Italia e Romania più vicine dopo Ipoteşti

ipo3IPOTEȘTI - «Le passioni abbassano – scrisse Eminescu – la passione eleva». Passione, dunque. Declinata nella forma che il grande poeta rumeno avrebbe preferito, la poesia. Quella italiana e quella romena, insieme, in una sorta di ponte ideale tra due culture che traggono origine dallo stesso seme, il latino. Perché in fondo, ci conosciamo poco, noi e i rumeni. Alla fine, lo ha ammesso anche chi ha organizzato l'evento del 21 marzo (insieme al Museo della letteratura di Iaşi e alla Casa Memoriale di Mihai Eminescu, nel distretto di Botoşani) e cioè il leader dell'associazione "Romeni e Moldavi In Veneto" Alexandru Iacob: «Un tempo rischiavi la pelle per andare in Italia. Mio fratello è morto così. Ora ci metti due ore, in aereo, anche se il sogno non è più lo stesso. È anche vero che in Italia puoi trovare lavoro; ma bisogna riflettere sul fatto che se lo trovi, è anche grazie a chi ha lavorato da quelle parti per 30 o 40 anni». 

 

Ci siamo nutriti, dalla caduta di Ceauşescu, di pregiudizi, utopie, miraggi, chimere; gli uni verso gli altri, e viceversa. D'altra parte, la presidente dell'Associazione Italiani in Romania, Ioana Grosaru, ha ricordato che «prima del 1989 non c'erano Italiani, in Romania». Nel senso che per il regime non potevano esistere: c'erano solo romeni, anche se tutti sapevano che non era affatto così. Peraltro, la Romania stessa è un secolare crogiolo di razze e culture.

Ma, a ben vedere, abbiamo tutto il tempo per recuperare. «C'è bisogno – ha affermato Iacob – di costruire un modello di comprensione reciproca, di dialogo». E quale mezzo migliore, se non la poesia? Non è forse un linguaggio universale? E poi, oggi va tanto di moda, in Italia, il termine "contaminazione": contaminiamoci pure. Inoltre, è già accaduto, ad un livello alto, tra intellettuali: è noto che, per Emil Cioran, Giacomo Leopardi era un "fratello d'elezione".

Comunque sia, nel contesto della "Giornata mondiale della poesia", il modello di dialogo si è tradotto, nella pratica, in due importanti attività. Anzitutto, è stata inaugurata la Sezione del "libro in lingua italiana" nella locale biblioteca (Ipoteşti). Circa 1.400 volumi di poesia, donati dal "Centro culturale Kolbe" di Mestre e da poeti italiani. E poi i poeti hanno dato vita ad una vera e propria kermesse: italiani e rumeni, uno dopo l'altro sul palco. Tra i nostri, Severino Bacchin (con il compositore Matteo Segafreddo), Alessandro Cabianca, Ottavio Rossani e Antonio Rizzo. Tra i rumeni, Viorel Boldiş, Liviu Antonesei, Irina Nechit, Nicolae Popa, Clara Mărgineanu. Si è tenuto anche un recital con il cantautore veneziano Gualtiero Bertelli; il tema era introdotto da Edoardo Pittalis. Chi scrive, di poesia si è occupato una ventina di anni fa. All'apparenza, non pare aver attecchito sui poeti italiani presenti lo sperimentalismo anni Novanta, la chimica della parola, l'Arcadia da laboratorio; meglio: era poi un giochetto miserabile, ad uso della critica, attenta a scovare i prodromi del genio in questa o quella invenzione. Prevale, invece, un incedere più "prosaico", sostenuto da una struttura più o meno evidente. Quanto alla poesia rumena è, all'orecchio, molto musicale. Il problema, per noi, è quello della traduzione. Di questo, peraltro, si è discusso, con Irina Turcanu, Clara Mitola, Stefano Damian e Monica Joiţa.

E poi, si sono tenute anche mostre d'arte, con le opere di Paola Volpato e Gabriela Giurovich, Victor Foca e Eugenia Boteanu.

Erano presenti autorità, tra le quali la stessa Joiţa (Direzione Diplomazia Pubblica, Cultura e Scienza, Ministero degli Affari Esteri Romeno), Ezio Peraro (direttore Istituto Italiano di Cultura, Bucarest); ma anche Alexandra Iacob (Associazione Romeni e Moldavi in Veneto); inoltre, i media rumeni, con Nicoleta Dabija; la formidabile interprete (e docente universitario) Corina Badelita e tanti altri.


Marco de' Francesco

29 marzo 2015


articolo di ValdoTv 


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