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Vicende di uno scritto

habent«Innanzitutto complimenti per il tuo pezzo, davvero stimolante.

L'argomento è molto complesso, non credo che riuscirò a commentarlo in tutti gli aspetti.

Senza dubbio bisognerebbe commentare in separata sede la teoria storicistica di March Bloch, la cosiddetta "nuova storia" rispetto al problema, meno tecnico ma forse più profondo, della "veridicità", cioè della coerenza tra un fatto realmente accaduto e la sua descrizione/narrazione linguistica.

Cercherò di cimentarmi in modo molto approssimativo.

Cominciamo dalla questione della "veridicità".

Vi sono innanzitutto varie modalità di distorsione informativa. 

 

Mi limiterò a quelle che mi paiono le due principali. Dato un fatto sul quale l'osservatore non ha alcun controllo diretto, la sua descrizione può essere, tra le altre possibilità, contradetta, oppure può essere manipolata.

I due comportamenti sono psicologicamente molto differenti. Non si trovano affatto su una stessa linea progressiva, dove la menzogna bella e buona è il massimo di contraddizione, mentre la manipolazione ne sarebbe una versione attenuata.

La contraddizione avviene quando la descrizione linguistica relativa a un fatto, lo registra (consciamente o inconsciamente) con modalità in nessun modo riconducibili al fatto stesso, bensì adeguate per un altro fatto, che incece, però, n o n è avvenuto. La contraddizione, in tal modo, denuncia la presenza di un fatto, ma ne nega il contenuto.

Da una contraddizione, è sempre impossibile risalire al fatto che vi soggiace, anche se si riesce a verificare che qualche fatto p u r è accaduto. Di solito, tuttavia, questa scoperta non è valida per alcuna ricostruzione: e sottolineo "alcuna".

Un esempio di contraddizione è se dico che "mia madre è venuta a trovarmi" mentre invece il fatto reale è che mia madre è andata a messa.

Analogamente, in ambito storico, una contraddizione si verifica se una fonte riferisce, poniamo, che Cesare morì a Roma, mentre un altra dicesse che Cesare morì in Gallia.

Se di un'informazione discutiamo la reale consistenza stessa del fatto descritto, come in questo caso, il procedimento ricostruttivo è abbastanza obbligato. Si raccolgono le diverse versioni, eventualmente si verificano i dati che emergono dal campo dove dovrebbe essere avvenuto il fatto. Dopodiché si mettono a confronto. Di solito si giunge o a una conclusione positiva, dando ragione alla fonte A o B o C, oppure, in casi così semplici, si comprende che i dati sono troppo pochi per determinare alcunché.

Sono innumerevoli le questioni storiche di questo tipo che sono state dichiarate irrisolvibili.

E' vero che Omero scrisse l'Odissea?

E' vero che il principe-pastore Romolo fondò Roma?

E' vero che S. Paolo cadde da cavallo?

E così via.

Purtroppo gli storici sanno bene che la maggior parte delle questioni ricostruttive sono ben più complesse, ma anche forse più interessanti.

Qui mi limiterò ad avanzare qualche riflessione (molto indegnamente) sulla questione della manipolazione informativa.

La manipolazione informativa avviene quando la descrizione che arriva al destinatario del messaggio è certamente riconducibile a ciò che è avvenuto, né il suo contenuto viene negato, ma il suo svolgimento è narrato e collocato nei suoi elementi costituivi in modo tale da suggerire implicitamente dei nessi che comunque si allontanano dall'effettività dell'evento in argomento.

Un esempio del genere che ho sotto mano per motivi personali, è ad esempio la cosiddetta "pazzia" dell'imperatore Caligola.

Del regno di Caligola noi abbiamo in sostanza solo due descrizioni narrativamente complete e logicamente coerenti: quella di Svetonio e quella di Cassio Dione.

Non la tirerò per le lunghe. Dico solo che entrambi raccontano la storia di questo giovane imperatore (regnò che aveva 24-27 anni di età) come quella di un giovane viziatissimo, dedito al bere, sperperone e, per lo meno nell'ultimo tratto della sua vita, non privo di elementi di vero e proprio squilibrio. Raccontano anche moltissimi aneddoti gustosi e divertenti. Sicché ben pochi lettori, leggendo Dione Cassio e Svetonio, possono farsi un'idea positiva di questo imperatore romano.

Ora, praticamente tutto ciò che viene raccontato dai due storici antichi, è assolutamente compatibile e non contraddittorio con ciò che avvenne. Tra l'altro -ci tengo a precisarlo particolarmente - la loro manipolazione non consiste solo in un poco circostanziato giudizio morale negativo. Vi sono moltissimi fatti veri e incontrovertibili che qualsiasi lettore, anche il più avveduto, non può cheprendere per veri, ma il punto è che il racconto è costruito in modo tale che i nessi che collegano quelle cose vere, per come vengono presentati, portano a definire "pazzo" Caligola, anche se si vuole prescindere dal giudizio morale negativo, che pure Dione Cassio e Svetonio non evitano di ripetere ad ogni pie' sospinto.

Questa era certamente un'opinione diffusa in epoca imperiale - specie tra i ceti dirigenti - e pertanto Svetonio e Dione la riportano in totale buona fede (scrivendo tra l'altro in epoche molto diverse da quelle di Caligola, non destano sospetti di faziosità consapevole).

A questo punto, qual è invece la necessaria correzione che bisogna apportare all'informazione per renderla più adeguata ai fatti avvenuti e, soprattutto, che legittimità abbiamo noi per affermare che un dato racconto ha subito una manipolazione?

E' una questione molto delicata e non sempre risolvibile, i cui parametri sicuramente cambiano tra caso e caso.

Di solito, ad aiutare lo storico, il giurista, persino il giornalista che voglia farsi un'idea più rispondente di ciò che ha di fronte, sono le informazioni "a grappolo". Cioè le intersrezioni di informazioni provneienti dagli ambiti più diversi.

Se ci si ferma a Svetonio e Dione, noi non potremo che essere d'accordo con loro: una persona che fa le cose da loro descritte, collegate tra loro in quel modo, non può che definirsi pazza. Tra l'altro, anche nel racconto più manipolato, un fondo di verità c'è sempre. Nessuno storico escluderà mai che Caligola, specie nell'ultima fase della sua vita, potesse manifestare effettivi segnali di squilibrio.

Solo che un conto è dire questo, un conto dire che, durante quel regno, le sorti dell'Impero furono in balia dei capricci di uno squilibrato. Dal racconto dei soli storici, emerge che Caligola fosse del tutto incapace anche di governare se stesso, figuriamoci di proporre una linea programmatica al suo governo.

Il sospetto che così non è, lo forniscono però alcuni dati che desumiamo dall'archeologia e dalla monetazione.

Caligola fu il primo imperatore a imporre allo stato una svolta in ambito di spese pubbliche che mettesse in collegamento la spesa (specie quella urbana) con le entrate fiscali. L'impalcatura fiscale dell'impero l'aveva già dettata Augusto, molti anni prima di lui, tuttavia fu Caligola il primo che cominciò a concepire la spesa pubblica come vero strumento di governo delle masse e, contemporaneamente, fu il primo ad intuire il valore del circolo della moneta, ed a ostacolare la tesaurizzazione della stessa, in un'economia antica che, ben diversamente dalla moderna, era abituata a concepire la moneta come semplice oggetto prezioso e non come puro valore di scambio.

