Sono
320 ed abitano a Crea, Mirano, Salzano, Spinea, Vetrego
e cioè borghi, Comuni e frazioni attraversati
dal Passante di Mestre, 32,3 km di tratto autostradale
A4 e striscia d’asfalto larga 32,5 metri, con
carreggiate a tre corsie, tre svincoli (Preganziol,
Spinea e Martellago), due interconnessioni (A27 e
A57), nove tratti in trincea, otto gallerie artificiali
e quattro viadotti. Riuniti nel “Comitato per
il Passante Pulito”, non contestano l’utilità
dell’infrastruttura, ma la carenza di opere
di mitigazione e (l’asserita) arbitrarietà
degli indennizzi: sono quelli che, avendo casa a più
di 60 metri dal ciglio del Passante, non hanno avuto
un euro di risarcimento.
«Ma
per tutti, qui – afferma il leader del comitato
Alessandro Barasits – la questione economica
è secondaria. Vogliamo riprenderci la nostra
vita, tornare a spalancare le finestre e a dormire.
Perché manca ciò che ci hanno promesso:
dune, alberi, barriere fonoassorbenti». Puntando
il dito contro la Cav (società per azioni che
gestisce il Passante, 50% Anas e 50% Regione Veneto)
quelli del Comitato si sono rivolti allo studio legale
associato di Mirano “Brunello & Piergiovanni”.
Dopo l’esame dei presupposti di diritto, lo
Studio ha deciso per un’azione (civile) collettiva,
sempre che la controparte non accetti soluzioni extragiudiziali.
“Class
action” solo in gergo giornalistico, però:
non si tratta, infatti, di tutelare consumatori; qui
persone accomunate da stessi problemi e diritti chiedono
risarcimenti ad un unico contraddittore per presunti
danni extracontrattuali. Sul piatto indennizzi per
danno esistenziale e patrimoniale; e poi c’è
la questione delle opere di mitigazione. Per il comitato
il “Passante Verde”, inaugurato da Giancarlo
Galan nel novembre 2009, «è una bufala»;
ed in effetti il “parco lineare”, 20 milioni
di euro stanziati, 650 ettari di cui 340 per attività
ricreative, 125 destinati a protezione e 185 a cultura
arborea, con tanto di 100 km di piste ciclopedonali,
sconta un certo ritardo.
Ma
a Spinea quella sul passante non è l’unica
crociata: si stanno scaldando i muscoli i membri del
“Coordinamento contro la riapertura della discarica
di Fornase”, che unisce liste civiche, ambientalisti
e associazioni di partito. «La discarica –
dichiara il portavoce Davide Morello – attiva
tra il ’91 e il ’98, e gestita anche “post-mortem”
dalla Integra Srl (ex Ecoveneta Spa) era “sigillata”.
Ma nel luglio 2008 la società ha presentato
un progetto di riapertura, con conferimento di 150mila
tonnellate di materiali in tre anni e incremento della
collinetta di circa 3,2 metri. Due le motivazioni,
secondo Integra: anzitutto la legge ora prevede che
la società di gestione si occupi del post-mortem
per 30 anni (in passato solo cinque), e pare che abbia
già perso 450mila euro; e poi c’è
la grana del percolato: la discarica ne produce troppo,
filtra attraverso il fondo e potrebbe inquinare il
fiume lì vicino. Insomma, per Integra si tratta
di mettere l’opera in sicurezza; anche per noi,
ma senza nuovi rifiuti». Il progetto ha ottenuto
il “placet” della commissione regionale
Via (valutazione di impatto ambientale); ma proprio
sulla linea di partenza, colpo di scena: a fine giugno
il sindaco Silvano Cecchin vieta con ordinanza l’utilizzo
dei pozzi lì vicino. Trovati valori di arsenico,
manganese, ferro e ammoniaca superiori alla soglia
di legge. Si blocca tutto. «Ora la palla è
in mano alla giunta regionale – termina Morello
-, ma abbiamo già raccolto 1.500 firme: se
dice di sì, scatta l’azione collettiva».
Class
action contro Comuni di Trevigiano e Vicentino le
stanno invece preparando quelli del “Coordinamento
nazionale per la Sicurezza a 360°”, sul
fronte anti-multe, in tema cioè di autovelox,
photored, sorpassometri e etilometri. «Perché
siano risarciti – spiega il responsabile Giorgio
Marcon – automobilisti che hanno subito danni
patrimoniali e morali dall’istallazione di apparecchiature
irregolari o utilizzate in modo non conforme alla
legge. L’azione dovrebbe essere già iniziata;
ma attendiamo notifiche di sentenze, per valutare
possibili risvolti penali».
Alla
class action stanno pensando anche 18 famiglie legate
al Coordown (Coordinamento nazionale associazioni
di persone con sindrome di down) «per via di
alcuni casi di grave discriminazione – afferma
il segretario nazionale Franca Buzzo Torti - subita
dai down in parchi di divertimenti come Gardaland
(Castelnuovo del Garda, Verona) e simili. Può
sembrare strano, ma ci sono giostre chiuse ai nostri
associati; la scusa è quella dei “problemi
di sicurezza”. A giorni una riunione sul tema,
poi parliamo con gli avvocati».
L'altro
fronte aperto è quello della preoccupazione
per l'uso dei fitofarmaci da parte dei viticoltori,
nelle zone del Prosecco: la fondazione "Amica
madre terra" ha dato mandato a uno studio legale
- l'associato Favaro, Lovisa, Milanese e Novello di
Treviso - di valutare una causa per bandire i prodotti
tossici di prima classe dai vigneti, vista l'inevitabile
contaminazione di aria e terreno non solo privati.