L'attore e attivista Beppe Grillo
GRILLO: «VAJONT, CI VUOLEUN REFERENDUM»
E i "Sopravvissuti": «Sindaci, fuori le carte»
BELLUNO – Di un referendum sulla centralina, dalle parti del Vajont si era già parlato. A chiederlo gli “indignati” locali, come i “sopravvissuti” capeggiati da Micaela Coletti o il consigliere provinciale dell’Idv Angelo Levis. E la risposta istituzionale, quella dei sindaci di Longarone e Castellavazzo, Roberto Padrin e Franco Roccon, era stata “tranchant”: «Bastano i consigli comunali». Ma stavolta ad appellarsi alla consultazione popolare è Beppe Grillo, comico, attore, attivista politico e blogger. Appunto sul blog più importante d’Italia (il settimo al mondo, secondo Forbes) Grillo si è occupato della vicenda il 28 e 29 gennaio, lasciando spazio ai contestatori e inviando un operatore a fare riprese in loco. «La gente, e non i consigli – afferma l’attore – stabilisca cos’è meglio per tutti. Capisco che la vicenda sia complicata, e che gli interessi degli uni non coincidano con quelli degli altri. Appunto per questo si faccia un referendum, e con un onesto sì o no la popolazione decida una volta per tutte». Perché Grillo è convinto «che da quella vicenda (la catastrofe dell’ottobre 1963, ndr) non abbiamo imparato nulla: nessuna lezione di vita, visto che si rischia di passare sulla salute delle persone con opere provvisorie. Forse la cosa migliore è considerare tutta l’area coinvolta come una “zona di rispetto”, tanto più che non ha pagato nessuno, anzi, due sono stati condannati per “inondazione” (disastro colposo, ndr) e non per reati più gravi. E poi, i sopravvissuti ci sono ancora, e meritano rispetto. E hanno diritto di dire quello che pensano; come tutti gli altri, in un referendum». Parole pesanti, soprattutto se si pensa che dalle parti del Vajont per le amministrazioni locali la vicenda è chiusa: prima il consiglio comunale di Castellavazzo (26 gennaio) e poi quello di Longarone (2 febbraio) hanno detto sì (all’unanimità in entrambi i casi) ad un accordo di programma con Bim Gsp (società che gestisce il servizio idrico) per lo sfruttamento del torrente che sgorga dalla diga; Bim a sua volta “fisserà i paletti” nei rapporti con le società private «En&En» e «Martini e Franchi» che, documenti alla mano, avrebbero le carte in regole per “fare da sole”: invece l’impresa che gestirà l’impianto sarà in mano pubblica per il 60%. In cambio, (dopo la valutazione di impatto ambientale, quella coordinata in conferenza dei servizi e quella dell’autorità di bacino) i tre Comuni (c’è anche Erto e Casso, sul versante friulano) riceveranno ciascuno 300mila euro di introiti. Almeno secondo sindaci e società private. «Ma chi lo ha detto? – attacca la Coletti – Dove sta scritto? E in cambio di che cosa? I sindaci tirino fuori i documenti, perché nessuno li ha visti e qui c’è una puzza di bruciato che si sente lontana un miglio: perché società private dovrebbero regalare al pubblico soldi e quota di maggioranza? Tutti ne parlano come se avessimo comprato il biglietto vincente alla lotteria di Capodanno; ma qualcosa di strano c’è. Io la penso così: la concessione non è eterna, dura 10 o 20 anni; nel frattempo la gente si sarà abituata ai soldi e, con la scomparsa degli ultimi sopravvissuti, non ci saranno ostacoli per un nuovo sfruttamento della diga». |
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