Facendo questo, insegnando questo metodo a tutti gli imperatori successivi, almeno fino ai Severi, cioè per almeno 150 anni, scongiurò per sempre la terribile crisi finanziaria che dovette affrontare il suo predecessore Tiberio nel 33 d.C.

Ma come si concilia una tale avvedutezza programmatica con la storia della "pazzia"?

E non è poi forse vero che i grossi proprietari terrieri vedevano di malocchio Caligola, perché egli impediva loro di tesaurizzare la moneta e gli alzava la tassazione, quando non confiscava loro addirittura le terre?

E non erano Svetonio e Cassio Dione (l'uno eminente cavaliere, l'altro addirittura senatore) anche grossi proprietari terrieri?

Ora, questa breve descrizione, cosa ci serve a dire?

Ci serve a dire che la manipolazione non impedisce la ricostruzione di buoni margini di verità, fintantoché abbiamo a disposizione alcuni elementi fattuali e (importante) siamo in condizione di saperli distinguere da ciò che proviene da una sovrastruttura culturale e psicologica. Da quella sovrastruttura i fatti si distinguono - e non di rado recano invece, anch'essi, la loro, di sovrastruttura, diversa da quella di chi li racconta - , perché sono indipendenti, e quindi lasciano tracce indipendenti, dalla volontà di chi li racconta.

Questo tema è tanto più importante, nella misura in cui oggi assistiamo, ben diversamente dal caso di Svetonio e Cassio Dione, ad un fenomeno di forte manipolazione consapevole dell'informazione, volta ad indurre comportamenti etero-diretti, che influenzino non solo le opinioni, ma la stessa struttura psicologica di chi tale manipolazione subisce.

Non è il caso di scandalizzarsi, ma di attrezzarsi individualmente per prendere posizione nei confronti di questo fenomeno e poterlo gestire nella piena maturità che il presente ci richiede.

Mio auspicio è che le scienze storiche possano portare a facilitare questa presa di coscienza della realtà». Joyfulpuck



 

«Caro filosofo,

ti ringrazio, anzitutto, per i complimenti. Concordo con te sul fatto che, possedendo un numero sufficiente di elementi, siamo in grado comunque di ricostruire una qualche verità.

Ma non è mai immediato. La verità apparente può durare secoli, soprattutto se sostenuta dalle istituzioni. Ti faccio un esempio. Chi ha "scoperto" il polo nord? Chi ci è andato per primo? I libri di storia "ufficiali", quelli delle scuole medie e superiori, quelli che creano coscienze e verità dicono: Peary. Ci è mai andato? No, a meno che non avesse inventato l'elicottero. Ora lo sappiamo: Peary era un cazzaro. Ma sappiamo anche che la verità di Peary è conveniente, significa onore e orgoglio per gli States. Per questo ci vorrà un po' di tempo per cancellare quel nome. Salutissimi». Stirnerisback

«Su questo hai pienamente ragione! Dal punto di vista della memoria, spesso la verità non è certo privilegiata. Ma tuttavia c'è ed è, entro certi limiti, conoscibile. Ed è già tanto, perché la possibilità di poter ottenere conoscenza ci mette sulla strada della passione per qualcosa che abbia un senso. Chi sceglie, nella sua vita, di scrutare, intraved ere ciò che è vero, deve accettare che questa verità, anche quando è provata, non viene accolta da chi non la cerca e non la rispetta. Fa parte del gioco della libertà.

Probabilmente viviamo in un mondo in cui della verità si riesce a fare a meno. Conoscere per gli uomini equivale spesso ad imporre l'opinione del più forte. Ma ciò non ha nulla a che vedere con la scienza e la scoperta. Almeno, non con una scienza che trova fondamento nel metodo della verifica e del confronto.

Non ricordo quale filosofo ebbe a dire che la verità è sorprendentemente debole. Per di più, si conquista a fatica e spesso a prezzo della sicurezza. Quando la si ottiene, è sempre parziale, ma non perché sia relativa, ma perché noi non riusciamo mai ad afferrarla se non per qualche aspetto. Siamo noi che siamo parziali, non la verità.

Essa si nasconde, ma, come insegnava il vecchio Heidegger, il fatto stesso che si nasconde, ci dice che pur si è nascosta, e dunque esiste.

Noi non la vediamo, noi la intra-vediamo. E non la intravediamo tutta insieme, ma per piccole, spesso piccolissime parti. Eppure, per alcuni di noi vale la pena avventurarsi. Per altri, invece, non vale la pena. E ne ricavano la loro ricompensa, come qualcuno pure ha detto, ma io lo dico non per criticare - e forse nemmeno lui.

La verità è spesso un'opportunità. Si può pensare che convenga coglierla. Dipende da quanto bisogno ne sentiamo». Joyfulpuck



«Mio caro filosofo,

mi ha colpito molto la citazione di Heidegger. E' vero: siamo noi ad essere parziali, non la verità. Mi viene però in mente, anzitutto, l'insegnamento di un medievalista. Mi diceva: «c'è del buono nel Medio Evo. Vedi, a quel tempo la gente viveva persuasa. La Chiesa, l'Imperatore, erano cause di vita e di morte. Per loro la gente andava a farsi ammazzare, con una leggerezza che noi non possiamo neppure percepire».

Io mi sono sforzato, con i miei pochi mezzi, di comprenderne la ragione. Perchè cavolo un contadino deve andare a farsi ammazzare per la causa dell'imperatore? Cosa li accomuna? Ma soprattutto: quale verità possono condividere?

Ricordo di aver letto, qualche anno fa, il diario della campagna di Russia del conte di Segur, uno dei pochi aristocratici francesi sopravvissuti sia alla Repubblica che ai conflitti dell'Impero. Ad un certo punto un battaglione si trova circondato dai Russi. Arretra, falcidiato dall'artiglieria nemica. Si fa avanti Murat, coraggioso come sempre, come sempre a cavallo. «Che fate? - grida - arretrate?» «Ci stanno massacrando - risponde il comandante del battaglione - non si può andare avanti così!». «E io allora - replica Murat - perchè vado avanti?». «E' giusto - ammette il comandante - Ragazzi, andiamo a farci ammazzare».

Io mio punto di vista è un po' diverso dal tuo. nel senso che, pur riconoscendo tutti i limiti delle facoltà percettive del singolo (come fai tu, che pur salvi la scienza e la buona fede) io metto l'accento sulle istituzioni. Sono ormai persuaso che le istituzioni cataloghino, definiscano, ricordino e dimentichino in funzione di strutture che non hanno nulla a che vedere con la verità, ma che rappresentano per i più l'unica realtà.

Esiste, a parer mio, uno spirito di conservazione collettivo, distinto da quello individuale, che definisce l'ambito e il concetto stesso di verità. E' la ragione delle istituzioni. Contro di esso, si perde sempre. Si lotta contro le ombre, avrebbe detto il Socrate platonico...

