso coincidono) sulla falsariga di un Léon Bloy contemporaneo, ma senza cadere nei luoghi comuni.

L'ultimo autore forse ancora in vita, l'enigmatico Argentino Schiaffino detto «el grasa», fratello del più celebre Italo, nasce a Buenos Aires nel 1956, ma ben presto, dopo anni di effimera gloria, si ritira a vita appartata, alla stregua di un Salinger o di un Pynchon. L'enigma che avvolge la sua figura ruota attorno al fenomeno letterario secondo il quale le sue pubblicazioni seguono il ritmo e le scadenze dei mondiali di calcio. Nel 1978 pubblica infatti Campioni, edizione ciclostilata in mille copie che vende personalmente all'ingresso degli stadi. Dopo quattro anni di silenzio creativo nel 1982 pubblica il volume intitolato Ricordi di un irredento. Nel 1990 si reca ai Mondiali in Italia dove viene schedato, insieme ad altri trenta tifosi argentini, come visitatore potenzialmente pericoloso. E' dell'anno dopo il libro di poesie Chimichurri (edizione a spese dell'autore, 40 pagine, 100 copie).

La sua esistenza prosegue tra periodi di silenzio e repentine apparizioni. Nel 1994, durante i Mondiali degli USA concede un'intervista a un quotidiano sportivo di Buenos Aires. Ai Mondiali del Giappone del 2002 alcuni tifosi argentini che perlustrano col binocolo lo stadio di Osaka credono di avvistarlo nel settore attiguo alla curva Sud. Nel 2010, anno dei Mondiali del Sudafrica, appare il romanzo tanto promesso e atteso Il tesoro, Miami, 2010, pag, 535; romanzo chiaramente autobiografico in cui Schiaffino mette politicamente le cose in chiaro. E lo fa a modo suo. Lui non è né di destra né di sinistra. Come tutti ha amici tra i neri e amici nel Ku Klux Klan. Tra le fotografie inserite nel libro ce n'è una dove si vede una grigliata nel giardino di una casa: tutti i commensali vestono le tuniche e i cappucci del Klan, tranne Schiaffino che è vestito da cuoco e usa un cappuccio bianco rimasto lì per detergersi il sudore. E' l'unica immagine che abbiamo di lui. Al romanzo seguono altri quattro anni di silenzio. Ma la domanda che aleggia negli ambienti calcistici e letterari è sempre la stessa: «cosa ha in serbo Argentino Schiaffino per i Mondiali del Brasile?».

Matteo Bugliaro Goggia

16 Aprile 2014

argentino schiaffino

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