Giorgio Napolitano, Sebastián Piñera e Silvio Berlusconi

 

IL CILE UMILIA SILVIO IN ITALIA

MA DA NOI NON FA NOTIZIA

Le strategie delle Cancellerie straniere per evitare incontri bilaterali con Berlusconi

 

All’estero, per lui non c’è più niente da fare. E’ bruciato, e qualunque cosa facesse non basterebbe a riabilitarlo. Fuori, oltre i confini, funziona così; le sentenze mediatiche sono definitive e la «normalizzazione», quella pianificata dallo staff di palazzo Grazioli dopo gli scandali, proprio non è possibile: perché ci vogliono media, facce, mezzibusti e psicofanti – figure, talora patetiche, necessariamente collegate ad un sistema: il suo.


Così accade che il presidente del Cile umili e sbeffeggi in Italia il nostro premier, ma qui nessuno ne parla. Appunto perché la «macchina» della «normalizzazione» funziona solo nel nostro sfortunato Paese.


Il fatto: il presidente del Cile Sebastián Piñera ha in programma una visita in diversi Paesi del Mediterraneo: prima tappa in Italia, ieri e oggi. In ballo un accordo per creare una rete accademica comune e poi le visite di rito: al “collega” Giorgio Napolitano, al Papa e al presidente del consiglio Silvio Berlusconi.


Solo che due settimane fa scoppia la polemica nel Parlamento Cileno: forse quello lì è meglio non incontrarlo, meglio evitare incontri bilaterali, conferenze stampa e soprattutto le foto. Perché gli scandali del premier sono vicende che «contaminano», compromettono, intaccano reputazioni e svergognano vite. Tutto sembra a repentaglio, quando si ha a che fare con lui; soprattutto il «buon nome», cui all’estero tengono parecchio. Ma poi è prevalsa la ragion di stato; anche se il linguaggio dei cileni si fa militaresco, con toni da plotone di esecuzione. «Se la riunione è stata già fissata – ha affermato Jorge Tarud del PPD (Partito per la democrazia) - il presidente Piñera non può sottrarsi, e la cosa va fatta. E poi, le nostre relazioni con l’Italia vanno al di là della situazione personale di Berlusconi. Ma se possibile, si devono evitare le foto». Gli ha fatto eco il deputato dell’Udi (Unione democratica indipendente) Gonzalo Arenas: «Berlusconi resta la massima autorità del governo italiano: le presunte accuse a suo carico non sono materia di discussione né per il Cile né per il presidente Piñera». Ma il deputato del partito socialista Marcelo Díaz ha concesso: «Sarebbe stato meglio evitare questa tappa; ma è già stata organizzata e non ha senso sospenderla». Come dire: ormai siamo in ballo. E un altro deputato socialista Juan Pablo Letelier, ha aggiunto: «E’ una cosa che dovrebbe valutare la Cancelleria, perché non mi sembra un buon momento: è complicato che il presidente si trovi nel mezzo di una visita proprio quando Berlusconi è sotto processo». Insomma, l’uomo è un «lebbroso», meglio tenere le distanze; ma ormai è tardi.


Viste dall’esterno, le cose assumono presto una piega grottesca. Perché nel gioco delle cancellerie sembrano prevalere gli invitati, con l’anfitrione in un cantuccio o sui ceci. Alla fine si stabilisce che Piñera incontrerà sì Berlusconi, ma solo per mezz’ora (ieri, dalle 17 alle 17,30) e senza conferenza stampa congiunta. Una cosa mai vista: un politico di carattere, anche il tanto bistrattato Bettino Craxi, avrebbe preso a calci nel sedere Piñera e tutta la delegazione andina. E invece no: perché Berlusconi ha una fame disperata di mani straniere da stringere, per mostrare in patria che conta ancora qualcosa; e poi perché, nel peggiore dei casi, tutta la vicenda può passare sotto silenzio. Come in effetti è accaduto.


Ma non finisce qui. Piñera realizza che le somiglianze con il tycoon di Arcore sono troppe: come Berlusconi, è miliardario e pure proprietario della squadra di calcio Colo Colo e del canale televisivo Chilevisiòn. Così se ne esce con un’intervista incredibile al Corriere della Sera il 28 febbraio, tanto per prendere le distanze dal discusso personaggio che si accinge a incontrare. «Non faccio paragoni – ha concesso Piñera -: ho preso un dottorato ad Harvard, ho insegnato per 15 anni all’università e non mi pare sia il caso del presidente Berlusconi. Dalla metà degli anni Ottanta ho realizzato la mia vera vocazione, l’impegno nella vita pubblica, la lotta per restaurare la democrazia in Cile. Sono stato eletto due volte senatore, poi sono diventato capo del mio partito, ho corso due volte per la presidenza. Ci sono coincidenze con il presidente Berlusconi, abbiamo entrambi un’esperienza da imprenditori. Anch’io ho posseduto un canale televisivo e sono stato proprietario di una squadra di calcio. Ma ci sono molte differenze: sono più giovane, mi considero un uomo di famiglia, sono sposato da 37 anni, il parallelo non regge. Credo che siamo molto differenti per stile di vita, comportamenti e valori». E ancora, quanto a conflitto di interessi: «La legge cilena non mi obbligava a vendere nulla. L’ho fatto di mia iniziativa. Avevo detto che se fossi stato eletto avrei venduto la linea aerea Lan e trasferito la Tv a una fondazione non-profit, ma avrei tenuto la squadra di calcio, il Colo Colo, la mia passione. Ma poi ho deciso di vendere tutto, qualche mese fa».


Ma non è ancora abbastanza. Una volta avvenuto l’incontro (ma chi ne ha parlato?) dal Cile il Parlamento ha fatto sapere che non si poteva fare altrimenti. «I problemi personali di Berlusconi – ha dichiarato il deputato dell’Rn (Rinnovamento nazionale) Cristián Monckeberg - non offuscano la presenza del presidente Piñera in Italia. Al contrario, il rapporto tra i due Stati va mantenuto al massimo grado». Insomma, si può stare tranquilli: Silvio non ha «contagiato» il cileno.


Ma anche il Capo dello Stato ha avuto le sue belle grane. Alla conferenza stampa congiunta con il collega cileno (che al Quirinale si è concesso), i giornalisti andini hanno posto al nostro la domanda fatidica: «Presidente, non teme che per quanto riguarda l'Italia solo Berlusconi e la sua vicenda giudiziaria facciano notizia sui media di tutto il mondo?». Per fortuna Napolitano ha tutta quella classe che manca al premier: «Io naturalmente non posso dire agli organi di informazione di tutto il mondo quali notizie dare sull'Italia, c'è libertà di informazione e ognuno si regola come crede». Detto questo, ha sottolineato Napolitano, l'Italia è molto altro, a cominciare «dalla ripresa economica in atto, dal fatto che il paese ha dato grandi prove di serietà nel contenimento dei conti pubblici, dal fatto che si è evitato l'esplosione del debito e abbiamo oggi un sistema bancario sano che non ha richiesto alcun salvataggio. Tutto questo, ritengo che meriti l'attenzione da parte dei media». Che dire? Per fortuna che Giorgio c’è.

Marco de' Francesco

3 marzo 2011