Così la penso. Aspetto replica» Stirnerisback




«Signoraggio x Stirnerisbach e Uomo Nuovo

Ad essere sinceri ero entrato ieri nel forum per farci solo una breve visita, ma poi mi venne la tentazione di rispondere a Supernoise Per una critica attuale del capitale dove fa a mio parere una eccellente sintesi di un testo importante di Baudrillard e a Uomo Nuovo su Cina: la costruzione del popolo robot non per commentare il post quanto per rifarmi a una sua risposta dove affermava l'importanza del concetto di signoraggio, argomento sul quale chiedevo una precisazione perché il signoraggio inteso come lo definisce il dizionario Battaglia e come più o meno l'intende Nereo Villa mi sembra, non esiste più da secoli. Invece esiste un signoraggio legato al fatto che paesi dalla moneta forte emettono moneta per gli scambi internazionali che non torna indietro: è come se pagassi una macchina con un assegno, ma siccome il mio assegno è reputato solvibilissimo, questo gira e gira e non torna indietro, o se torna, torna quando la moneta i n questione è svalutata. In pratica posso girare gratis con una Ferrari. Cosa impossibile ovviamente per me, ma non per stati a moneta forte. Riproduco la risposta di Uomo Nuovo:

Chiedi a Nereo Villa un chiarimento sul signoraggio in base a definizioni di dizionari?

Ti firmi "Consiliu et impetu", ma il tuoi impetu dov'è? Manca del tutto. Quindi ti rimando a Salvi:

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Il dialogo tra sordi è appunto la magia del passare dai problemi alle diatribe che continui a portare avanti...

E poi il dialogo fra sordi è tutto tuo, cioè è tutto interno a te, dato che mi sembra di averti aiutato anche troppo:

Non avrei risposto alla sua risposta se non che sono andato al sito consigliato di Salvi. Sono rimasto molto colpito dalla ignoranza imbecille di Salvi, e anche qui non sarei andato oltre. Ma esplorando i commenti al Salvi sono approdato al sito: http://italy.indymedia.org/news/2006/05/1065134_comment.php#1119261

sul post: Il signoraggio alla Pascucci non esiste di un certo Nino, cioè ad una spiegazione ragionata sul perché Salvi è un ignorante. Anche qui mi sarei fermato, per me erano cose chiare, anche se le mie conoscenze tecniche sono assai inferiori a quelle del Nino in questione. Anche qui mi sarei fermato, ma ho fatto la bella pensata di andare a leggere i commenti. A parte le berlusconate e le offese mi sono chiesto, visto il numero di post che quel testo di Nino aveva provocato, come mai questa stupidissima diatriba su un fatto decisamente chiaro. Mi è venuto allora in mente il post Stirnerisback messo stranamente nel forum Oltre la filosofia, arte, letteratura, politica, intitolato:

Il mio saggio sulle false notizie di Bloch: dite cosa ne pensate di Stirnerisback dove Stirnerisback esaminando un interessantissimo saggio sull'argomento del grandissimo Marc Bloch si interroga sulla origine e sullo sviluppo delle false notizie. Stirnerisbach chiede un giudizio sul suo lavoro a noi forumisti, ma non sento di avere gli elementi per rispondere. Ma mi riferisco a questo saggio perché nel citato sito di questo Nino, molti commenti sono intrisi di ignoranza, false notizie e conoscenze, che mi hanno colpito. Al che mi sono chiesto da dove può derivare questo fatto, tanto più che gli ignoranti imbecilli che hanno risposto sono sicuramente persone oneste e serie, di media cultura e non cretini - lasciando perdere quelli che offendono ecc. La mia ipotesi è che trattandosi di materia estremamente complessa e dai mille risvolti, una parte di gente, in buona o malafede che sia, capisce alcuni termini del problema e li collega a modo suo. Il concetto di signoraggio esiste, si sa che le banche fanno soldi in modo spesso poco trasparente, pur sempre legale, ed allora il signoraggio può essere una spiegazione facile al loro potere e alla loro ricchezza. Personalmente senza voler discutere della esistenza o meno di dio, certamente dio è la spiegazione più facile e immediata del mondo, il primo concetto filosofico dell'uomo che si interroga sul mondo e la propria esistenza. Ma nel caso del signoraggio alla Pascucci o alla Villa come credo è una autentica bufala. Una seconda causa - ma non minore - oltre alla complessità della materia, è la poca trasparenza che esiste nel campo finanziario, giustificata da una necessaria riservatezza, basti pensare a quello che è successo del titolo Alitalia con le esternazioni elettoralistiche di Berlusconi, ma di cui approfitta una parte consistente del mondo politico finanziario. Ora basta, devo andare, spero commenti anche da Stirnerisbach». Flamel

 

 

 

«Caro Flamel,

ti ringrazio per aver messo in luce il mio lavoro. Grazie a te, mi attendo che altri lo leggano e che mi dicano qualcosa. Peraltro, dopo diversi anni di esperienza nel mondo dell'economia, non posso che approvare quanto dici: la finanza è un mondo volutamente oscuro, con un linguaggio proprio che sembra studiato appositamente per confondere e stupire. Dico "appositamente" perchè non parliamo di fisica nucleare, e molte cose si potrebbero spiegare con grande chiarezza. Ma è meglio, per molti, fare la parte della sibilla cumana. Così non si sbaglia mai completamente...» Stirnerisback



«http://avulsometro.splinder.com/media/16625778» Uomo Nuovo



«Grazie, ho sentito la canzone, non l'ho seguita criticamente, ossia ho riconosciuto una parte delle mie affermazioni in vari post, ma vale la grande frase - che si può applicare a entrambi reciprocamente che scrisse nel 1755 padre Cristoforo:Maire "adeo pronum est, ubi rectam rei perficiendae ideam animo comprehensa non habemus, quae operi susceplto nocent maxime, ea pro compendis offerre". Ossia entrambi partiamo da pressuposti integralmente diversi: tu mi puoi rimproverare di muovermi nel sistema tolemaico, ma tu costruisci una simpatica utopia, purtroppo basata su una bufala come il signoraggio. Nessun economista, tranne il suddetto Auriti e qualche altro, accetta la tua versione del signoraggio. Ora non penso siano tutti cretini o venduti al sistema. Storicamente la moneta è stata una grande conquista dopo il baratto, si è faticosamente trasformata la moneta in equivalenti cartacei, e finalmente ci si è disancorati dal metallo. Operazione questa molto pericolosa, gestita e sorvegliata dalle banche centrali,ma sostanzialmente più positiva che negativa per i rischi connessi. Certo nulla è perfetto. Certo che all'evoluzione della moneta non è seguita una pari evoluzione spirituale della umanità, e continuiamo a scannarci vergognosamente. Purtroppo temo che questo scannarci sia nel nostro DNA biologico, insomma una selezione naturale basata non solo sul positivo ma anche sul negativo. Si può sperare che miglioriamo, una volta ci siamo amazzati tra Genova e Venezia, siamo evoluti e siamo passati alla guerra tra Francia e Germania, ora sembra che in Europa non ci dovremo più amazzare, ma c'è l'Irak, e bella compagnia con le varie pulizie etniche. Beh speriamo bene! Ciao». Flamel


«Bla + bla = Quaqquaraquà» Uomo Nuovo



«Copio qui la risposta che ho scritto per Stirnerisback nell'altro forum, nel caso che possa essere commentata/confutata da più persone se messa qui. Tra l'altro la questione del signoraggio come verità contestata potrebbe avere attinenza con il tema della verità storica.

