In consiglio provinciale ok al referendum per il distacco dal Veneto, nel Carroccio diviso gli unici no

Tutta Belluno con il Trentino,

la Lega si spacca

 

BELLUNO - Che per il Carroccio il referendum sull’aggregazione di tutta la provincia di Belluno al Trentino Alto Adige fosse una rogna, lo si era capito dalle parole del governatore Luca Zaia pronunciate qualche giorno fa alla «cena degli ossi» , rimpatriata post-natalizia per vertici leghisti. E quanto accaduto ieri nel consiglio provinciale bellunese, con il via libera all’iter referendario ottenuto a laghissima maggioranza ma con due no, quelli dei leghisti Renza Buzzo Piazzetta Gino Mondin, e un «sì tecnico» del consigliere del Carroccio Cesare Rizzi, è l’eco di quelle parole.

«Non bisogna incentivare guerre tra poveri -aveva affermato Zaia -: tutto il Veneto merito federalismo e autonomia. Non mi schiero né pro né contro». Insomma, Zaia con un occhio guarda all’ipoteca delle 17 mila firme per il referendum (raccolte dal comitato Belluno Autonomia Dolomiti), con l’altro contempla con un brivido un Veneto senza montagna, una cartina della regione ritagliata all’altezza dell’Alto Trevigiano. Il cuore sta dalla parte della volontà popolare, stella polare del cielo leghista; la ragion di stato da quella del federalismo, dell’integrità del Veneto e della centralità della politica, che il referendum mette in discussione.

Di qui la spaccatura di ieri, con due consglieri dissidenti e un presidente della Provincia, Gianpaolo Bottacin (sempre leghista), che vota sì al referendum e si impegna a perorare la causa nelle sedi opportune. E però avverte: «Non confondiamo i cittadini, sarà un iter molto lungo e difficile» . Sì, perché quello di ieri, seppure sostenuto da larga maggioranza (21 sì e 2 no), è solo il primo passo: dopo la consultazione popolare, se la proposta di distacco verrà approvata, ci sarà quella parlamentare, che si presenta molto complicata.

«Una strada lunga -ha affermato il consigliere regionale del Pd Sergio Reolon -tortuosa e accidentata. Se non saremo in grado di creare una cultura dell’autonomia, e se le forze politiche locali, tutte insieme, non saranno capaci di fare pressione sui partiti a Roma, saranno guai. Perché la situazione del Bellunese è drammatica, per certi versi già irrecuperabile: per il mercato la montagna, costosa e spopolata, non è appetibile. E la soluzione non è il federalismo: serve una cura più radicale, l’autonomia; appunto secondo il modello già sperimentato delle province autonome di Trento e Bolzano».

Autonomia che, però, secondo il verbo leghista si deve raggiungere tramite il federalismo. «Capisco il disagio da cui proviene questa decisione -ha affermato ieri Zaia -. Lo viviamo tutti i giorni nelle zone di confine. Ma è un disagio che ormai riguarda tutta la regione, che tutta insieme deve avviare un deciso percorso verso l’autonomia. E la strada maestra per tutti è quella già imboccata del federalismo».

Ma i promotori del referendum restano ottimisti. «Anche nella Lega -chiosa il leader Moreno Broccon -prevarrà la logica del territorio. E poi, mentre il partito dice una cosa, il popolo leghista di qui la pensa proprio come noi».

 

 

Marco de' Francesco

Corriere del Veneto, 12 gennaio 2011