SALUTE E SOCIETA'

194, IL TAR DELLA LOMBARDIA

BOCCIA LE LINEE GUIDA

 

Due giorni fa il Tar della Lombardia ha bocciato la delibera della giunta regionale del 2008 che conteneva le linee guida sull'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) per gli ospedali del territorio.

In particolare, la delibera riduceva da 24 settimane a 22 settimane e 3 giorni il limite massimo per l'aborto terapeutico oltre il 90esimo giorno (cui si può ricorrere in caso di pericolo per la salute mentale e fisica della donna, o di impossibilità di vita autonoma per il feto).

Il piccolo particolare che la giunta lombarda non aveva preso in considerazione è che questi e altri provvedimenti contenuti nel documento sono in netto contrasto con la stessa norma nazionale 194 del 1978 (quella che disciplina l'Ivg in Italia). Come già ricordato, infatti, se vi è pericolo per la salute della madre, il termine previsto per legge è di 24 settimane; nel caso di impossibilità di vita autonoma per il feto, invece, la legge non fissa alcun termine, rimandando il giudizio ai medici competenti.

Un altro punto in contrasto con la legge nazionale riguarda l’accertamento dei gravi motivi psichici in caso di aborto terapeutico. La 194 rimanda la valutazione all’ostetrico-ginecologo, lasciando anche che sia tale specialista a decidere se avvalersi o meno del consulto di altri medici; la delibera lombarda, invece, prevedeva che ad effettuare l’accertamento fosse uno psicologo o una psichiatra.

Inoltre, il documento imponeva che fossero ben due ginecologi a redigere il certificato medico per attestare il rischio della donna (già è un'impresa trovare un ginecologo che non sia obiettore di coscienza, trovarne due è quasi impossibile e comporta certamente un allungamento dei tempi). Come se questo non bastasse, il dirigente della struttura sanitaria doveva poi firmare il certificato. A marcatura permanente della donna, la delibera prevedeva anche l’istituzione di un registro regionale.

La decisione del Tar è stata definita “di deriva abortista” dal presidente della Regione Roberto Formigoni, che aveva voluto la delibera. Eppure, le contraddizioni tra il documento e la legge in vigore sono palesi e non lasciano spazio a dubbi. Purtroppo, sarà difficile rimettere in discussione la pratica consolidata negli ultimi due anni in Lombardia.

Il Tar ha voluto anche porre l’accento sul diritto o meno delle Regioni di legiferare sull'Ivg: “Sarebbe illogico permettere che una materia tanto sensibile come l'aborto, che coinvolge scelte di fondo riguardanti i valori essenziali quali vita e salute, possa essere disciplinata differentemente sul territorio nazionale, lasciando che siano le Regioni a individuare, ciascuna per il proprio territorio, le condizioni per l'accesso alle tecniche abortive”. Cosa che, però, avviene nel caso della RU 486...

 

 

Caterina Visco

3 gennaio 2011

Galileo, giornale di scienza e problemi globali