Innanzitutto complimenti a Stirnerisback per il pezzo davvero stimolante.

L'argomento è molto complesso, non credo che riuscirò a commentarlo in tutti gli aspetti.

Senza dubbio bisognerebbe commentare in separata sede la teoria storicistica di March Bloch, la cosiddetta "nuova storia" rispetto al problema, meno tecnico ma forse più profondo, della "veridicità", cioè della coerenza tra un fatto realmente accaduto e la sua descrizione/narrazione linguistica.

Cercherò di cimentarmi in modo molto approssimativo.

Cominciamo dalla questione della "veridicità".

Vi sono innanzitutto varie modalità di distorsione informativa.

Mi limiterò a quelle che mi paiono le due principali. Dato un fatto sul quale l'osservatore non ha alcun controllo diretto, la sua descrizione può essere, tra le altre possibilità, contradetta, oppure può essere manipolata.

I due comportamenti sono psicologicamente molto differenti. Non si trovano affatto su una stessa linea progressiva, dove la menzogna bella e buona è il massimo di contraddizione, mentre la manipolazione ne sarebbe una versione attenuata.

La contraddizione avviene quando la descrizione linguistica relativa a un fatto, lo registra (consciamente o inconsciamente) con modalità in nessun modo riconducibili al fatto stesso, bensì adeguate per un altro fatto, che incece, però, n o n è avvenuto. La contraddizione, in tal modo, denuncia la presenza di un fatto, ma ne nega il contenuto.

Da una contraddizione, è sempre impossibile risalire al fatto che vi soggiace, anche se si riesce a verificare che qualche fatto p u r è accaduto. Di solito, tuttavia, questa scoperta non è valida per alcuna ricostruzione: e sottolineo "alcuna".

Un esempio di contraddizione è se dico che "mia madre è venuta a trovarmi" mentre invece il fatto reale è che mia madre è andata a messa.

Analogamente, in ambito storico, una contraddizione si verifica se una fonte riferisce, poniamo, che Cesare morì a Roma, mentre un altra dicesse che Cesare morì in Gallia.

Se di un'informazione discutiamo la reale consistenza stessa del fatto descritto, come in questo caso, il procedimento ricostruttivo è abbastanza obbligato. Si raccolgono le diverse versioni, eventualmente si verificano i dati che emergono dal campo dove dovrebbe essere avvenuto il fatto. Dopodiché si mettono a confronto. Di solito si giunge o a una conclusione positiva, dando ragione alla fonte A o B o C, oppure, in casi così semplici, si comprende che i dati sono troppo pochi per determinare alcunché.

Sono innumerevoli le questioni storiche di questo tipo che sono state dichiarate irrisolvibili.

E' vero che Omero scrisse l'Odissea?

E' vero che il principe-pastore Romolo fondò Roma?

E' vero che S. Paolo cadde da cavallo?

E così via.

Purtroppo gli storici sanno bene che la maggior parte delle questioni ricostruttive sono ben più complesse, ma anche forse più interessanti.

Qui mi limiterò ad avanzare qualche riflessione (molto indegnamente) sulla questione della manipolazione informativa.

La manipolazione informativa avviene quando la descrizione che arriva al destinatario del messaggio è certamente riconducibile a ciò che è avvenuto, né il suo contenuto viene negato, ma il suo svolgimento è narrato e collocato nei suoi elementi costituivi in modo tale da suggerire implicitamente dei nessi che comunque si allontanano dall'effettività dell'evento in argomento.

Un esempio del genere che ho sotto mano per motivi personali, è ad esempio la cosiddetta "pazzia" dell'imperatore Caligola.

Del regno di Caligola noi abbiamo in sostanza solo due descrizioni narrativamente complete e logicamente coerenti: quella di Svetonio e quella di Cassio Dione.

Non la tirerò per le lunghe. Dico solo che entrambi raccontano la storia di questo giovane imperatore (regnò che aveva 24-27 anni di età) come quella di un giovane viziatissimo, dedito al bere, sperperone e, per lo meno nell'ultimo tratto della sua vita, non privo di elementi di vero e proprio squilibrio. Raccontano anche moltissimi aneddoti gustosi e divertenti. Sicché ben pochi lettori, leggendo Dione Cassio e Svetonio, possono farsi un'idea positiva di questo imperatore romano.

Ora, praticamente tutto ciò che viene raccontato dai due storici antichi, è assolutamente compatibile e non contraddittorio con ciò che avvenne. Tra l'altro -ci tengo a precisarlo particolarmente - la loro manipolazione non consiste solo in un poco circostanziato giudizio morale negativo. Vi sono moltissimi fatti veri e incontrovertibili che qualsiasi lettore, anche il più avveduto, non può cheprendere per veri, ma il punto è che il racconto è costruito in modo tale che i nessi che collegano quelle cose vere, per come vengono presentati, portano a definire "pazzo" Caligola, anche se si vuole prescindere dal giudizio morale negativo, che pure Dione Cassio e Svetonio non evitano di ripetere ad ogni pie' sospinto.

Questa era certamente un'opinione diffusa in epoca imperiale - specie tra i ceti dirigenti - e pertanto Svetonio e Dione la riportano in totale buona fede (scrivendo tra l'altro in epoche molto diverse da quelle di Caligola, non destano sospetti di faziosità consapevole).

A questo punto, qual è invece la necessaria correzione che bisogna apportare all'informazione per renderla più adeguata ai fatti avvenuti e, soprattutto, che legittimità abbiamo noi per affermare che un dato racconto ha subito una manipolazione?

E' una questione molto delicata e non sempre risolvibile, i cui parametri sicuramente cambiano tra caso e caso.

Di solito, ad aiutare lo storico, il giurista, persino il giornalista che voglia farsi un'idea più rispondente di ciò che ha di fronte, sono le informazioni "a grappolo". Cioè le intersrezioni di informazioni provneienti dagli ambiti più diversi.

Se ci si ferma a Svetonio e Dione, noi non potremo che essere d'accordo con loro: una persona che fa le cose da loro descritte, collegate tra loro in quel modo, non può che definirsi pazza. Tra l'altro, anche nel racconto più manipolato, un fondo di verità c'è sempre. Nessuno storico escluderà mai che Caligola, specie nell'ultima fase della sua vita, potesse manifestare effettivi segnali di squilibrio.

Solo che un conto è dire questo, un conto dire che, durante quel regno, le sorti dell'Impero furono in balia dei capricci di uno squilibrato. Dal racconto dei soli storici, emerge che Caligola fosse del tutto incapace anche di governare se stesso, figuriamoci di proporre una linea programmatica al suo governo.

Il sospetto che così non è, lo forniscono però alcuni dati che desumiamo dall'archeologia e dalla monetazione.

