Per anni, da quando l’informatica ha messo piede in azienda, il CIO (acronimo di Chief Information Officer, altrimenti detto capo dell’It, o in alcune realtà direttore dell’informatica, o dirigente di informatica, tanto che a Torino esiste il famoso Club dirigenti di informatica) ha svolto una funzione di tecnico specializzato al servizio del top management. Adesso, all’epoca della Fabbrica 4.0 siamo a un punto di svolta: il CIO è destinato ad assumere il ruolo di mediatore di relazioni tra l’IT e il Business, e tra questi e l’ecosistema esterno. Ed è diventato un dirigente strategico, cruciale per la stessa esistenza in vita dell’azienda, di pari livello del Chief Financial Officer e del Chief Marketing Officer. E forse, in alcune realtà, ancora di più. Insomma, all’epoca della Fabbrica 4.0 il CIO è re, come abbiamo titolato. Il fatto è che con l’allineamento tra Business e IT, il primo è diventato digitale e nuovi servizi e modelli di business sorgono grazie all’IT. Servono team complessi e flessibili, in grado di elaborare strategie che mettano insieme IT, Business, ma anche l’Operating; e che siano dirette a governare l’ecosistema dei partner. E occorrono piattaforme che favoriscano l’interazione di tutti gli attori in gioco, che siano clienti o sviluppatori. Il nuovo CIO sarà dunque l’orchestratore dei rapporti che si affermano nell’ambiente modificato dall’innovazione digitale.
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28 settembre 2017