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Ventenne feltrina

finita in un porno:

lasciamola stare


C’è qualcosa di profondamente disonesto nel criticare, da un punto di vista morale, i protagonisti di un film porno che si è volontariamente scaricato. Nessuno ti costringe a farlo. La pornografia è uno “sfogo sociale”, necessario per consentire alla normalità di esistere e quasi obbligatorio sub specie aeternitatis. Venezia, Roma antica e Bisanzio, società piene di valvole e sfiatatoi per ricchi e poveri, hanno retto mille anni. Stati come la Firenze del Savonarola o l’Afghanistan dei talebani hanno chiuso in pochi anni e in un bagno di sangue. E per tutti vale la sostanziosa massima latina “nemo nostrum solide natus est” (nessuno nasce senza spiragli).

Detto questo, in una società postindustriale sembra prevalere il presagio di Henry Miller, e cioè che non ci saranno né uomini né donne ma solo pipparoli. Profezia confermata dalla vicenda di una ventenne di Feltre, che si è trovata, con qualche imprudenza ma suo malgrado, esposta allo sfrenato voyeurismo dei suoi concittadini.

Il fatto: tre giovani – una ragazza, il fidanzato e un amico – girano un filmato hard destinato a rimanere confinato in un ambito ristretto; e invece qualcuno, si dice la fidanzata dell’amico (ma non è certo e sul punto indaga la magistratura) lo piazza su internet e scoppia un macello. I giornali si impossessano della questione, la lanciano, e si mobilita la confraternita di Onan: 40mila affiliati scaricano il filmato con emule e per i protagonisti, soprattutto per lei, le cose si complicano. Denuncia, ma è troppo tardi: inutile chiudere la stalla, quando i cavalli sono già scappati.

Le pagine internet dedicate del Gazzettino, del Corriere delle Alpi e del Corriere del Veneto si fanno palestra per innocentisti e colpevolisti, perché in gioco, qui, è la reputazione e la vita di “lei”.  Dei ragazzi si parla poco. C’è chi fa commenti malevoli («Bastava non farsi filmare, oppure non farsene due alla volta! Povera.. ora si preoccupa della reputazione» oppure «Se la signorina in questione era consapevole e consenziente alla ripresa del filmino, non è degna di solidarietà. Se fai certe cose sei esibizionista, pervertito») tecnici («Fare sesso indossando i calzini? Che desolazione!», oppure «I due ragazzi mi sono sembrati un po’ mosci, mi aspettavo qualcosa di più aggressivo») caustici con i media («La solita bolla montata dai giornalisti che rischia di rovinare la vita a una persona» oppure «Ma sarà mai possibile che non abbiate altro da scrivere? Non vi pare che stiate contribuendo a rovinare una ragazza che avrà fatto una cavolata ma è ancora giovane e ha tutta la vita davanti? Non vi pare vergognoso pubblicizzare così tanto una faccenda che peraltro è già nota in provincia da mesi?») millenaristi («Siete tutti dei peccatori! Pentitevi prima di finire all'inferno o la punizione divina vi folgorerà!») comprensivi («Non necessariamente se una ragazza decide di fare certe esperienze sessuali vuole anche che tutto il mondo lo venga a sapere») esotici (Le donne saranno egoiste, abbiette, mentitrici, e si attaccheranno ai dissoluti. Diventeranno oggetto soltanto di soddisfacimento sensuale. Alcuni passi del Vishnu Purana riguardo al Kali Yuga: nell'ultima epoca si assiste ad uno sviluppo nella tecnologia materiale,contrapposto ad un’enorme regressione spirituale») e solidali («Ho visto il video: massimo rispetto per la ragazza che è vittima di questa situazione» oppure «Non vorrei che i ragazzi, soprattutto la ragazza, possano subire danni irreparabili; sto pensando a tutti gli articoli scritti dai quotidiani che hanno sprecato pagine intere solo per colmare la curiosità di tutta quella gente, spesso bigotta e con la coscienza certo più sporca di quei ventenni»).

Un lettore ammette: «E’ passato il weekend e ormai quasi tutti hanno visto il filmato, ognuno si è fatto la propria opinione, sul video, sui ragazzi, sulla ragazza e su come il video sia stato divulgato in rete. Come tutti mi sono divertito nella caccia al tesoro virtuale». Un altro ammonisce: «Qualche anno fa in provincia di Rovigo, un caso analogo: video hard, grande risalto sui giornali, passaparola in provincia e non solo.  Dopo un anno la ragazzina si è uccisa».

Certo si fa presto a sentenziare, quando si è estranei ai fatti; però colpisce la severità dei bacchettoni, che i commenti ritraggono con l’ostrakon in mano. Sarà il tribunale a definire come si siano svolti realmente i fatti; ma su due aspetti ci si può esprimere con una ragionevole certezza: i protagonisti non volevano che il video fosse pubblicato; la pubblicità dei media ha arrecato un danno consistente alla loro vita. Il rischio è che l’energica protesta di spiriti medievali possa rovinarla.

Ma se ognuno tornasse alla propria giovinezza, non vi troverebbe azioni inopportune, immorali o illegali? O meglio: la differenza tra una comune condizione e quella che stanno vivendo questi ragazzi non è forse il solo fatto di essere o non essere stati "beccati"? Ognuno pensi a sé, e troverà la risposta. Peraltro, è largamente preferibile, e da ogni punto di vista, un’esposizione sincera della sessualità piuttosto che la falsa esibizione di sentimenti. In altre parole: il Grande fratello, mito a cui aspirano le nuove generazioni, è molto più pornografico, invasivo e contagioso di un film porno.

I ragazzi vadano pure in giro a testa alta. Ciò che hanno fatto non è una novità su questa terra, e non c’è dubbio che i commenti più malevoli provengano, in genere, da persone che hanno molto da farsi perdonare e da coloro che la natura ha reso inetti alla tentazione in quanto forma di conoscenza. Affrontino il mondo senza paura. E i valori cristiani? Non sono mai stati privi di valvole di sicurezza. Nella Roma del Cinquecento, sede terrena di Dio, migliaia di “figlie di Venere” (circa il 10% della popolazione, altro che Bangkok) allietavano, menù à la carte con 72 diverse posizioni dai nomi esotici e misteriosi ("Chiesa nel campanile", "Argomento anteriore", "Bastone", "Melodia con i piedi"), le notti di artisti, soldati, cardinali e Papi.   

  

Marco de' Francesco