Caligola fu il primo imperatore a imporre allo stato una svolta in ambito di spese pubbliche che mettesse in collegamento la spesa (specie quella urbana) con le entrate fiscali. L'impalcatura fiscale dell'impero l'aveva già dettata Augusto, molti anni prima di lui, tuttavia fu Caligola il primo che cominciò a concepire la spesa pubblica come vero strumento di governo delle masse e, contemporaneamente, fu il primo ad intuire il valore del circolo della moneta, ed a ostacolare la tesaurizzazione della stessa, in un'economia antica che, ben diversamente dalla moderna, era abituata a concepire la moneta come semplice oggetto prezioso e non come puro valore di scambio.

Facendo questo, insegnando questo metodo a tutti gli imperatori successivi, almeno fino ai Severi, cioè per almeno 150 anni, scongiurò per sempre la terribile crisi finanziaria che dovette affrontare il suo predecessore Tiberio nel 33 d.C.

Ma come si concilia una tale avvedutezza programmatica con la storia della "pazzia"?

E non è poi forse vero che i grossi proprietari terrieri vedevano di malocchio Caligola, perché egli impediva loro di tesaurizzare la moneta e gli alzava la tassazione, quando non confiscava loro addirittura le terre?

E non erano Svetonio e Cassio Dione (l'uno eminente cavaliere, l'altro addirittura senatore) anche grossi proprietari terrieri?

Ora, questa breve descrizione, cosa ci serve a dire?

Ci serve a dire che la manipolazione non impedisce la ricostruzione di buoni margini di verità, fintantoché abbiamo a disposizione alcuni elementi fattuali e (importante) siamo in condizione di saperli distinguere da ciò che proviene da una sovrastruttura culturale e psicologica. Da quella sovrastruttura i fatti si distinguono - e non di rado recano invece, anch'essi, la loro, di sovrastruttura, diversa da quella di chi li racconta - , perché sono indipendenti, e quindi lasciano tracce indipendenti, dalla volontà di chi li racconta.

Questo tema è tanto più importante, nella misura in cui oggi assistiamo, ben diversamente dal caso di Svetonio e Cassio Dione, ad un fenomeno di forte manipolazione consapevole dell'informazione, volta ad indurre comportamenti etero-diretti, che influenzino non solo le opinioni, ma la stessa struttura psicologica di chi tale manipolazione subisce.

Non è il caso di scandalizzarsi, ma di attrezzarsi individualmente per prendere posizione nei confronti di questo fenomeno e poterlo gestire nella piena maturità che il presente ci richiede.

Mio auspicio è che le scienze storiche possano portare a facilitare questa presa di coscienza della realtà». Joyfulpuck




«Dato che cisono, ti rispondo qui.

"[...] ti espongo solo un paio di dubbi e poi ti propongo di elaborare con me uno scenario possibile, molto concreto, di ciò che potrebbe accadere se veramente togliessimo il signoraggio".

Ottima idea. Però ricordati che noi, cioè tu ed io, non possiamo (neanche se fossimo due grandi partiti coalizzati) "togliere" alcun signoraggio. Il mio discorso non è politico ma culturale. Perché la cosa è grossa. Ecco perché ho accettato tutto il tuo discorso precedente e ti ho risposto. C'è tutto un mondo di pensiero che deve cambiare, qualcosa di simile al passaggio fra il sistema tolemaico a quello copernicano. Dunque mi fanno ridere i partiti che oggi ne parlano (Neuro, Bene comune, Santanché, Mussolini, ecc.). La cosa non avverrà mai mediante programmi politici, ma solo ed esclusivamente mediante il cambiamento interiore della gente.

"Ancora mi sfugge perché la datazione della moneta eviterebbe il tracollo qualora le banche la sfiduciassero".

Innanzitutto le banche non possono sfiduciare alcunché. Se tu ed io decidiamo di servirci reciprocamente attraverso una nostra moneta, questo riguarda solo noi due. Le banche non c'entrano. Occorre uscire dal fantozzismo che percepisce le banche come un dio, altrimenti non si va da nessuna parte. Non sono neanche le banche emittenti (questo ho dimenticato di scrivertelo nel precedente post) a "fiduciare" il denaro emesso. È la gente che ci crede ad avere quella fiducia. E la gente ci crede perché è bue. È tonta e turlupinata, rapinata e inchiappettata da altra gente, che di fatto dimostra di essere ad un superiore livello criminale, ma non è intelligente, è solo più furba del bue, che strumentalizza col bastone e con la carota.

La datazione della moneta evita il tracollo perché è l'unico modo per fare pagare le tasse a tutti in assoluto (questo lo trovi nel libro che ti allego; tieni presente che in quel libro l'idea della datazione della moneta è da me condivisa, mentre non lo è quella che l'autore chiama "necessità logica del prelievo del 50%", in altri scritti chiamata dal medesimo "fiscalità monetaria straordinaria" o "una tantum", in quanto poggiante su ipotesi non verificata).

"Lo stato da solo non mi pare sufficiente ad accreditare una moneta, se prima non opera un cambiamento radicale, più o meno equivalente a un cambiamento della costituzione, oppure a un colpo di stato".

Eccolo lì il grande problema. Non lo nego. Ma i copernicani non ebbero mai il problema di superare i tolemaici. Il pensiero semplicemente cambia, e dai presocratici ai postkantiani, si evolve dal suo essere debole fino alla scienza dello spirito. Lo Stato non deve accreditare alcunché. Deve occuparsi del diritto e basta: questa è l'unica sua fattispecie e competenza, in quanto Stato di diritto. Lo Stato d'economia non è lo Stato di diritto. Allo stesso modo si può parlare dello Stato della cultura. Il tempo dello Stato accentratore (il quarto re della "Favola" di Goethe) sta semplicemente per crollare. È finito, putrefatto nella partitocrazia scambiata per democrazia. Chi si oppone a ciò si oppone a se stesso, alla fisiologia del suo proprio organismo. L'organismo sociale è il vero tempio, la vera chiesa (kaal, assemblea) di domani. Volenti o nolenti. Tre sono gli Stati, ognuno dei quali è articolato agli altri due, così come i tre sistemi della nostra fisiologia: sistema nervoso, sistema respiratorio, e sistema metabolico. Lo Stato d'economia, per stare nell'esempio precedente, è fatto da te e da me, solo in quanto decidiamo quello che vogliamo fare dei nostri TALENTI (vera moneta), e degli strumenti necessari a scambiarli fra di noi come merci e/o servizi. Lo Stato di diritto qui non c'entra. Anzi: c'entra se NOI vogliamo che c'entri in quanto GARANTE delle NOSTRE decisioni in merito ai NOSTRI scambi (decisi da NOI).

