Una Sanità che ci permetta di consultare la
nostra cartella clinica comodamente da casa; o che
ci consenta di prenotare visite mediche, e di comunicare
con il nostro medico di base senza dover affrontare
estenuanti ore di attesa, o interminabili code agli
sportelli. Il tutto senza alcun foglio di carta da
dover archiviare, perché è tutto online.
Utopia? Fantascienza? A dire il vero, negli Stati
Uniti questa è la Sanità del presente.
La sfida della Sanità americana viaggia infatti
ormai da tempo sull’interazione medico-paziente,
soprattutto grazie a strumenti informatici e social
network (twitter su tutti) che permettono ai medici
di interagire con i propri pazienti e tenerli informati,
oltre che confrontarsi con altri colleghi.
E in Italia a che punto siamo? Secondo l’Agenda
digitale, pubblicata dalla Commissione Europea, le
cartelle cliniche online saranno una realtà
tra non più di cinque anni. «Dobbiamo
investire nell’uso intelligente della tecnologia
e nello sfruttamento delle informazioni per trovare
soluzioni che riducano il consumo energetico, sostengano
una popolazione che invecchia, consentano ai pazienti
di avere un ruolo più incisivo e migliorino
l’accesso alla rete delle persone con disabilità
- si legge nel documento -. Uno degli obiettivi potrebbe
essere di consentire ai pazienti la consultazione
delle cartelle cliniche, ovunque si trovino in Europa,
entro il 2015».
In realtà gli strumenti per l’e-health
esistono anche in Italia, anche se le aziende sanitarie
stanno cominciando solo ultimamente a realizzare servizi
sanitari elettronici. A questo va poi aggiunto il
cronico e purtroppo usuale divario, anche a livello
tecnologico, tra Nord e Centro Sud.
Comunque le Regioni, ognuna in maniera autonoma e
differente, si stanno muovendo (a velocità
diversa l’una dall’altra). Al Forum PA
di quest’anno, ad esempio, sono state premiate
numerose Regioni per i loro progetti di sanità
elettronica ritenuti particolarmente interessanti
ed innovativi: tra queste la Liguria, l’Emilia-Romagna,
le Marche, la Lombardia, il Piemonte, ed anche il
Veneto. Progetti (alcuni dei quali già attivi)
che vanno dalla creazione di database per l’inserimento
di dati clinici ambulatoriali, ospedalieri e riabilitativi,
a card Usb che permettono di seguire la donna in gravidanza
(previo inserimento dei referti medici), da sistemi
informatizzati che consentono di effettuare prenotazioni
sanitarie e pagamenti dei ticket a registri per memorizzare
la storia dei pazienti più piccoli.
E ancora, un fascicolo sanitario elettronico sotto
forma di una Mypage (pagina personale) in cui è
archiviata, e aggiornata in tempo reale, la storia
clinica del paziente. Il funzionamento è quasi
elementare: una volta effettuata la registrazione
sul sito, paziente e medico di base possono accedere
al Patient Summery, un documento che riassume le informazioni
cliniche, e aggiornare la propria scheda sanitaria
(completa di tutti i referti medici).
«È in atto un cambio di episteme, uno
di quei passaggi storici che possono cambiare profondamente
il modo di essere e di vedere la sanità italiana.
Riuscirà la classe politica e manageriale della
sanità a comprendere e indirizzare questo mutamento
di episteme? - si domanda Mauro Moruzzi, direttore
generale di CUP 2000 - È il vero interrogativo
dei prossimi mesi e dei prossimi anni, poiché
c’è sempre il rischio di chiusure e incomprensioni
culturali che possono ritardare di anni (a volte di
decenni) i cambiamenti necessari. L’informatizzazione
non vuol dire ancora sanità digitale ad alta
comunicazione. Ne è un prerequisito necessario
ma non sufficiente, sempre che venga progettata e
realizzata per riorganizzare le modalità di
produzione e distribuzione dei servizi sanitari e
sia accompagnata da un forte cambiamento della cultura
organizzativa e una massiccia opera di coinvolgimento
e formazione a tutti i livelli».
Questi cambiamenti porteranno, insomma, nel prossimo
futuro indubbi vantaggi per i pazienti, sia in termini
di facilità di accesso al mondo sanità,
che in termini di costi. La strada, però, è
ancora lunga e tutta in salita, perché digitalizzare
processi e informazioni (trasformandoli in servizi)
è un lavoro che richiede tempo e mille attenzioni.
Di certo, l’informatizzazione non porta di per
sé ad una semplificazione dei processi e una
riduzione dei costi. Al contrario, c’è
il rischio che si possa trasformare in un ulteriore
costo per il sistema e uno strumento che amplifica
il potere della burocrazia.
Per questo è fondamentale una nuova alleanza
tra medici e cittadini-pazienti, costruita su un rapporto
collaborativo e paritario.
Insomma, il cittadino digitale non è e non
sarà mai più il paziente di una volta.