LETTERA AL DIRETTORE

WHO'S YOUR CITY...

VUOI VEDERE CHE RICHARD FLORIDA

HA RAGIONE?

IN TEMA DI METROPOLI

 

Oggi Il Giornale di Vicenza mi ha "inviato un promemoria". E' la pagina 6 del 7 Aprile 2011 che titola "I dati mondiali: Veneto Metropolis è una necessità", interessante declinazione locale di una diagnosi globale. Il 25 Marzo scorso, infatti, un articolo del Corriere della Sera con tanto di grafici e tabelle che si espandevano su due pagine intere ha catturato la mia attenzione.

La mia reazione al titolo "Anno 2025, il mondo in mano a 600 città" (Corriere della Sera del 25 marzo 2011), mi ha fatto esclamare: "Who's your city? Richard Florida… (teorico di studi urbani, ha scritto il best seller Who's your city, ndr) vuoi vedere che ha ragione!?".


Il fenomeno per cui nei prossimi quindic'anni le città diventeranno sempre più importanti dal punto di vista economico, come osserva l'articolo, porta in sé una serie di considerazioni di più ampio respiro. Se da un lato viene evidenziata la crescita dimensionale delle città e delle aree suburbane circostanti, dall'altro è necessario considerare la specializzazione e la caratterizzazione che ogni area possiede come se andasse a costituire un suo tratto distintivo ed un sua "personalità caratteristica", proprio come una persona.


L'Italia, in questo quadro delineato dallo studio McKinsey, che è la fonte dell'articolo, sembra un "paziente" in crisi d'identità che è ad un punto cruciale della sua vita e che denota una mancanza di carattere simile a quegli atleti che, a causa dell'età e soprattutto della mentalità, sono entrati in una crisi dalla quale non riescono più a risollevarsi, con il rischio che diventi cronica. Mi riferisco in particolare all'atteggiamento delle persone e delle aziende e non tanto ai numeri dei bilanci o alla ripresa economica tanto attesa. Di fronte a questi argomenti mi frullano in testa molti concetti
interconnessi tra di loro: dalla fuga dei cervelli all'estero alla difficoltà di avviare un'attività ed effettuare investimenti in Italia, dalla situazione lavorativa (o sarebbe meglio dire "non lavorativa"?) che le generazioni di trentenni e ventenni devono sopportare dopo anni di miopia e mancanza di lungimiranza di imprenditori, sindacati e politicanti a vario livello alla dispersione del capitale sociale diffuso sul territorio e di quello potenziale.


Tornando a Florida, alla crescita delle città e allo sviluppo di aree metropolitane caratterizzate da peculiari specificità, non ho potuto fare a meno di rivolgere una riflessione alla mia regione d'origine: il Veneto e più in generale il nord-est conosciuto per il miracolo economico e quel fenomeno caratterizzato (a suo tempo) dall'evoluzione dei suoi peculiari distretti industriali. Da quasi diec'anni, cioé dagli inizi della mia carriera accademica all'università Ca' Foscari, ho partecipato a corsi, a conferenze in varie sedi e vari contesti, letto articoli e ascoltato discussioni dove si prospettava una nuova megaregione del nord-est unita non solo dal punto di vista economico ma anche da una comunione di intenti (sia a livello politico che privato) e da una crescita, o meglio un'evoluzione, che proponesse nuovi modelli di vita in contrapposizione alla semplice replicabilità di attività che hanno caratterizzato lo sviluppo nel passato e che diventeranno sempre più esclusiva dei grandi paesi in via di sviluppo nell'Estremo Oriente, in India e probabilmente in Sud America.


Da diversi anni sento parlare di un nord-est che cambia pelle e delle eccellenze che sono presenti nella mia area. Ho anche potuto vedere come queste eccellenze si contraddistinguano a livello globale. E ho anche capito come sia fondamentale che si formi un cultura simile e diffusa nel tessuto socio economico della regione. Pensando all'evoluzione globale delle città, a mio avviso e con un certo rammarico, ho avuto l'impressione che il nord-est delle PMI si sia bloccato davanti alle parole CULTURA e DIFFUSA. Infatti, le "cosiddette aziende leader" rimangono tali e non trainano un'evoluzione culturale diffusa appunto sul territorio (al massimo trainano economicamente) e rimangono delle "isole felici" ormai da troppo tempo. Molte aziende, tra cui anche alcune leader, non sono in grado di garantire una gestione dei talenti a livello locale e ci troviamo di fronte a generazioni di manager che vengono costretti a muoversi in rigide logiche padronali. Senza contare i laureati che il lavoro proprio non lo trovano e vengono sostituiti, ad esempio, dalla partita iva del chiacchierone "che però sa vendere qualche toco in più e così poi non si rischia l'investimento su una persona"...la sensazione è che persista ancora una bassa tolleranza alla cultura, se non quella dei "schei" immediati, una mancanza di capacità di gestione dei talenti che comporta una mancanza di investimenti (in particolare nell'Intelligence che può lavorare per una svolta culturale della regione) e una refrattarietà all'innovazione di processo intesa come capacità di adottare nuovi processi mentali diffusi su tutto il territorio.


Questa riflessione, ovviamente, è una riflessione personale che deriva da un percorso specifico, da sensazioni personali e confronti con esperienze vissute all'estero sia direttamente sia tramite amici e conoscenti.


L'intenzione è quella di fornire un punto di vista, forse un po' provocatorio, da parte di chi ha vissuto l'evoluzione del nord-est e della globalizzazione dalla parte di una generazione di ormai trentenni laureati, nella speranza di contribuire un giorno con entusiasmo, con le competenze
acquisite e con una nuova visione, alla crescita socioeconomica di una megaregione ancora incapace di esprimere una mentalità diffusa innovativa e tollerante. Mi auguro che questo disagio venga superato e che almeno le generazioni di ventenni laureandi possano sperimentare un senso di adeguatezza e di stabilità, non tanto economica ma soprattutto sociale per gettare le basi di un futuro costruttivo in un ambiente aperto al cambiamento e alla valorizzazione delle persone e delle idee.


Purtroppo, al momento, solo le metropoli sembrano diventare "la patria" delle nuove generazioni attive su diversi fronti, da quello economico a quello sociale a quello culturale, garantendo benessere, equilibrio e in particolare possibilità di realizzazione personale. E forse dovremmo aggiungere l'aggettivo "estere" a "metropoli", visto che, per citare l'articolo, "Le città italiane rimarranno ferme".


Per concludere e per congedarmi concedetemi un'ulteriore citazione, di Wired Italia, che trovo di particolare attualità e simbolica nella ricorrenza dei 150 anni della Repubblica: "Sveglia Italia!"...e speriamo che otto anni siano sufficienti almeno per un "Nord-Est metropoli" capitale europea della cultura 2019.

Fabio Novella

7 aprile 2011

articolo del direttore