Ma la cosa non si fa dall'oggi al domani. Ci vuole pazienza, ed è proprio in questa pazienza che si estrinsecherà la socialità del futuro e la vita realmente conviviale del futuro, cioè ciò che tu chiami "CAMBIAMENTO RADICALE", ma interiore, nelle coscienze. Il cambiamento della costituzione è esteriore. Il colpo di Stato è esteriore. Prima dobbiamo "colpire" noi stessi, allora - in QUESTO colpo di Stato - ritroviamo la dignità. Poi si potrà anche pensare alla Costituzione, ma secondo me sarà inutile, dato che non vi è nessun documento che costituisca il dover passare al copernicanesimo. Una Costituzione scritta della triarticolazione sociale non ha infatti senso per me. È come pretendere di costituire un oggetto, un soggetto ed un rapporto fra soggetto ed oggetto, chiamandoli santa trinità. Tutta la realtà è triarticolata, che bisogno c'è di costituirla?

QUOZ

"Senza alcuna pretesa, elaboriamo un attimo uno scenario fanta-politico. Mettiamo che domani mattina tutti i parlamentari rinsaviscono e si mettono d'accordo per togliere il signoraggio, o almeno per ridurlo".

Il problema non è l'eliminazione del signoreggio, ma l'eliminazione dell'iniquità di una tassazione, scaricabile da tutti su prezzi e servizi, eccetto che dai poveri. Il problema è che le tasse le pagano solo i poveri. Non vi sono altri problemi. Dunque il problema è l'iniquità del sistema. È quello che bisogna rendere equo. Il signoraggio è solo il simbolo di questa iniquità in quanto anacronismo. Antroposoficamente potrebbe essere paragonato ad un cuore che batte secondo l'ordine di un signore posto fuori dal proprio oganismo, cioè secondo. Ciò sarebbe sensato come imporre al cuore un dispositivo meccanico che ne regola il ritmo per mano di terzi. Certamente in chirurgia può essere fatto durante un'operazione. Però se l'operazione non può durare più di tanto, altrimenti sopravviene la morte dell'organismo che si vuole curare. E nel nostro organismo sociale tale operazione, che è durata secoli, come se l'"aritmia cardiaca" da curare fosse un fatto convenzionale, è costretta a percepire il disfacimento del suo sistema accentrato. L'attuale "aritmia cardiaca" dell'organismo sociale non potrà infatti mai essere idonea a garantire il diritto, se anacronisticamente condizionata da nichilismo giuridico da un lato, e da economicismo dall'altro. Quindi non c'è nulla da togliere, né da ridurre. C'è da pensare, riflettere. Essere. Più che esistere e/o sopravvivere, seguendo i rifiuti dei battelli, come la maggior parte dei gabbiani del famoso racconto di Bach (Il gabbiano Jonathan).

"La prima cosa da fare, quale sarebbe?"

La prima cosa da fare è incominciare a fare nuovi scambi dei nostri talenti, mediante strumenti nuovi. Ma non è ancora questo il momento. Prima di fare occorrono motivi, e i motivi non sono molle o impulsi o reazioni. L'azione umana consapevole ha bisogno di idee. Le idee hanno bisogno di concetti. I concetti hanno bisogno di oggetti di percezione per essere determinanti. Una volta si percepiva la terra al centro del mondo...

"Si comincerebbe con una legge [...]"

No. Il fariseismo o lo zelotismo deve finire. È roba da vecchio testamento la legge. La legge genera ira, diceva Paolo di Tarso (Romani 4,14-15). D'altra parte non si tratta neanche di procedere fedeisticamente. Oggi è il tempo della scienza dello spirito. Occorre innanzitutto sapere le cose come sono. Da lì si può incominciare. Occorre prima di tutto riacquistare la propria dignità.

"[...] Già qui vedo molti problemi, perché purtroppo i sistemi finanziari ormai sono tutti correlati e se una nazione fa una cosa del genere, gli altri mercati la isolano".

Proprio in base a ciò Paolo di Tarso dice quello che dice.

"Ma semplifichiamo [...] la Banca Centrale si difenderebbe producendo meno moneta, alzando i tassi e bloccando i prestiti alle banche locali, che a sua volta chiuderebbero i rubinetti".

Se ciò che tu dici non mi interessa ed io non ti rispondo perché reputo il tuo pensiero malato, cosa fai? Non mi occupo più di te. Allora tu cosa puoi farmi? Nulla. Così se gli individui comprendono che possono per i loro scambi di talenti, merci e servizi, regolarsi in modo autonomo, non si occuperanno più di banche, bensì casomai di tipografie. Le banche emittenti possono reagire fin che vogliono. Ma il motivo di ciò non interesserà a nessuno. Oppure interesserà esattamente come può interessare la cattura di un mafioso, la fine di una carriera mafiosa, la fine della mafia, ecc.

"L'improvvisa deflazione, gelerebbe i consumi, la gente non avrebbe più di che mangiare e smetterebbe di lavorare, perché tanto è inutile. La produzione si bloccherebbe e i negozi si svuoterebbero".

Se tu metti una banca in un deserto a stampare cartamoneta, cosa mangiano gli stampatori di moneta, carta? Si può mangiare la carta? La gente mangia non grazie alla cartamoneta, ma grazie ai prodotti, alle merci, ai servizi ed ai talenti che riesce a scambiare con altra gente. Per gli scambi, ripeto, non occorre un determinato strumento monetario forzoso. Occorre la volontà di fare scambi nella pure e semplice FRATERNITÀ (solidarietà). Tu crei forse le tue musiche per avere cartamoneta stampata dalle banche emittenti? No. Tu crei perché ami creare. Punto e basta. Se qualcuno ti vuole ascoltare in concerto deve riconoscerti un compenso. Ma sei sempre tu ad accordarti per la modalità di quel compenso. Nessuno può impedirti di accordarti per l'uso di un nuovo strumento monetario per il tuo compenso.

"Nel paese si diffonderebbe il panico, anche aizzato dai media che, come si sa, sono direttamente controllati dalle banche. Presi dal terrore, milioni di persone si affollerebbero agli sportelli per ritirare quel poco che ancora gli spetta, ma li troverebbero presto chiusi. A questo punto, formalmente, la banca direbbe che lei, di per sé, pur essendo decisamente contraria all'azione spregiudicata e ingiuriosa del governo, non avrebbe deluso i suoi concittadini, ma che semplicemente non ha a disposizione lei stessa tutto il contante da riconsegnare alle persone. Pertanto, si vede costretta a non dare credito sufficiente alle banche locali. Però, dice lei, garantisce ancora il mercato finanziario de-monetizzato. I titoli pertanto rimarranno in borsa, o almeno proveranno a farlo, garantiti da moneta che la Banca Centrale stampa, ma tiene per sé. A questo punto, ci ritroveremmo o con una moneta che vale tantissimo, ma che viene tenuta sotto il cuscino perché è l'ultima che c'è, oppure (come credo più probabile) nessuna borsa riuscirebbe a maturare la fiducia necessaria per andare avanti senza l'avallo del contante e quindi andrebbe a picco anche quella, insieme alla produzione".

Tutto il ragionamento poggia sul sentimento della paura. Quindi non è un vero pensare. È un pensare al 10% ed un sentire al 90%. Occorre pensare un po' di più per liberarsi dalla

paura di cambiare (che genera panico e terrore). Anzi bisognerebbe liberarsi dalla paura della paura. Ti consiglio, a questo scopo, la lettura della favola "Il coniglietto che aveva sempre paura" (in Alba Marcoli, "Il bambino nascosto. Favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli", Ed. Mondatori).

