IL CASO

Mestre, dona il rene al fratello
e perde il lavoro: troppe assenze

Convalescenza troppo lunga e l'agenzia interinale

le toglie l'assistenza ad un'anziana del Lido

 

VENEZIA - Neppure una lettera da scartare e conservare tra i brutti ricordi, solo una telefonata per annunciarle: lei è licenziata, troppe assenze. Così Francesca Scarpa, una cinquantenne di Mestre, ha saputo che non le sarebbe stato rinnovato il contratto di lavoro. Tutta colpa di quel rene donato al fratello e di quell’intervento costato un mese e mezzo di malattia, come da prescrizione medica. Il regalo di una speranza di vita al fratello, più giovane di un anno, ha tolto a Francesca l’occupazione di assistente per un’anziana del Lido procuratole da un’agenzia interinale. Un contratto a termine, il quarto con cadenza di tre mesi, in scadenza il 31 dicembre. Ma il 26 novembre Francesca scopre che solo il suo rene può salvare il fratello, malato da tempo. Non ci pensa un attimo e corre all’ospedale di Padova per effettuare l’intervento. Dopo una settimana rientra a casa con la prescrizione del chirurgo di rimanere «a riposo per circa due mesi, astenendosi dagli sforzi fisici».

Il medico di famiglia firma i certificati di malattia di 15 giorni in 15 giorni. Il 3 gennaio Francesca chiama l’agenzia interinale per sollecitare il rinnovo del contratto per altri tre mesi, raccontando però che ha bisogno, su precisa indicazione dei sanitari, di poter rimanere a riposo per qualche giorno. Dopo poco la notizia che gela ogni speranza della donna: il contratto non può essere rinnovato. «Non ci servi più» le dicono al telefono, senza troppe spiegazioni. Un «no» che resta inflessibilmente tale anche quando, disperata, arriva a promettere di tornare comunque al lavoro, anche con la ferita non guarita. Chiede solo di poter evitare gli sforzi particolarmente pesanti. Ma ormai la decisione è presa. «Non mi hanno rinnovato il contratto - racconta - :con una telefonata mi hanno semplicemente detto che non c’era più bisogno di me, dopo che ormai da più di un anno lavoravo per loro». Nonostante la rabbia, il pensiero della cinquantenne va anche all’anziana signora del Lido di Venezia che accudiva ogni giorno prima dell’intervento e che non potrà più rivedere. E alla sorte delle sue colleghe, anche più giovani: «se rimanessero incinte - dice con amarezza - a loro toccherebbe la mia stessa sorte».

 

 

Ansa

24 gennaio 2011