SANITA' PADOVANA

RETE OSPEDALIERA PADOVANA

IL MOMENTO DELLE DECISIONI

 

 

Voglio riproporre alcune considerazioni fatte circa tre anni fa sulla rete ospedaliera padovana e regionale in generale. Considerazioni che ritengo tuttora attuali e che troveranno spazio (penso) nel prossimo Piano socio-sanitario regionale, sulla scorta anche dell’attuale congiuntura economica che costringe l’amministrazione regionale a ridurre la spesa sanitaria regionale senza incidere sui servizi offerti al cittadino. Questa situazione non può che portare obbligatoriamente ad una razionalizzazione e riqualificazione della rete ospedaliera pubblica e privata regionale.


La Regione, già con la Legge n. 39/1993, si poneva l’obiettivo di realizzare un moderno, razionale e qualificato policentrismo ospedaliero, prevalentemente organizzato sulle funzioni di media ed elevata assistenza, attraverso la distribuzione nel territorio dei presidi fissi esistenti, o da istituire, nel quadro del riequilibrio delle dotazioni sanitarie e la riorganizzazione delle attività interne dei presidi stessi, superando, gradualmente, la frammentazione degli stabilimenti e dei presidi ospedalieri esistenti. Si precisava inoltre che la modifica dell’attuale assetto territoriale e dimensionale degli stabilimenti ospedalieri doveva essere affrontata nell’ottica del superamento delle situazioni dualistiche eliminando i doppioni.


Con la Delibera n. 3223/2002 la Giunta Regionale del Veneto si occupava nuovamente nella rete ospedaliera, dovendo applicare lo standard imposto dalla normativa nazionale di 5 posti letto per 1000 abitanti, di cui l’1 per 1000 dedicato alla riabilitazione. Alla riduzione dei posti letto si legge nel provvedimento deve, peraltro, accompagnarsi una riduzione anche delle unità operative autonome resa possibile attraverso l’attuazione dei dipartimenti, i quali, dovranno costituire la forma organizzativa fondamentale dell’assistenza ospedaliera. In tale delibera si evidenzia come la rete ospedaliera veneta risulti da un lato eccessivamente parcellizzata perché ancora dispersa su numerosi presidi di piccole dimensioni, dall’altro ancora paradossalmente accentrata perché oggi le tecnologie consentirebbero a molti dei servizi offerti da questi presidi di essere offerti molto più vicino alle comunità, a livello distrettuale e perfino domiciliare. Uno degli elementi di maggiore innovazione del provvedimento riguarda il superamento di rigide classificazioni dei presidi ospedalieri e l’individuazione di profili funzionali in cui includere ciascun presidio ospedaliero all’interno di una logica di rete. Si individuano, quali profili di riferimento, gli ospedali costitutivi della rete suddivisi in: Aziende Ospedaliere, Ospedali dei capoluogo di provincia ed ospedali di rete, ai quali si affiancano gli ospedali integrativi della rete, che di norma sono interamente o in modo importante dedicati all’assistenza dei post-acuti e dell’assistenza riabilitativa estensiva. Si precisa inoltre che un ulteriore passo nel perseguimento della riqualificazione delle rete ospedaliera consiste nella disattivazione completa di intere strutture o edifici ospedalieri risultando più efficace allo scopo del contenimento rispetto alla semplice riduzione diffusa dei posti letto.


Tanto premesso, pur esistendo gli strumenti di programmazione, a mio parere, poco si è fatto in questi anni per creare una rete efficiente degli ospedali del Veneto e della provincia di Padova. Ad esempio, non si può pensare alla progettazione del nuovo Ospedale di Padova senza avere fatto una pianificazione sulla rete degli ospedali della provincia di Padova. Infatti una rete ospedaliera provinciale ben organizzata potrebbe consentire una riduzione delle molte specialità di base che ancor oggi sono presenti nell’Azienda Ospedaliera di Padova, così come ad una razionalizzazione delle medie specialità, recuperando risorse per l’ alta e l’altissima specialità, la ricerca e la didattica.
Altro tasto dolente il funzionamento dei Dipartimenti intraospedalieri ed interospedalieri che nella maggior parte delle realtà sono stati istituiti ma senza risultati tangibili, in termini di recupero di risorse umane, di condivisione di tecnologie e di linee guida cliniche/organizzative (fanno eccezione in alcune Aziende i Dipartimenti dei Servizi di diagnosi e cura quali: il Laboratorio e la Radiologia).


Nei prossimi anni oltre alla cronica carenza di personale infermieristico il servizio sanitario regionale dovrà affrontare anche la carenza di medici in diverse branche specialistiche, attualmente vi sono difficoltà a reperire sul mercato medici specialisti in anestesia e rianimazione, in radiologia, in ortopedia e traumatologia, in ostetricia e ginecologia, in pediatria, ecc..


Il “modello veneto” di assistenza diffusa e di alta qualità potrebbe non essere più sostenibile rispetto alle risorse disponibili nel prossimo futuro se la rete ospedaliera non venisse organizzata e governata, solo per asservire le spinte localistiche e/o le mancate scelte politiche locali e regionali, mettendo così a rischio un bene prezioso per i cittadini: la tutela della salute.

 

Massimo Girotto

 

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