"A questo punto, lo Stato potrebbe non darsi per vinto e [...]"

Lo Stato di diritto deve occuparsi del diritto e viene ad articolarsi con lo Stato dell'economia solo se è lo Stato dell'economia a richiederlo, esattamente come se in un accordo fra te e me riteniamo giusto richiedere l'avallo di un notaio al nostro contratto. Se io non mantengo i patti del contratto e ci siamo in tal modo articolati allo Stato di diritto, allora lo Stato di diritto interviene per far rispettare il contratto.

"[...] Cosa faranno i cittadini? Crederanno allo Stato?"

Il tempo della fede è passato. Non si tratta più di credere, ma di sapere. I tempi procedono verso la scienza, e dunque anche verso la scienza dello spirito. Credere allo Stato è una fede da superare esattamente come una superstizione.

"[...] E gli altri paesi? Riusciremmo più a comprare quello che ci serve, tipo gas, elettricità, petrolio?"

Anche questo è un problema superabile. Per questo motivo ti allego un libro (mutatis mutandis, come ti ho accennato prima) in cui è trattata questa questione.

"[...] Se la cosa si potesse fare, il rischio forse varrebbe comunque la pena".

La cosa si farà. Perché è l'unica cosa che potrà dare a tutti speranza, senza inutili rischi di (anzi proprio per scongiurare tutti i possibili) conflitti mondiali, che proprio l'attuale sistema prospetta. Però non si può pensare di farla dall'oggi al domani pensando come ieri. Allo stesso modo il passaggio alla concezione eliocentrica non poté avvenire secondo il pensiero di quella geocentrica.

[Quando nel 2000 incominciai a parlare in internet (poi anche in questo forum) di questa nuova visione, ebbi molti "fischi". I comunisti dicevano che ero fascista e i fascisti che ero comunista (non solo in questo forum). Pian piano però, vedendo che della risoluzione del problema del signoraggio si incominciava a parlare in diversi siti internet (oggi tale risoluzione è diventata programma politico in nuovi partiti, e dunque se ne parla sempre più anche alla televisione), molti fischiatori, cioè miei detrattori hanno pensato bene di scomparire dal forum. Ogni tanto fanno capolino, dicendo "Ciao Nereo", e poi di nuovo scompaiono come fantasmi... Io sono affezionato a questo forum, anche se è più di sinistra che di destra. Proprio perché credo nello spirito dei tempi più che nelle posizioni politiche (oltretutto anche i forum di destra o di centro sono tutti improntati al bestialismo materialistico-pratico, e dunque al mentecattocomunismo) nonché nella mia testimonianza di allora ed in quella di oggi]». Uomo Nuovo




«Sulla posizione filosofica di fondo, tendo ad essere d'accordo con te. Non starei nemmeno tanto a questionare sui dettagli: una soluzione su quelli si trova sempre.

Però non hai risposto alla mia domanda concreta: come si fa a passare dalla realtà presente a quello che tu vorresti?

Possibile che non c'è modo di capire cosa si deve fare per arrivarci? A sentirti parlare, sembra quasi che ci dobbiamo mettere a credere e si realizzerà quasi d'incanto.

Non lo so: le transizioni culturali precedenti non sono avvenute così.

I primi Cistiani sono stati perseguitati perché si rifiutavano di sacrificare al Dio-Stato. I protestanti sono stati perseguitati perché si rifiutavano di pagare il Dio-Chiesa.

Lo stesso pensiero illuminista ha preso il potere con un colpo di stato. Anche il comunismo, e pure il nazismo e persino la cosiddetta "democrazia", senza armi con il cavolo che si instaurava.

Ognuna di queste rivoluzioni culturali è stata segnata da guerre, distruzioni, violenze di ogni genere.

Io non l'ho ancora vista una rivoluzione che si vince senza far niente. Pertanto, tendo a credere che, dato che così le cose non vanno, prima o poi ci sarà una guerra, o una carestia: finora le civiltà sono sempre cadute così. I vincitori cambieranno le regole. Hai ragione a dire che ho paura, come non averne?

Certo, se è per vivere in un mondo migliore, ben venga anche la guerra, o la persecuzione, o una carestia.

Però non riesco a credere che, come dici, questa transizione si possa fare senza qualcosa del genere.

Pertanto, cerco di sforzarmi di stare attento innanzitutto che la causa sia davvero una causa per cui ne valga la pena, in secondo luogo cerco di prevedere lo scenario. Io non credo che Banche e Stato lasceranno nascere un mondo nuovo senza provare a fermare chi lo sta mettendo su - ammesso che ciò stia avvenendo e che non sia solo un gioco d'evasione.

Se ci sarà una guerra, bisognerebbe saperlo prima. Bisognerebbe arrivarci preparati. Illuderci che i cambiamenti si fanno perché tutti si accorgono d'incanto che è più giusto fare così...insomma finora non è mai accaduto, me ne darai pur atto!» Joyfulpuck




«Vedo che non hai ricevuto il libro che ti ho inviato, ed in cui il "come fare" è specificato. Fammi sapere se devo rispedirtelo. In ogni caso non si tratta di passare dalla realtà presente a quello che io vorrei, ma a quello che vorrebbero tutti: stare meglio. Io ho avuto tutto dalla vita ed ho sempre fatto quello che amavo. Dunque non ho mai lavorato per il pane, ma solo perché mi faceva star bene quel lavoro (rock) mentre lo facevo. Quello che vorrei oggi è un'altra musica sociale... e soprattutto meno sorrisi finti, soprattutto delle prugne arriviste della tivù. Anzi: della tribù :D» Uomo Nuovo



«Certo che l'ho ricevuto! Anzi, ti ringrazio ancora di cuore, perché fa davvero molto riflettere!

Lo sto leggendo attentamente. Non è che perché dico la mia per questo non voglio comprendere quello che dici. Ho capito, ho capito. Non l'ho ancora finito di leggere, perciò non ne ho parlato. Lo so che è breve, ma va meditato. Magari sai che faccio? Quando l'ho finito, ti mando le mie riflessioni su un post a parte.

A presto» Joyfulpuck




«Mi farebbe molto piacere leggere le tue riflessioni, indipendentemente dal fatto che puoi benissimo contattare il suo autore, con cui "litigo" moltissimo dal 1999, e di cui però so che mi stima anche se sono anni che non lo sento.

Ecco un suo youtube così lo vedi:

Ed ecco quello che scrivevo cinque anni fa, e che ora si sta avverando (crisi americana secondo il tango argentino by night!):

http://digilander.libero.it/EpikeiaVostrAmata/lettura-articolo_di_nereo_villa_del_2003_sul_2008.htm

http://anticapra.splinder.com/media/16666141

http://www.disinformazione.it/lincolnkennedy.htm

A presto. Ciao

Nereo» Uomo Nuovo




«citazione

"questo forum, che consideriamo il migliore d'Italia;"

Scusa se ti faccio una precisazione, che è solo il mio modesto parere:

"è il sito che ci dona ospitalità che è e va considerato il migliore d'Italia, non il forum!"» Joyfulpuck



« La questione potrebbe essere affrontata, se già non è stato fatto, nell'ambito della Teoria dei Giochi». Burattino



«E' uno scherzo? Cosa intendi dire?» Stirnerisback




«Non scherzo. Suggerisco l'opportunità di verificare se la TdG non possa rendersi utile per la comprensione del problema». Burattino



«Potresti farmi un esempio? E' una teoria che non conosco». Stirnerisback



«Difficile farti un esempio, visto che di TdG non so nulla.

