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Download illegale, perché?

Viaggio alle radici di una prassi


Scaricare musica senza pagarla è un furto? Produrre musica ha costi elevati ed il fatto che i guadagni per le "etichette" siano alti - nel momento in cui un'artista abbatte il muro dell'indifferenza e riesce a sfondare - non può essere una giustificazione.


La musica è giusto che abbia un prezzo che va pagato per sostenere gli artisti.

Giova fare un passo indietro e tornare con la memoria ai tempi in cui internet non esisteva ed un disco copiato appariva come una cassetta con i titoli scritti a mano. A quell'epoca, avere "gratuitamente" l'ultimo album di un'artista non era semplice. Anzi, a volte non era possibile e comprarlo era l'unica alternativa. Inoltre, avere un disco non originale significava averlo in cassetta, quindi a discapito della qualità, oppure successivamente masterizzato su un cd vergine con problemi di compatibilità con alcuni lettori (i sintocd delle autoradio).


Per le "etichette" dell'epoca la situazione era ottima. Questo anche perchè un disco era un prodotto che non poteva essere sostituito ed ogni artista è unico. Insomma, se si voleva comprare l'ultimo disco di un noto artista si doveva acquistarlo dalla casa titolare dei diritti perchè nessun altro li poteva avere.


Se poi pensiamo che musica vuol dire passione e che spesso sviluppava, e si sviluppa tuttora verso alcuni artisti, un sentimento quasi morboso di affetto, comprendiamo come fosse facile vendere un prodotto (il Compact Disc) a margini di profitto molto alti.


Giusto per capirsi. Un CD 15 anni fa circa costava 30/40 mila lire, mentre
oggi molte uscite escono a 16,99 includendo nel prezzo più di dieci anni di inflazione.


Non è che il fan avesse scelta. Se voleva un artista famoso, ad una qualità buona, doveva necessariamente comprarlo a quel prezzo. Questo meccanismo, o meglio, questo sentimento, rappresentava però una difficoltà per l'etichetta e la sua volontà di produrre profitti sempre più ingenti (come è giusto che sia, ricordiamoci che sono società a scopo di lucro e non enti di beneficienza).


Infatti rinegoziare un contratto con un'artista famoso e con una solida base di fan era un'operazione difficile ed onerosa. Già, in fase di rinegoziazione era l'artista che aveva l'esclusiva di se stesso, essendo unico in quanto tale.


Come fare quindi per aggirare questo problema? Bastava interrompere il
rapporto speciale tra l'artista ed il suo pubblico. Ma per fare questo c'era
necessità di una base di ascoltatori che fosse per lo più distratta, pronta ad ascoltare un giorno un gruppo e qualche giorno dopo un altro, pronta a fremere per il nuovo disco di un artista per poi essere pronta a spostare l'attenzione su altri.


Per tutti gli anni '90, in coincidenza con la nascita del fenomeno delle boy band, si è lavorato per trasformare un pubblico fidelizzato in un pubblico un po’ più distratto e pronto ad assimilare qualsiasi cosa gli venisse proposta.


Realtà che rimanevano in vita la durata di un contratto (come ad esempio 3 dischi + best of) e che venivano puntualmente sostituite al momento del rinnovo. La musica è un bisogno primario, e quindi la gente ha continuato a comprare i cd anche se non esisteva più un rapporto "speciale" con l'artista. Non c'era altra alternativa: se si voleva musica alla moda, e di buon qualità, si doveva comprarla! Interrotto questo collegamento di fidelizzazione, quando compare internet e la possibilità di avere brani musicali gratuitamente, è naturale che "questo pubblico", a volte non troppo appassionato, non avesse neanche grande interesse per opere originali, ma solo dei file in un computer, molto più gestibili anche per l'ascolto. Ecco che, in una dinamica molto Dantesca, si concretizza un contrappasso dal sapore medievale e che, ad oggi, ha reso il download illegale, la prima fonte di approvvigionamento per il pubblico più interessante: quello dei giovani. Forse anche Dante ne avrebbe sorriso.

 

Gianrico Cuppari