ECONOMIA

INTESA, ACCORDO SUGLI ESUBERI

Chiusa la trattativa nel gruppo bancario.

In Veneto 130 addetti potranno scegliere la pensione; altri 800 sulla rete

 

Sono 130 i “pensionabili” veneti di Intesa Sanpaolo, e 800 i dipendenti amministrativi destinati ad essere ricollocati nella rete commerciale. Sono i numeri regionali parte dell'accordo nazionale raggiunto ieri notte a Roma, dopo una trattativa durata oltre un mese, tra organizzazioni sindacali e il gruppo bancario di Torino (presente in Veneto con Cariveneto e Carivenezia) sul piano d'impresa 2011-13.

Un'intesa che riguarda 8mila dipendenti: 3mila in uscita volontaria e incentivata, 5mila in ricollocamento e 1.200 nuove assunzioni. Le uscite riguarderanno i lavoratori che entro il 31 dicembre 2013 avranno maturato il diritto alla pensione o alla finestra pensionistica; ma quelli che hanno maturato il diritto al pensionamento cesseranno dal servizio solo se le adesioni ai piani d’uscita risultassero inferiori alle 2.500 unità (a livello nazionale). Quanto ai dipendenti da ricollocare professionalmente a ruoli commerciali, sono previsti percorsi ad hoc di formazione e specifiche tutele in tema di mobilità.

Per Giuseppe Milazzo, coordinatore nazionale Fabi (federazione autonoma bancari italiani) in Intesa Sanpaolo «l’accordo è particolarmente apprezzabile considerando la difficile situazione economica che stanno attraversando le banche, visto che prevede nel triennio nuove assunzione di giovani, di cui 250 da assumere con contratto di solidarietà espansiva».

Di diverso avviso Mariangela Comotti, segretario della Falcri (federazione autonoma lavoratori del credito e del risparmio italiani) nel gruppo bancario. «Non diamo per scontato – afferma la Comotti – che i lavoratori interessati accoglieranno a braccia aperte il piano di uscita volontaria. Le incentivazioni non sono quelle del passato, e anche in Veneto potrebbero verificarsi resistenze, perché in tempi di crisi anche nelle regioni più ricche i lavoratori devono fare i conti con i soldi in portafoglio».

La Falcri, per ora, non ha aderito all’accordo. «Secondo noi – termina la Comotti – oltre ad essere poco conveniente, presenta deroghe a diritti previsti dal contratto collettivo nazionale e da accordi aziendali con danno, anche retributivo, per i colleghi interessati alla riconversione “forzosa”: demansionamento, perdita di indennità di pendolarismo, limitazioni alle garanzie sulla mobilità territoriale, obbligo di fruizione delle ferie e permessi entro l’anno e sospensione dei percorsi professionali di carriera».

 

 

Marco de' Francesco

                                                                                                       Corriere del Veneto

31 luglio 2011