Ma posso dirti questo: noto che le false notizie provengono da situazioni di conflitto sociale o per la risoluzione di questioni, magari anche banali, che altrimenti resterebbero irrisolte (Cantalupo) e che comunque intervengono direttamente nella relazione sociale, con maggiore o minore 'rischio' dei soggetti coinvolti.

La TdG si occupa proprio della valutazione dei comportamenti dei vari 'decisori' (sono i partecipanti al gioco) e dei risultati che ne vengono fuori a seconda delle strategie adottate (tu prendi con le pinze quel che ti dico e vai a verificare, se hai interesse per la questione che hai prospettato perché, ti ripeto, di TdG non so).

L'origine delle false notizie è diversa a seconda dei vari casi, ma in tutti deve rientrare un accordo di 'sottoscrizione' (questo nell'ipotesi che la TdG possa rendersi utile al nostro fine), chiamiamolo così, sottoscrizione che ha come fine un 'vantaggio' (un pay-off nel linguaggio della TdG, una vincita finale): il pay-off è il poter continuare a giocare e il gioco è obbligatorio perché, qui sta il busillis, l'informazione proviene da chi è difficile osare di smentire o comunque da chi ci sopravanza per qualcosa (talvolta la situazione sociale tutta e non necessariamente il singolo 'decisore', anche se è attraverso il singolo 'decisore' che passa il peso della situazione sociale): ciò in parte accade per quello che dice Bloch (camminiamo nel mondo ad occhi semiaperti e di conseguenza vediamo la metà di quel che c'è e riportiamo, per comodità, quel che sentiamo dire: qui la 'comodità', il pay-off più piccolo, ci suggerisce di non cercar di sapere).

Il pay-off sarebbe dunque l'origine stessa della falsa notizia, un vantaggio che potremmo stimare d'ordine etico-sociale.

I 'decisori' partecipano al gioco, che noi chiamiamo 'falsa notizia' (per loro si chiama 'News') dove la regola è che perde chi s'accorge che la notizia è falsa

Qui il discorso porterebbe lontano e non ho i mezzi teorici né temporali per estenderlo, ma, per fare un esempio, paragona lo svantaggio così acquisito come identico a chi acquista consapevolezza di far parte di un gioco cui il soggetto non credeva di partecipare (perché è di più di quello che immaginava), come il caso di The Truman Show: ce ne sono di migliori, di esempi, ma ora non mi vengono. Comunque si tratta di una consapevolezza che non tutti sono disposti a raggiungere, perché dolorosa: ed è anche il caso di Bardamu, ancorché qui essa sia derivata dal diverso comportamento altrui).

Inoltre le false notizie, ho letto, oggi si chiamano news making o news management e rientrano direttamente, come anche tu fai presente, nell'ambito della 'comunicazione persuasiva', adottata per lo più in situazioni di conflitto armato o in cui siano in ballo forti interessi socio-economici. In ogni caso, siamo sempre nell'ambito di situazioni di 'conflitto', tòpos cui si può applicare la TdG.

Poi, se mi permetti il lato 'romantico' della questione: l'articolo che hai postato invita all'analisi, prima che i filosofi, i detective e questo mi affascina, amando il sottoscritto tutto ciò che è mistero (e dunque grazie di aver postato). Il mistero è matematica.

In sintesi, l'invito, magari inutile -ma doveroso perché sono coraggioso, devo esserlo anche per risponderti senza un sapere- a cercare nella TdG una possibile via d'analisi, nasceva pure dalla ridda di domande che l'articolo poneva al lettore: consideravo, infatti, che prima di poter definire la questione nell'ambito di una sua eventuale 'spiritualità' (come risposta al quesito 'a quale categoria dello spirito appartengono le false notizie'?), deve esser possibile, anzi doveroso, cercare di comprendere il fenomeno nella sua 'articolazione' (se possibile matematica, dunque con una TdG, ad esempio).

Spero di esserti stato d'aiuto anche se son solo sciocchezze. Ciao» Burattino




«per la verità ho trovato estremamente interessante il tuo post. Ammetto di non sapere nulla di TdG; però mi pare un approccio contemporaneo alla questione che Bloch ha posto in altri termini. Non lo so, ma potrebbe essere davvero così: all'origine delle false notizie sta un vantaggio di ordine sociale». Stirnerisback




«Sto cercando qualche conferma più puntuale all'ipotesi che ti ho lanciato e ti saprò dire replicando su questo topic, a suo tempo, se avrò qualche 'vera notizia'.

In ogni caso la TdG è certamente utilizzata nella 'news making', soprattutto nel marketing, anche legato al consenso politico e rientra, dunque, sicuramente nell'ambito delle tecniche di comunicazione persuasiva. Ma le 'false notizie' di Bloch sono ovviamente di più, o di meno, secondo i punti di vista, dato che l'articolo che hai postato ci presenta una condizione di 'inspiegabilità' del fenomeno, se considerato alla luce dei meri interessi dei soli 'news makers'.

Credo che la difficoltà maggiore, anche per l'utilizzo della TdG nella comprensione delle 'fausses nouvelles' (oltre che per il fondamento di ogni scienza sociale e psicosociale), sia quella di trovare il modo di considerare il 'corpo sociale' come un corpo, anziché una ridda di singoli individui, più o meno occasionalmente riuniti in gruppi ed ognuno perseguente un proprio particolare interesse.

In sintesi, la scienza sociale non può che avere, in tale prospettiva, un fondamento metafisico. Vale anche qui, pur nella speranza che un modello matematico, quindi una possibile dimostrazione, possa darsi (almeno ad illuderci per un poco delle scienze sociali 'more geometrico demonstrate'), il teorema di incompletezza di Kurt Gödel.

Ma, se mi permetti e ricordando quanto un'insegnante di danza a suo tempo mi disse della filosofia in rapporto alla danza, questa essendo una plastica del corpo quella, diceva, una plastica del cervello (prendiamo la parola cervello con le dovute attenzioni), credo che noi dobbiamo, in tale insufficienza in cui ci troviamo, valutare la 'bellezza', insomma la plasticità, per dire con le parole dell'insegnante di danza, di un sistema filosofico, di una dimostrazione matematica o di un sistema assiomatico, e che proprio la bellezza, in cui non possiamo non inserire il criterio di utilità (non esiste una cosa bella e inutile) è forse il paradigma della verità di cui si parla in filosofia ed in psicoanalisi

(cfr. 'Il fattore della Verità' di Jacques Derrida).

Nota, qui, quanto siamo vicini all'assimilazione della Verità alla Persuasione e quindi, in fondo, alla Scienza come Retorica.

Scusa l'accozzaglia di suggestioni. A risentirci». Burattino


Saggio

 

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